Omaggio A Un Grande Amico

di Andrea Sbaffi

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Branford Marsalis Quartet, Umbria Jazz, Perugia (10/07/1999)

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Il Festival Umbria Jazz sembrava iniziasse a risentire della difficoltà di radunare grandi nomi del Jazz “storico”, sempre meno numerosi e sempre più anziani, e il programma della 41° edizione nell’estate del ‘99, era stato costruito aprendo alle contaminazioni e a generi che potessero costituire maggiore richiamo per un Festival.

Va letta in questa chiave la presenza, ad esempio, del poeta della West-Coast James Taylor o della nostrana Giorgia ad accompagnare il pianista Herbie Hancock, lui sì uno dei mostri sacri…

Questo consentiva anche di dare maggiore spazio ad artisti più giovani, per quanto già affermati come Pat Metheny (senza il “Group” ma nella più coerente veste del Trio) o emergenti come Brad Meldhau.

Un po’ per calendario, un po’ per grande affezione, oltre che per un doveroso omaggio (di cui leggerete più avanti), scegliemmo il concerto del primo sabato del Festival ai Giardini del Frontone, che prevedeva l’esibizione del sassofonista Branford Marsalis in quartetto.

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Su queste pagine, abbiamo già parlato in diverse occasioni del nostro Branford, soprattutto nelle occasioni in cui abbiamo raccontato di concerti di Sting (Perugia, Modena, il Live Aid: articoli di questa rubrica che invito a recuperare) e questo da’ la misura del nostro legame con questo grande artista.

Il lungo percorso condiviso con Sting, in tutte le sue derivazioni, per oltre vent’anni non ha mai allontanato Branford da un altro percorso, ben più impegnativo, di ricerca di un jazz contemporaneo, in grado di raccogliere l’eredità dei movimenti precedenti, definendo una sorta di stile oltre gli stili: superando le fasi del Bop, del Free Jazz, del Jazz-Rock, questo si potrebbe quasi definire un “non-stile”, evitando il rischio di un certo manierismo e privilegiando un approccio più affine a quello modale degli anni ‘70.

Dotato di una tecnica ed una sensibilità musicale fuori dal comune, che ricorda il primo Coltrane, Branford è figlio del pianista Ellis e primo di sei fratelli, fra cui il trombettista Wynton, di un anno più giovane, già visto in sestetto dieci anni prima a Bologna.

Esordisce nel 1980 a soli vent’anni nei Jazz Messengers di Art Blakey e nei primi anni di carriera collabora con varie formazioni guidate principalmente da trombettisti (Clarke Terry, il fratello Wynton, Miles Davis), finché nel 1985 raccoglie l’invito di Sting a formare “la più grande Rock Band del momento”: con loro, ne fanno infatti parte il pianista Kenny Kirkland, il bassista Daryl Jones (già della band di Miles Davis e attualmente, da tanti anni, turnista coi Rolling Stones), il batterista Omar Hakim e le coriste Dolette McDonald e Janice Pendarvis.

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Come evidenziato, l’intrusione nel mondo del Rock, peraltro piuttosto criticata dai “puristi” del Jazz…, e relativo star-system non impediva a Branford di proseguire il suo percorso di sperimentazione in ambito jazzistico: già nel 1984 aveva pubblicato il primo album a proprio nome e la sua produzione continuerà incessantemente al ritmo di oltre un album all’anno.

Nel 1999 pubblica in quartetto Requiem, album maturo e denso, nel quale propone 7 composizioni originali e un brano di Paul Motian (Trieste, edito per la prima volta nell’album Byablue di Keith Jarrett del 1977). Ad accompagnarlo, il fidato batterista Jeff “Tain” Watts, il contrabbassista Eric Revis e, al piano, il compagno fin dagli esordi Kenny Kirkland, tragicamente scomparso a soli 43 anni il 13 novembre 1998: il titolo dell’album è proprio un omaggio postumo alla memoria del pianista, che aveva partecipato alle sessioni in studio, tranne nel brano poliritmico Elysium, registrato dopo la morte di Kenny, che riflette parte della rabbia e del dolore del gruppo per questa improvvisa perdita.

Tutto l’album è inteso come una celebrazione e, non a caso, il brano di apertura si intitola Doctone, il soprannome di Kenny

Dal sito di Branford, riportiamo a proposito un lapidario commento: “La morte di Kenny fa schifo, ma come si disse una volta, ‘Finché vivrai, la gente morirà.'”

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Anche le date del quartetto successive alla pubblicazione dell’album, inclusa quella di Perugia del luglio ‘99, furono affrontate come l’occasione per celebrare questo grande musicista prematuramente scomparso: confesso di non ricordare chi ne prese il posto al piano… Ma ho ben impressa l’emozione di Marsalis nell’introdurre ed eseguire i brani che costituiscono l’ultima performance in studio di Kirkland.

Nel Jazz, forse più che in ogni altra musica, è fondamentale l’empatia che si crea fra i musicisti: su quei palchi e nelle (almeno una volta…) fumose alcove dei Jazz Club, si incontrano le sensibilità e le emozioni di individui che, singolarmente e molto più spesso insieme, cercano ogni sera qualcosa di nuovo.

Sono certo che Branford e Kenny hanno esplorato insieme tanti mondi, stabilendo un legame indissolubile e regalandoci una parte di quello che vi hanno trovato, mantenendo, forse, solo per sé le emozioni più intime.

Per quanto mi riguarda, sono e sarò sempre loro grato per aver accompagnato con innumerevoli ascolti il mio personale percorso di crescita musicale e per aver avuto l’opportunità di vederli insieme sul palco: il gioco di sguardi dei musicisti continua ad essere uno degli elementi più attrattivi di ogni concerto….

Il prossimo appuntamento sarà dedicato al concerto di Elio e le Storie Tese, all’Anfiteatro delle Cascine, Firenze (17/07/1999)

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Immagine: Andrea Sbaffi

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Io C’Ero ritorna martedì 31 ottobre

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