Le Sette Terre Abitate
Da Adamo Ed Eva

di Guido Bertolusso

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Appena Caino si sentì libero si rivoltò contro il fratello e lo uccise. Ciò dimostra la verità del detto: ”Non far del bene al malvagio se non vuoi che male te ne incolga”, da Filone “Il malvagio che tende a sopraffare il buono”

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Adamo nei suoi 930 anni di esistenza aveva comunque avuto una vita sempre movimentata e piena di traslochi: cacciato che fu dal paradiso terrestre si trovò nell’ultima delle “sette terre” “Eres” oscura, senza un raggio di luce e completamente deserta, spaventato fece espiazione  e si ritrovò in “Adamah”, illuminata solo dal riflesso dei pallidi corpi celesti e delle rade costellazioni; terra questa abitata da creature spettrali e maligne, nate dall’unione dello stesso Adamo e da spiriti sempre tristi che non sanno cosa sia la gioia, (l’unione con il nostro eroe non doveva essere delle più gratificanti! Anche se il nostro ci dava dentro come un mandrillo e con chiunque gli passasse accanto.), essi coltivano perennemente la terra la quale però non produce mai assolutamente nulla: né frumento né frutti.

Qui nacquero Caino, Abele e infine Set, predestinati dal luogo a un futuro difficile, tanto che qui Caino assassinò il fratello e fu rimandato indietro a “Eres”.

A “Eres” Caino si ravvide e chiese perdono e allora il Signore lo fece salire come contadino in “Arqa”, terza terra, che riceve un poco di luce dal Sole, ma come le precedenti non produce proprio nulla, dispettoso che più non si può, Egli la assegnò in perpetuo ai Cainiti, e da qui nasce la tradizione di quanto sia duro e difficile il lavoro dell’agricoltore e delle soddisfazioni che se ne ricevono. E poi andate a contestare che Caino e i suoi fossero malvagi, mi pare ne avessero ogni diritto!

Già di per se i Cainiti erano strani: alcuni erano giganti, altri nani, entrambe avevano due teste per cui non riuscivano mai a prendere nessuna decisione ed erano sempre in lite con se stessi; a volte buoni, in un attimo diventano cattivi, generazioni di uomini futuri mi paiono nate da questi progenitori!

Nella “quarta terra” detta “Ge” abita la generazione della Torre di Babele con tutti i suoi discendenti, affollata sempre come la Torre. “Ge” non dista molto da “Gehinnam” la regione degli inferi, il nostro moderno Inferno, là, da “Ge” la si può vedere a occhio nudo, abitata solo dai peccatori dopo la morte.

La Gheenna, o Geènna, è la “Ge ben Hinnom”, la valle  di Ben Hinnom; nella Bibbia è associata all’idolatria in quanto antico luogo di culto del dio Moloc ivi stabilito dai re di Giuda Acaz e Manasse e, secondo il Libro delle Cronache e da quello di Geremia, nella valle del fiume Hinnom, da cui prende il nome, situata sul lato meridionale del monte Sion su cui i Gebusei fondarono Gerusalemme, il profeta narra che “gli empi ardono al fuoco i loro figli e le loro figlie” in quanto qui storicamente si sacrificavano in olocausto i bambini.

La capitale di Israele è sede di una delle tre porte degli inferi: una è nel deserto e un’altra sta in fondo al mare, ma anche di una porta di accesso verso il Paradiso.

Il re di Israele Giosia, volendo abolire ogni traccia del culto idolatrico non corrispondente a quello di Javhè ne fece la discarica delle immondizie della città dove il fuoco bruciava in continuazione e, da qui l’intuizione di stabilirne l’Inferno con le sue fiamme perpetue. Il valore negativo attribuito a questo luogo  nella tradizione ebraica finì per renderlo presagio dell’Inferno e la tradizione cattolica colloca l’Akeldamà, ossia il “Campo di sangue” o il “Campo del vasaio”, nel terreno acquistato da Giuda con i trenta denari in quello stesso luogo, luogo ove Giuda si impiccò dopo il tradimento ai danni di Gesù o, secondo altre versioni, inciampò e cadendo si squarciò le viscere e morì dissanguato.

Sia nel Talmud ebraico che nel Corano islamico si afferma che qui nel giorno del Giudizio Universale i rispettivi Javhè e Allah condanneranno alle fiamme eterne i non credenti e i peccatori.

In “Ge” i suoi abitanti sono nani senza naso con solo due fori per poter respirare, sono privi di memoria e quindi scordano ogni cosa appena è accaduta; nonostante ciò essi sono artigiani esperti versati a ogni scienza e quindi ricchissimi, generosi, ma di carattere scherzoso e provocante tanto che regalano ai visitatori stranieri l’oggetto più prezioso che posseggono, poi lo accompagnano nella quinta terra “Nesyyah” che vuol dire oblio, dove dimenticano tutto: origine, luogo di provenienza e doni ricevuti.

Come “Arqa” la quarta e la quinta terra sono coltivate, ma non producono neppure un fico secco!La sesta terra si chiama “Siyyah” che significa siccità, e, dunque anche i suoi alberi e campi non danno frutti; è finalmente è abitata da gente di bell’aspetto e molto ricca, ma che soffre la sete e la fame così quando scoprono una una fonte ne bevono l’acqua fino ad esaurirla, poi, seguendo il corso del torrente verso la sorgente, a volte entrano nella nostra terra e si cibano di ogni cosa commestibile che trovano.

Abbiamo saputo che Dio perdonò a Caino il suo delitto e lo condannò alla metà della pena inventando il rito abbreviato, ma il suo pentimento non fu sincero, tanto che quando Adamo lo incontrò e gli raccontò che il Signore si era rappacificato con lui e il padre ne fu stupidamente contento perché le cause del suo atto furono immediatamente devastanti per la Terra che si trasformò e degenerò: in origine era pianeggiante ma si spaccò contorcendosi e coprendosi di voragini e di montagne perché aveva bevuto il sangue di Abele e non accettava il suo cadavere. Tutto tornerà all’origine, secondo i testi rabbinici, con l’avvento di un Messia, ma chi nel frattempo si è innamorato delle montagne o della speleologia cosa farà?

Anche la vite che prima produceva novecentoventisei diverse qualità di frutti si mise a produrne uno solo minando la credibilità della categoria degli enologi che continuano a degustare spacciando di sentire tutte le differenze possibili in un solo frutto; in un frammento della Genizah (ripostiglio-magazzino dove vengono accatastati volumi e carte non più in uso, ma che è peccato buttare; per antonomasia è così definita la sinagoga del Cario nella quale furono scoperti e depredati dagli Inglesi migliaia di reperti di un periodo di circa mille anni) conservato nella biblioteca universitaria di Cambridge è riportato che la prodigiosa fertilità della terra ritornerà com’era prima della caduta nel mondo a venire in una ipotetica età messianica.

Come in un film del terrore il cadavere di Abele giacque per molto tempo sul suolo perché tutti i tentativi di Caino di nasconderlo sotterrandolo erano frustrati dal fatto che questo risaltava immancabilmente fuori sputato dalla terra che non accettava il primo corpo di uomo morto; neppure Adamo e Eva sapevano cosa fare essendo quella la prima salma della storia dell’uomo e seduti lì accanto piangevano disperati quando videro un corvo che scavando con le zampe realizzava un piccolo fosso nel quale depositò la carogna di un suo simile  ricoprendolo di terra.

Adamo seguì il suo esempio e seppellì Abele e Dio premiò l’intuizione del corvo: i suoi piccoli nascevano con piume bianche e i genitori, neri, non riconoscendoli come figli li abbandonavano al loro destino, il Creatore dipinse le loro piume di nero e risolse il problema e, a buon peso, donò ai corvi il potere di invocare la pioggia ed essere esauditi.

Adamo rimase in “Adamah” con Eva fino alla nascita di Set, poi, attraverso le altre terre, Dio lo portò fino alla settima terra “Tevel” abitata dagli uomini.

Qui si corre il rischio di fare un po’ di confusione perché siamo partiti dal presupposto che Adamo ed Eva fossero i primi e soli ad abitare la Terra, sono le Scritture che ogni tanto ci traggono in inganno e si contraddicono: i progenitori erano sì i primi, ma solo per gli Ebrei! E così ogni tanto, svogliatamente tra le righe, appare qualche altro popolo a loro contemporaneo.

Verso la fine dei suoi giorni Adamo si ammalò, non ci è dato di sapere di cosa, certamente Eva si preoccupò del rischio di restare senza di lui, ma egli la rincuorò dicendole che sarebbero morti insieme.

Così fu! E furono sepolti come da loro richiesta nella grotta di Macpelà, in ebraico Meʿaraṯ Ha-Maḵpelah, “La grotta dalle tombe doppie” o La Tomba dei Patriarchi è un complesso architettonico costruito su una serie di grotte sotterranee situate ad Hebron, in Cisgiordania. Il nome ebraico si riferisce sia alla disposizione delle sepolture che alle coppie bibliche che vi sono sepolte. Si crede sia il sepolcro anche di Abramo, Isacco e Giacobbe, oltre che di Adamo e Eva. Il luogo è venerato anche dai musulmani, che lo chiamano moschea di Abramo o santuario di Abramo.

E bisogna ancora dire che, per serietà, Adamo morì solo dopo aver finito di lavorare, come i migliori operai stacanovisti dell’ex Unione Sovietica.

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Foto: pixabay.com

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Apostata Per Vocazione ritorna lunedì 20 febbraio

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2 Comments

  1. Claudio Savergnini Reply

    Non ho mai sopportato studiare Geografia tanto che, non mi vergogno a dirlo, in prima superiore fui addirittura rimandato a settembre in quella materia. Il paradosso è che nonostante io fossi sempre molto attento durante le lezioni di geografia, di quelle lezioni non mi rimaneva in testa praticamente nulla. Chi non mi conosce può pensare che io fossi uno studente un po’ “gnocco” ma non è questo il motivo… in realtà era la professoressa a essere una gran gnocca e per soprammercato indossava sempre minigonne mozzafiato; anche le rare volte che avevo studiato un pochino, le interrogazioni andavano male perchè, purtroppo, mentre la prof. teneva lezione passeggiando su e giù per l’aula (polarizzando l’attenzione di tutta la classe) le interrogazioni invece le faceva da seduta e mi accavallava pure le gambe! Vi assicuro che mantenere la concentrazione in quei frangenti era arduo e ne risentì non poco il mio rendimento nella materia specifica. Ma a parte quello che potrebbe sembrare un gustoso aneddoto, resta il fatto che detestavo quella materia in cui nessun ragionamento poteva aiutarmi (in matematica è diverso: certe formule puoi ricavartele da solo anche se non le ricordi perfettamente) e il mio incubo erano quelle sequele di nomi di città o di cime montuose che non mi dava gioia alcuna saper recitare come un pappagallo. Ecco che oggi, leggendo delle “sette terre” e scoprendo le loro ubicazioni, i relativi climi e la povertà dei loro prodotti agricoli, ho avuto un moto di ripulsa: troppe analogie con una materia che mi è sempre stata indigesta! Come non bastasse, a integrare il senso di fastidio hai accennato a creature spettrali e maligne e descritto la morfologia dei Cainiti… tutte immagini che mi hanno dato l’impressione di star leggendo un brano dalla saga del “Signore degli anelli” di Tolkien. Il fantasy è un genere letterario che non ha mai goduto della mia attenzione e se ne conosco qualcosa è solo per la trasposizione cinematografica di cui ho qualche nozione solo perchè il telecomando della tv è proprietà esclusiva di mia moglie!
    Insomma, questi miei pregiudizi non mi hanno permesso di apprezzare molto questo articolo e mi hanno distolto da ragionamenti più consoni sul medesimo.
    Mi sembra oltretutto che il racconto perda un po’ di “forza” per ridondanza di informazioni e troppe declinazione di toponimi (Gheenna era sufficiente, secondo me); nel Il Nome della Rosa, ci sono diverse pagine scritte interamente in latino: non conoscendolo le ho saltate, ma l’opera l’ho goduta ugualmente e alla fine, le motivazioni dell’assassino, sono risultate comunque chiarissime. Sempre Umberto Eco, nel Pendolo di Foucault, elenca i settecentoventi nomi di Gesù, ma credo che nessuno dei suoi milioni di lettori se li sia mai sillabati tutti; in un tomo di quattrocento pagine ci può anche stare un simile elenco, ma nelle due paginette del Bradipo trovo che il rigore filologico in certi momenti appesantisca invece di arricchire.
    Oggi Guido hai messo troppe cose a me indigeste tutte insieme perchè io potessi apprezzare, ma non è solo questo il motivo delle mie critiche: ho ancora vivido il ricordo di te, durante una rappresentazione teatrale, che vestivi il kilt scozzese e dal raffronto con la mia prof. di geografia tu ne esci piuttosto malconcio: con lei, almeno, i toponimi mi risuonavano come una dolce colonna sonora….

  2. Gabriele Monacis Reply

    Le sette terre potremo oggi identificarle con i cinque continenti e le due estensioni polari.
    Negli ultimi anni abbiamo visto deserti e territori bruciati, o allagati, mari pieni di polimeri, orsi bianchi sudati e pesci tropicali nelle reti dei pescatori del Mediterraneo.
    Trivelle utili, forse un domani, per l’installazione di pale eoliche off shore, o per coltivazione di alghe commestibili, dopo avere perso un po’ di tempo a cercar propellente di bassa qualità, inquinando la zona. Senza trascurare i quattro salti in padella con i grilli ed altre prelibatezze da gastroenterite acuta. Si canterà “tutti al cesso” altro che “tutti al mare”. Mangeremo cibi decenti di nascosto, lasciando ai social i selfie con il piatto di moda, mentre i rigatoni zomberanno da un piatto all’altro come cavallette impazzite. Ci sono voluti millenni per avvicinarci alla libertà di culto, di opinione, di manifestazione del pensiero, senza ledere quello degli altri, per ritrovarci alla base della torre di Babele con un pugno di mosche in mano, anzi nel piatto. Eppure gli animali e noi fra quelli e le piante, il processo di creazione dell’energia dalle sostanze presenti in natura lo conoscono bene. Tutto va fatto in modi e termini precisi, sennò collassa.
    Claudio era il più bravo in matematica. Se in quell’anno scolastico preferiva perdersi fra le fantasie di due colonne femminili, lo comprendo bene. In quel periodo anch’io perdevo la testa per la mia professoressa di Inglese che si chiamava Barbara. Beata gioventù. Dovremmo insegnare ai ragazzi a piantare meno grane, a guidare più lentamente ed a piantare più alberi. Saremmo tutti più contenti, in qualunque parte del mondo, fra persone armate solo del coraggio di vivere con la gioia negli occhi.

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