S’Impara da Ciò
Che Si Vive

di Laura Martini

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L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il Mondo (Nelson Mandela)

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In seguito al tragico evento di Vigonovo e alle riflessioni che ha prodotto, ho cambiato in corsa l’argomento dell’articolo, per sfruttare questa opportunità di scrittura e dire la mia in merito al discorso scuola ed educazione all’affettività, ai sentimenti e alle emozioni.             

Come spesso accade quando si parla di Scuola e le si associa automaticamente il termine educazione, le considerazioni fatte partono da chi la scuola non la vive quotidianamente o ne ha una visione parziale, se non addirittura preistorica.

Occorre invece sottolineare che la scuola ha nel suo DNA l’Educazione Sentimentale, perché l’affetto è un sentimento tipico dell’educazione e quindi il contributo alla prevenzione della violenza in generale e contro le donne in particolare, è una modalità didattica che avviene naturalmente nella relazione tra Studenti e Docenti, ovviamente declinata e adeguata ai contesti in cui avviene (età, esigenze personali, di classe, quartiere…).

Soprattutto nella mia disciplina, cioè l’ambito motorio, è indispensabile e imprescindibile favorire un clima di classe positivo e salutare, quale base ideale per incoraggiare e sviluppare negli alunni una prima struttura sociale che li aiuti a rapportarsi con la realtà.

Attraverso l’attività ludica, il gioco in particolare, ci si rapporta infatti con le regole, che sono il mezzo fondamentale per raggiungere alcuni obiettivi del processo di crescita: sentire con il cuore degli altri, sviluppare l’empatia, il rispetto reciproco, il senso di collettività, controllo di sé, degli impulsi e non di meno saper controllare la paura e la rabbia in situazioni di stress.

Questo processo costante e allenante di formazione personale, guida gli studenti ad avere un’autostima positiva che diventa accettazione di sé, in quanto avviene sempre nell’incontro con l’altro, anche negli sport individuali, e si traduce poi socialmente nel rispetto delle differenze, dei ruoli precostituiti, così da creare rapporti umani legati da relazioni sane e autentiche come quelle tra uomo e donna.

Per costruire percorsi paritari, che educhino alla non violenza e basati sulla reciprocità, occorre sicuramente grande pazienza, agire con tempismo, ma soprattutto essere vigili nell’osservare segnali anche piccoli, quali spia di disagio emotivo e/o di pericolo.

Questa capacità d’introspezione e di indagine è sicuramente difficile, faticosa e a volte travolgente, ma è ciò che serve assolutamente per fare prevenzione, altra parola chiave che porta con sé quella consapevolezza personale che evita il ripetersi degli errori e conduce a un confronto sereno con il mondo esterno.

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Un mondo in cui è fondamentale il ruolo della famiglia, ma che spesso risulta essere l’anello debole dell’educare, soprattutto nelle nuove generazioni genitoriali, dove è evidente questa loro assenza, mascherata in qualche modo dalla frenesia di riempire il tempo dei figli di tante, a volte troppe, attività, mentre loro restano fermi in panchina ad osservare passivamente con la paura di entrare in campo per giocare insieme a loro.

Spesso sono anche protagonisti al contrario del ruolo che più gli compete in assoluto: non sanno dire e mantenere fede a un no, giustificano sempre, non abituandoli al rifiuto e alla gestione delle sconfitte, li rendono fragili e impreparati ad affrontare le avversità e spesso, soprattutto con i figli maschi, creano rapporti simbiotici e una rete super protettiva che blocca la loro crescita emotiva, affettiva e sentimentale.

Queste tematiche devono essere assolutamente affrontate collaborando con tutte le componenti sociali, per migliorare il benessere psico-fisico e regolamentare positivamente emozioni e sentimenti necessari per sviluppare resilienza e gestire le frustrazioni e delusioni della vita quotidiana.

Credo sia inutile cercare soluzioni complicate e intrise di ipocrita burocrazia, penso invece sia meglio partire da un punto certo e sicuramente più costruttivo di tante/troppe parole.

Quale?

Dare il buon esempio, essere per loro uno specchio di comportamenti positivi, che promuovano relazioni autentiche e significative di un vissuto sereno, disponibile verso una capacità di amare in modo sano e puro.

Dobbiamo convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani, educarci tutti, nessuno escluso, in modo che raggiungere una convivenza civile fra esseri umani diventi uno stile di vita sistematico e abitudinario.

Foto: pixabay

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