Servizio Visibilità

di Enea Solinas

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In quest’epoca epidemica si è combattuto la lotta per la visibilità

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È una tentazione diffusa e per certi versi un modo non più eludibile di esistere, sdoppiarsi o moltiplicare la propria presenza su più monitor, schermi. Ridefinire rapporti anche grazie alla propria apparenza.

Vorrei stendere un elogio alla bellezza interiore, che consapevolmente riplasma la propria presenza e il comportamento di stare al mondo. E confesso fin da subito che è mia abitudine, mio compiacimento e dunque può esser tacciato (non lo prendo come un aspetto negativo) di narcisismo.

Tuttavia assai diverso da quello dettato dalle mode, e dalle convenzioni attuali.

Parlo di un fenomeno che ha almeno due decenni di vita ed è storico. L’esplosione di chat anonime e poi di piattaforme aggregative (i social network), che hanno radicalmente cambiato il nostro modo di esprimerci e comportarci, secondo molti neuroscienziati, modificando anche certe attitudini cognitive e dunque il rapporto con la realtà. Che non è fondata solo sulla percezione, ma proprio sui processi cognitivi che la rielaborano.

Discorso complesso, che chiama in causa Storia, Scienze Educative, Scienze Cognitive (e includo fra queste anche semiotica e filosofia).

Mi limito – ma è un gesto perentorio che è avvenuto anche qua su Bradipodiario – a segnare la differenza tra questo moltiplicarsi della propria presenza virtuale (con informazioni su di noi e prodotti espressivi realizzati mediante la tecnologia), che non ha leso (se mai modificato, ricodificato) modi di riplasmare la propria immagine e definizione.

Alcune tecnologie del sé sono portentose rispetto a questo effetto (ripeto da intendersi come consapevole e volontario).

La scrittura è uno di questi, tant’è che mina le basi di una propria certezza identitaria. Occorrerebbe specificare un certo tipo di scrittura di sé. Rimando alla lettura de Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares (non-romanzo e testo alchemico di Fernando Pessoa) per chi tra voi lettori di Bradipodiario volesse iniziarsi e approfondire.

Nell’epoca della condivisione a distanza (già a partire dalla stagione dei blog tra fine anni ’90 e primi duemila) questo ha reso più complesso e complice (talvolta più complicato e intrigante) il rapporto autore-fruitore della scrittura.

E parlo genericamente della scrittura, senza specificarne una definizione, che poi si sono andate a contaminare, oppure a codificare e in molti casi a omologare.

Da 15 anni a questa parte sono sempre più i linguaggi paratestuali e fondati sull’immagine e sulla comunicazione veloce quelli che hanno dettato legge.

Il metaverso sognato da Mark Zuckerberg esiste da anni ed è interfacciato con la nostra capacità di inter-legere e interpretare la comunicazione e di esserne educati (o dissociati).

Dico questo per ribadire che la evocata e forse illusoria età post-pandemica di cui questa rubrica si fa araldo, presenta una ricchezza di possibilità notevole.

È anacronistico e irragionevole negare che accanto alle speculazioni le tecnologie di smartcomunicazione abbiano avuto effetti positivi e che la pandemia le abbia rese ancora più ineludibili.

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Mi colpisce che ora certi Tycoon dei social network stiano ipotizzando di non lasciare questi servizi privati gratuiti ipotizzino una forma di abbonamenti.

Il che cambierà ben poco i loro introiti che derivano dalla capacità di captare, capire e speculare e anche indurre il flusso di informazioni (e la frequenza di utilizzo, l’engagement nel suo complesso) e ricavarne dati utili per le agenzie pubblicitarie.

Siamo consumatori 2.0 ormai da un ventennio e le strategie di promozione diffusione e creazione del consenso si sono fatte sempre più subdole e al tempo stesso più frastornanti e massificate.

Per questo occorre attraversare anche dei periodi di paranoia ragionata per rendersi conto del mondo attuale. Siamo prosumer (produttori/consumatori), (in) consapevoli. Ma per quanto alta sia la nostra capacità critica e i margini di libero arbitrio nell’usufruire di questi mezzi, i confini sfumano e anche le soglie – se è vero che internet è diventato un Maelstrom che spesso funziona grazie alla sua dis-intermediazione.

Sopravvivremo moderatamente consapevoli. Ma ribadisco che questo cambiamento (che influenzerebbe se mai la rilevanza e la visibilità di chi ha maggior potere economico, dunque c’entra con il diritto di parola e di partecipazione anche nel virtuale), non impedirà e dissiperà quell’altra forma di ricerca e di espressione di sé che accanto al riplasmare della propria immagine, costituisce immaginazione veridica, poetica… ottempera lo spirito critico e riflessivo, articola argomentazioni parziali (di parte) dunque opinabili. E sarà certamente un’eredità lenta che – esistendo prima della pandemia – l’eta post pandemica dovrà riproporre, rinnovare, difendere, anche come atto di resistenza e testimonianza.

Per me è così – le mie rubriche parlano da sé – e continuerà ad esserlo. Mi auguro in questo di dimostrare un po’ di sana divergenza e di assertività, quale atto di resistenza, non di conservatorismo.

Buona nuova primavera post pandemica a tutt*…

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Foto: pixabay

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Cronache Del Dopo Virus ritorna lunedì 10 aprile

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