notizia scelta da Laura Rissone

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Una scuola senza voto: una proposta da conoscere senza pregiudizi

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La mia pur breve esperienza di insegnate – piú precisamente di maestra in una scuola per l’infanzia – mi porta a ricercare notizie su progetti innovativi, sperimentali, che diano uno scossone, un tentativo di percorrere nuove strade in ambito educativo. La scelta è caduta sul libro Crescere senza voti di Vincenzo Arte insegnante e uno dei coordinatori del Movimento Scuole Senza Voto che è stato messo in moto all’interno del progetto del Polo Europeo della conoscenza. Quella che segue è un’intervista tratta da pressenza.com a firma di Olivier Turquet. Personalmente, come detto all’inizio lavoro in un ambito – quelle delle scuole per l’infanzia – dove i voti non sono presenti, trovo comunque interessante conoscere le posizioni e le argomentazioni di chi propone questa strada.

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In una scuola che sembra tendere alla competitività, con un Ministero dell’Istruzione che diventa anche del merito il vostro modo di vedere le cose sembra controcorrente, ce lo vuoi spiegare?

Sì, non è la prima volta che mi sento un salmone, mi capita spesso di andare controcorrente, credo perché cerco di guardare la vita senza i paraocchi che la società, le tradizioni, i modelli culturali o le nostre stesse autodifese ci vorrebbero mettere. Non condivido l’impostazione selettiva che alcune scuole e alcuni docenti danno al proprio lavoro.

Il punto è che siamo in un mondo basato sulla competizione e sull’individualismo e invece mi piacerebbe un mondo cooperativo e solidale, in cui chi ha di più aiuti chi è più in difficoltà. E rifiuto l’idea di scuola come luogo di sacrificio e sofferenza.

Ritengo che almeno nella scuola dell’obbligo, se non fino ai 18 anni, i ragazzi debbano poter dare quello che possono senza essere giudicati giorno per giorno, senza essere trattati come dei numeri. Devono partecipare alle attività scolastiche collaborando tra loro, impegnandosi nello studio, apprendendo in un clima il più possibile sereno e libero. Se riuscissimo a far crescere una generazione di donne e uomini rispettosi ma liberi, colti ma creativi, forse loro potrebbero migliorare questo mondo malaticcio che ereditano da noi.

Otto anni fa, insieme a delle care colleghe abbiamo iniziato ad applicare in un liceo metodologie didattiche che tanti ritenevano potessero essere valide solo per la scuola primaria o per la media inferiore. Il successo è stato tale da far diventare il nostro un modello che oggi ispira istituti di ogni tipo.

Quali sono i principi fondanti che uniscono le varie realtà che sperimentano questo metodo?

Cerchiamo una scuola più a misura di bambini e ragazzi, centrata su di loro. Sono in fase evolutiva, stanno crescendo, si stanno formando nel senso che le loro persone stanno prendendo  forma. Per essere ben guidati e accompagnati in questo processo c’è bisogno che la scuola  li accolga e si con-formi a loro e non viceversa. Ognuno di noi lo fa a modo suo ma su una cosa siamo più o meno tutti d’accordo: durante un percorso, la valutazione deve essere formativa e i voti non lo sono. Quindi, semplicemente, non li usiamo.

Secondo voi quindi i voti a scuola non sono utili?

L’apprendimento ha ben poco a che fare col voto. Anzi. Normalmente il voto crea la cornice per un apprendimento inefficace, nel senso di poco duraturo, poco pervasivo, poco maturo. La didattica imperniata sul giudizio e sul voto incentiva lo studente a considerare primaria non la propria crescita culturale ma l’ottenimento del voto, per cui vengono messe in campo tutte le tecniche adatte allo scopo, inganni, sotterfugi, soprattutto nei compiti scritti, oppure lo studio matto e disperatissimo del giorno prima, che fa ottenere un voto decente ma è troppo spesso accompagnato, entro una settimana, dalla totale rimozione delle nozioni memorizzate.

Il voto, da mezzo per la didattica, diventa”fine”, scopo ultimo delle attività. Il docente è soddisfatto quando ha il registro pieno di voti, l’alunno è realizzato se ha preso il voto a cui puntava. Inoltre i voti sono divisivi, innescano confronti tra ragazzi, creano graduatorie e meccanismi competitivi deleteri per il gruppo classe e non hanno nulla di formativo, non dicono niente sull’andamento della prova, non fanno capire cosa sia stato fatto bene e cosa male, non fanno capire dove e perché si sia sbagliato, non danno suggerimenti per il futuro. Insomma, di ragioni per allontanare il nostro sistema scolastico dal mercimonio dei voti, ce ne sarebbero, anche se volessimo trascurare alcuni eccessi, come quelli del voto brandito come un’arma di ricatto da parte del docente o come quegli atteggiamenti di sudditanza, piaggeria, adulazione, servilismo cui alcuni alunni vengono indotti.

Ma i voti non sono obbligatori per legge?

La normativa parla chiaro: in pagella i voti ci devono essere perché lì il voto rappresenta la parte di valutazione sommativa, conclusiva. Ma durante l’anno, giorno per giorno, a scuola, la valutazione deve essere formativa, per cui nessuna norma può obbligare i docenti ad utilizzare i numeri che, come dicevo prima, nulla hanno di formativo, e infatti nessuna norma lo fa.

Cosa sta facendo concretamente questo coordinamento?

Cominciano a essere tante le scuole che utilizzano la valutazione orientante, educativa, descrittiva, o come la si vuol chiamare, comunque una valutazione senza voti, quindi formativa. Di conseguenza stanno nascendo spontaneamente tanti coordinamenti locali oppure online ma bisognerebbe riuscire a mettersi tutti insieme. È uno degli obiettivi, ci stiamo provando. E poi facciamo formazione per contagiare altri docenti e dirigenti. Per fortuna si stanno creando forti sinergie tra questo mondo di insegnanti di scuola e tanti docenti universitari delle facoltà di pedagogia di tutta Italia che ci supportano e ci assistono nei progetti che realizziamo nelle scuole. Ma siamo agli inizi, non è facile organizzarci, come insegnanti di scuola abbiamo già un grande lavoro che ci occupa molto tempo.

Come questo movimento si relaziona e/o collabora con le altre realtà pedagogiche nonviolente e libertarie?

Come dicevo prima, siamo solo all’inizio di un percorso, però con alcuni siamo già interconnessi: il “Coordinamento scuole senza voto”, nato grazie soprattutto a Ferdinando Ciani della “Pedagogia del gratuito” e Sonia Bacchi; il MCE, fondati sulla pedagogia Freinet ideata per la primaria ma che oggi ha gruppi di lavoro specifici anche per la secondaria di primo e secondo grado; il “Coordinamento per la valutazione educativa” promosso dal professor Corsini di RomaTre. Le realtà in tutta Italia sono numerose, per fortuna, e bisognerebbe intercettarle per farne una mappatura e costitituire una rete finalizzata allo scambio di esperienze e formazione.

Come partecipare, formarsi, restare in contatto?

Per ora io e altri docenti stiamo girando su e giù l’Italia per incontri formativi con colleghi e dirigenti, oltre a tenere corsi online. Con il professor Guido Benvenuto della Sapienza e con alcuni dei coordinamenti con cui siamo in contatto stiamo progettando delle attività più strutturate per il prossimo anno scolastico.

Foto: pressenza.it

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