Quale Manifestazione
Per La Pace?

di Redazione

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Ben venga una manifestazione per la pace, l’importante aggiungere un grande mea culpa

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Da alcune settimane si sente parlare di una manifestazione nazionale per la pace, da diverse parti la si invoca, con sostanziali differenze, se non si trova una unione d’intenti nemmeno in una manifestazione che chiede la fine della guerra vuol dire che c’è qualcosa che non va. Proviamo a ragionare e dibattere sull’argomento pace – non preferiamo declinarlo con un No a qualsiasi guerra – con il contributo che abbiamo ricevuto dal Movimento Non Violento

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Una manifestazione di piazza per la pace? Benissimo. Ai leader di partito, politici, associazioni che si agitano e la invocano, suggeriamo di organizzarla con il titolo “Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”…

La guerra c’è. È guerra mondiale. Le armi sono state costruite e consegnate agli eserciti. I missili sono stati lanciati. Le bombe sono state sganciate. Le città e le case sono state distrutte. I morti si contano a migliaia. Gli ordigni nucleari sono pronti al loro utilizzo.

Bisognava pensarci prima. Questa guerra è in corso e non saranno parole e striscioni a fermarla.

Bisognava lavorare per la pace in tempo di pace, bisognava fare politiche di disarmo anziché votare i bilanci militari. Bisognava non costruire le armi che oggi sparano. Bisognava sostenere le proposte preventive della nonviolenza, unica alternativa alla guerra.

Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo le guerre nel Golfo e nei Balcani, dopo le Torri Gemelle, dopo le guerra in Iraq e in Afghanistan, il tempo c’era per fare vere politiche di pace e disarmo. Ma è stato sprecato.

La strada da percorrere è già tracciata da tanti anni:

– Adesione al Trattato per la messa al bando della armi nucleari

– Approvazione legge istitutiva della Difesa civile non armata e nonviolenta

– Istituzione dei Corpi Civili Europei di pace

– Riduzione spese militari, restrizione sull’export di armi

– Istituto di ricerche sulla pace e risoluzione nonviolenta dei conflitti

Questo è il programma per una politica di pace che abbiano sempre proposto nel nostro calendario delle festività civili, inascoltato dalle istituzioni:

– Ogni 2 giugno, abbiamo chiesto di festeggiare “la Repubblica disarmata che ripudia la guerra”.

– Ogni 4 novembre, abbiamo invocato “Non festa ma lutto” per ricordare l’inutile strage.

– Ogni 25 aprile abbiamo rinnovato: “La Liberazione oggi si chiama disarmo; la Resistenza oggi si chiama Nonviolenza”.

Il movimento pacifista parlava alla politica, ma la politica aveva altre priorità e la pace è rimasta fuori dall’agenda dei partiti e del Palazzo.

La speranza però è ancora viva. Possiamo iniziare a disarmare oggi per costruire la pace di domani.

Se ci sarà un “mea culpa” e un’assunzione di responsabilità collettiva per iniziare concretamente a fare le politiche di pace che non si sono fatte nel passato, ben venga anche la manifestazione di piazza.

Nel frattempo, con la Rete italiana Pace e Disarmo continueremo a lavorare quotidianamente in particolare sostenendo gli obiettori di coscienza, i disertori, i renitenti alla leva, i nonviolenti e i pacifisti in Russia e in Ucraina, come abbiamo fatto con la Carovana di Pace “Stop The War Now”: sono loro che concretamente possono fermare la guerra.

Come facciamo dall’inizio della guerra, saremo presenti tutte le domeniche in Piazza San Pietro all’Angelus con le bandiere della nonviolenza per sostenere il magistero di Papa Francesco che ci ha chiesto di “fare di tutto per fermare la guerra”.

Nei giorni 21, 22, 23 ottobre parteciperemo alla mobilitazione dal basso, in tutte le città in cui siamo presenti, con la rete “Europe for Peace” verso una Conferenza internazionale di pace.

A chi è preoccupato, angosciato, disorientato per il pericolo di una deflagrazione mondiale della guerra in corso, e vuole “fare qualcosa” per fermarla, diciamo che ci rimane una sola strada, quella della nonviolenza: né un uomo né un soldo per la guerra, iniziamo spezzando il nostro fucile.

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Foto pixabay.com

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Bradipo Reporter ritorna giovedì 27 ottobre

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One Comment

  1. Enea Solinas Reply

    Articolo e intenti encomiabili . Ma ho una piccola annotazione semantica. Obiettivamente più che un mea culpa, invocherei una più laica, ragionevole e filosofica autocritica costruttiva. I mea culpa sono retaggi culturali che isolano dalla compassione e rischiano di reiterare a distanza di tempo medesimi errori. Non-violenza è agire attivo, eliminazione delle cause della violenza e suo superamento. Per quel poco che ne so, non esclude un pensiero destrutturante in virtù di una ricostituzione con altri approcci. La battaglia è culturale e politica. Ciascuno può cambiare e trasformare sulla base di questo paradigma. È mia opinione personale che il mea culpa sia consolatorio. Può essere un gesto e un motivo transitorio di consapevolezza, ma la cultura della pace è creativa, solidale, concreta. Bisognerebbe attivarsi per rendere effettiva questo spirito critico costruttivo. Con rispetto.

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