Passaggi

di Enea Solinas

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In un’epoca confusa il valore della ricerca nell’incertezza. Ma anche qualche punto fermo

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Benvenuti ufficialmente nell’era Post-pandemica!!! Queste cronache si sono sempre incensate di viaggiare sul filo esile e precario della possibilità, nel mare delle incertezze. Di scorgere in modo riflessivo concetti che assumono una diversa sfumatura e a volte mutano senso a partire da uno scarto, un cambio di prospettiva, un diverso punto di vista. Una concatenazione di passaggi di senso. Pur sempre nella consapevolezza che la pandemia che ha segnato Storia e società fosse ancora in corso. Ma lo è ancora?

Annuntio vobis magnum gaudio… o meglio: mal comune mezzo gaudio. Se la pandemia non è finita, possiamo “rallegrarci” e confortarci col ritorno della normale influenza che segna indelebilmente un passaggio epocale e ci fa ritrovare vecchie e care debolezze. Sembrava sparita, nessuno ne sentiva la mancanza, ma indubbiamente questo è il segno che la pandemia è surclassata. Sentendoci febbricitanti o dolenti nella articolazioni, nei muscoli e aggiungo, per non apparire specista, anche nelle preposizioni articolate e negli avverbi.

Viva il politicamente ironico e mi spiace se nel mondo lo specismo esiste ed è un fatto serio, così come esiste sessismo, razzismo sistemico, nonnismo e molte altre forme di violenza, verbale e non solo.

Il solecismo non è una di queste, ma può ingenerare confusione e disagio. Questione anche di reattanza emotiva, interiori. A volte la comunicazione le ingenera. E d’altronde sappiamo bene quanto anche l’infodemia sia (stata) una piaga di questi anni.

Fatta questa premessa, vorrei in questa puntata lodare la ricerca come valore individuale e concreto. Vorrei sottolineare che la lentezza è propedeutica e terapeutica. È che non si tratta di una condizione o attività puramente mentale o intellettuale.

Vorrei qui ricordare ad avvalorare le opportunità che le crisi sociali culturali sanitarie mettono in risalto la posizione di Zygmut Baumann. Il teorico della società liquida avrebbe avuto molto da dire e ridere a proposito del fenomeno pandemico e dei conseguenti indotti o fenomeni contemporanei (le crisi citate nella prima puntata di questa stagione).

Ma Baumann è stato anche un profondo innovatore della disciplina sociologica, sottolineando il fatto che un sociologo non si limita ad analisi e commenti (o azzardi e previsioni). Ma che l’attività ricerca è indistinguibile dall’azione sul campo, dalla contestualizzazione sociale, dalla relazione e compresenza tra teoria e prassi. A voler essere ancor più universali, tra microcosmo e macrocosmo.

Il ricercatore è sia osservatore, sentinella, che attore, sia teorico che sperimentatore, implicato e coinvolto nella creazione non di modelli, ma di processi, oltre che di possibili chiavi di lettura.

Le crisi oltre che più riflessivi ci inducono a maggior partecipazione e coinvolgimento. Ci accomunano e consolidano in questo fondamentale piano della possibilità e dell’incertezza. Ci consigliano di essere ospiti (nel duplice senso) di riflessione e azione, comprensione ed espressione ed errore. Non colpa o merito, se mai erranza. Ci invitano a considerarci parte e non centro. E ad apprendere dagli errori e dalle incertezze. Ci sollecitano a sentirci interdipendenti e ci offrono l’opportunità e cogliere l’indeterminatezza dello stare e del divenire, compresenti. Ugualmente ad essere più consapevoli e meno certi. E ad essere perspicaci nello scambio di riconoscimenti e distinzioni. Ciascuno col proprio ritmo e nella propria temporalità. Senza fretta di raggiungere o superare degli obiettivi che spesso sono solo condizioni transitorie e derivanti da molteplici fattori e precondizioni. L’importante è tenere presente che in questa interdipendenza, è il risvolto di una corresponsabilità reciproca che contiene e contempla direttamente una responsabilità personale, nella libertà che non è né concessa né usurpata (salvo casi di vincoli o cause di forza maggiore, e questa è una questione che riprenderò – forse – in una prossima cronaca).

Quindi viva la ricerca e grazie anche ai solecismi che rivelano tutte le imperfezioni di noi stessi e della vita. Basta non abusarne.

Per la comune influenza invece i rimedi di un tempo sono sempre validi. L’importante è comprendere la fragilità e non vederla come un impedimento ai ritmi frenetici di produzione e di consumo.

Qualche giorno di pausa e diletto sono parte del processo di cura e altresì consapevolezza dei propri limiti.

Il giochino di parole è voluto (e in questo caso non è un solecismo, l’intento è quello di alleggerirsi dai postumi dell’influenza e della pandemia).

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Foto: Enea Solinas

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Cronache Del Dopo Virus ritorna lunedì 16 gennaio

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