Nella Stanza 26

Ben ritrovati amici bradipolettori.

Durante la prolungata assenza dal web, dovuta ai ben noti fatti relativi alla chiusura del blog, non ho smesso nel mio hobby di ricercatore di articoli non propriamente di grande richiamo, ma che potessero, in qualche modo, essere di vostro interesse. Lo spunto, tanto per cambiare, anche questa volta come nel passato me lo ha fornito la politica o, perlomeno, certa politica.

La politica è quella bellissima scienza che regola la nostra vita, che ci da gli strumenti per amministrare il quotidiano e che ci indica la maniera su come ci si deve comportare e perché. Purtroppo sappiamo che la politica la fanno gli uomini e spesso questi la fanno per il loro tornaconto e non proprio per il bene comune.

Ma grazie alla politica chi non si trova d’accordo con una certa linea, non vivendo ancora in un regime totalitario, può esprimere il proprio dissenso anche scendendo in piazza. E se il politico di professione si accorge che il suo prestigio sta per essere minato, ecco che con fare subdolo, sposta la nostra attenzione su altri argomenti.

Vi cito qualche esempio che sicuramente ricorderete:

  • la mafia uccide Peppino Impastato e il suo corpo lo fanno ritrovare lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro;
  • il DC9 ITAVIA di Ustica esplode in volo e pochi giorni dopo viene fatto ritrovare sui monti della Sila, un Mig libico abbattuto;
  • a Gela si suicida l’imprenditore Rocco Greco, noto per aver denunciato i boss mafiosi. Per ricompensa lo stato ha pensato bene di abbandonarlo, grazie a false denunce gli vengono bloccati appalti e di fatto perde il lavoro, sorte paragonabile a quella di Enzo Tortora. Indignazione da parte della gente, prese di posizione messe subito a tacere perché il giorno dopo viene arrestato il boss Marco Di Lauro, latitante dal 2004.

E si potrebbe continuare.

Ecco, il politico di professione che ha in cuor suo il proprio interesse e non quello della collettività, riesce sempre a trovare una scappatoia, a parlare ala pancia degli elettori più che alla loro testa.

Così, dopo che per il secondo mese consecutivo si è confermato il nostro stato di recessione che renderà obbligatoria una manovra finanziaria aggiuntiva, non si sa se con nuovi tagli (ma a che cosa) o nuove tasse come quella iniqua sull’acquisto di nuove vetture (già in essere) ecco che per distrarci riparliamo nuovamente alla pancia: riapriamo le case chiuse.

E qui ci sarebbe da dire che per riaprirle queste dovrebbero ancora esserci altrimenti parleremmo di aprire delle case chiuse, ma questo è solo un mio piccolo appunto sull’uso improprio della lingua italiana.

Piuttosto mi chiedo: ma chi le dovrebbe aprire queste case, il comune, la provincia, la regione, lo stato o un privato? Questo poi perché tutti noi pensiamo che “non condanniamo queste donne”, ma se lo fanno sui marciapiedi di quartiere che non sia il nostro è meglio.

Ho trovato sull’argomento la recensione di un libro che era stato pubblicato nel 1955: “Lettere dalle case chiuse” curato dalla senatrice Merlin, firmataria della legge che ha portato alla vera chiusura di queste case. Sono lettere di donne relegate in questi bordelli indirizzate alla senatrice che raccontano delle pene che queste poveracce sono costrette a subire.

A questo link potete leggere alcune di queste lettere e rendervi conto di cosa si tratta.

Pensate a queste donne che per “contratto” erano costrette a sottostare a orari serrati, che dovevano soddisfare almeno 30 clienti al giorno (era il numero minimo) che dovevano condividere stanze, persino materassi, senza poter mai uscire, che dovevano accettare qualsiasi condizione, pena la perdita del lavoro. Che erano si controllate e visitate periodicamente, ma che avevano addirittura indicato sule carte di identità la professione che svolgevano.

Che vivevano in queste case dette appunto chiuse perché in primo luogo, storicamente, le finestre di quelle “case chiuse” erano costantemente chiuse e alle donne che lavoravano all’interno era severamente vietato di aprire le serrande e le tende.

Delle prigioniere a tutti gli effetti , che non potevano rifiutare una prestazione che il cliente di turno aveva già pagato alla cassa, ricevendone una “marchetta” da consegnare alla donna per la “consumazione”. Il numero delle marchette avrebbe poi stabilito lo stipendio della lavoratrice. Ho acquistato della merce, delle mele più o meno belle, mele che chiaramente non hanno facoltà di rifiutare di essere mangiate.

E qui mi fermo perché sono sicuro che voi, amici bradipolettori, ragionate più con la testa che con la pancia e che di fronte a questo obbrobrio sappiate dire di no, non ci sto, non in nome mio.

Come negli anni passati vi lascio con il video del brano musicale che da il titolo a questo articolo:

GIANFRANCO GONELLA

Foto: www.ladige,it – www.fondazioneannakuliscioff.it

Il Mito Ostinato ritorna venerdì 12 Aprile

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