Me Brusa Tanto Il Cu!

Luigi Ganna, vincitore del 1° Giro d’Italia – disse ai giornalisti – al termine della prima “Corsa Rosa”: “Me brusa tanto il cu!”.

⇒ di Guido Bigotti  Diario Della Bicicletta

Se dovessi scrivere un dizionario del Giro d’Italia, partirei dalla lettera G. Si, avete letto bene. Lascerei indietro la A di Adorni, la B di Bartali e la C di Coppi. Aprirei subito dalla lettera G di Ganna. Perché se non lo sapete, tutto comincia da li. La leggenda della maglia rosa, dei gregari e dei campionissimi. Era il 1919, 13 maggio, ore 2:53 (non è uno sbaglio, siamo proprio a notte fonda). Partenza da Milano rondò Loreto (e ritorno nella città lombarda). Dopo le otto tappe, 2048 chilometri, 300 di lunghezza media per ogni frazione, 127 partiti, arrivati 29. Alla fine di questa odissea ciclistica e tanta fatica, vince lui, il lombardo Luigi Ganna, con 27 km di media.

Immortale il giovane varesotto, la forza delle pedalate che lo svincolano dal fango dei trattori e dalle tempeste di polvere delle strade italiane. A chi gli chiede cosa prova, lui risponde: “Me brusa tanto il cu!”. Quegli uomini sudati e neri di fango come minatori erano anche loro la Belle Époque. Nessuno poteva immaginare che a breve i cannoni della prima guerra mondiale sarebbero stati pronti per quella ecatombe inutile. Nelle tappe di 400 chilometri si sta venti ore in sella; nelle fabbriche italiane della rivoluzione industriale si lavora undici ore al giorno.

Dopo un secolo il Giro diventa parte dell’identità nazionale, come il Carosello o il festival di Sanremo. Neppure il Covid lo ha bloccato, le due guerre si. Il Giro ha segnato la ripartenza con un 2020 astratto che ha portato tanta fragilità di cui nemmeno immaginavamo di avere. Nel 1919 va a Trento e Trieste, a pedalate raggiunge i campi di battaglia che hanno inghiottito 600 mila morti. Quello del 1946 fa tappa a Trieste altro campo di battaglia triste delle nostre guerre. Per me il giro, il vero ciclismo era lo Sport con la S maiuscola.

Quando la gente sognava una bicicletta, quando il giro lasciava sulla gente la sua brezza, quando questi veri lottatori, lasciavano senza parole il pubblico che si accatastava sulle strade e che per loro inscenavano deliranti accoglienze e tanto entusiasmo per le loro imprese. Al passaggio del giro il popolo si trasformava. I paesani tiravano fuori il vestito buono. Poi c’erano i vecchi seduti all’ombra di una seggiola, anziane con lo scialle in testa e fanciulle in fiore che sognavano il ciclista. Questo per me era ed è il ciclismo.

E’ l’Italia dei villaggi, dei casolari sparsi, delle città di provincia dei campanili che suonavano a festa, il giro risvegliava una nazione. Le bici hanno i parafanghi e “strappachiodi” per liberare le ruote. Per cambiare rapporto il ciclista deve togliere la ruota e rimontarla da solo, l’assistenza era vietata. Il “cambio” nei giro degli anni trenta è una rivoluzione copernicana e si avvia verso il Pordoi, il Falzarego. Lo Stelvio. Poi arrivano gli anni del fascismo, dove vede Binda brindare alle sue vittorie e dove invece vede Mussolini freddo, il ciclismo è troppo popolano sa di paese, il regime vuole l’italiano sfrecciare in auto o addirittura in aeroplano.

Binda però accende gli animi del “popolo”, vince 12 tappe su 15 del giro de ’27; nasce la figura del gregario che porta al capitano borracce e viveri e arranca carico come un mulo con le sue bisacce. Negli anni cinquanta Bartali è l’eroe cattolico, che Pio dodicesimo cita ai fedeli come esempio e Gino, devotissimo, nella tappa a Foggia si confessa a Padre Pio. Coppi invece è l’opposizione, l’antagonista, l’eroe laico. Magni di destra, viene accusato di collaborazionismo fascista ed ha bisogno dell’assoluzione di un tribunale per tornare al Giro.

Negli anni sessanta l’avvento dei marchi pubblicitari campeggiano sulle maglie dei corridori: Motta, Gimondi, Balmanion sono l’incarnazione dell’Italia del miracolo. L’italiano sogna gli elettrodomestici per la sua casa, la fiat 500, sono i sogni degli spettatori del giro. Questo, anche se non l’ho vissuto sulla mia pelle è il Giro che mi rispecchia, il ciclismo epico che purtroppo abbiamo perso per strada ma che vive in coloro che amano la libertà e la spensieratezza di muoversi con la bicicletta seppur arrancando e soffrendo per una vittoria. Concludo lasciandovi con una poesia che rispecchia molto il mio stato d’animo da ciclista visionario che credo di essere… E spero di avervi fatto innamorare di un ciclismo che fu.

È andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina come ce l’hai passandoci in bicicletta. (Ernest Hemingway)

⇒ Foto: pixabay.com ≈ Prossimo Appuntamento: Giovedì 11 Febbraio

13 Comments

  1. Paolo Santangelo Reply

    Articolo stupendo Guido, pieno di vita, di colori e di emozioni. Io credo però che quelle emozioni che tu descrivi, non siano finite ma continuino a vivere in chi ha la sensibilità di assaporarne ancora il gusto

  2. Alberto Reply

    Bravo Guido,riesci a far rivivere i momenti di un ciclismo che portava emozioni nella gente, che forse ora ci sono molto meno .

  3. Walter Reply

    Grande Guido, parole sante. Con questo articolo non vedo l’ora di tornare a percorre luoghi e sentire la libertà in faccia. Complimenti. ?

  4. Susanna Tamplenizza Reply

    Belle storie Guido, soprattutto quella di Ganna, che, da bestia quale sono, non conoscevo.
    E’ vero che oggi il ciclismo è diventato diverso, ma come tu sai MOLTO meglio di me, lo spirito di chi ama lottare per il puro piacere di farlo esiste ancora.
    E la bicicletta non muore, anzi!
    Un abbraccio e grazie.

  5. Gino Granata Reply

    Ci fai rivivere con grande emozione l’epopea del giro quello vero, fatto di forza e polvere, quello ancora non influenzato dalla pubblicità.
    Come sempre, un grande professionista della parola
    Complimenti Guido

  6. Andrea Reply

    Grande Guido i tuoi articoli come sempre sono dir poco Fantasticici mi fai conoscere un ciclismo che sembra che non sia mai esistito. Continua raccontarcelo.

  7. guido Post author Reply

    Grazie a tutti per i bellissimi messaggi. E’ bello vedere tanti amici appassionarsi al fantastico mondo della bicicletta.

  8. laura martini Reply

    Grande Guido……..la ricerca del dettaglio che si esprime in concetti universali che diventano perle di saggezza e amore verso questo meraviglioso sport e la sua protagonista
    principale.

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