La Strada Verso Parigi

di Guido Bigotti

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Quando lo sport diventa rivalsa… mettere in gioco abilità e forze nel raggiungimento di un obiettivo…

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Questo appuntamento in realtà è un doppio appuntamento, in quanto la protagonista dell’intervista – Katia Aere, atleta paralimpica – ha una storia molto particolare e articolata, di conseguenza di seguito troverete la prima parte e la seconda giovedì 14 marzo.

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Katia grazie di aver accettato l’invito di “Diario della Bicicletta”. Per prima cosa ti chiederei di presentarti ai nostri lettori, chi è Katia? Sono Katia Aere e sono nata a Spilimbergo (Pordenone) il 28 agosto del 1971. Infermiera Professionale dal 1992 lavoro presso il Presidio Ospedaliero ASFO di Spilimbergo. Atleta agonista paralimpica, nuotatrice dal 2014, Handbiker dal 2019, atleta della Nazionale Italiana di Paraciclismo dal 2021; atleta della Nazionale italiana di Nuoto pinnato e della Nazionale Italiana di Apnea dal 2023. Tra i miei successi più importanti, nel paraciclismo: Bronzo alle Olimpiadi di Tokyo 2021, Bronzo Mondiale 2021/2022, Bronzo Europeo 2022 e 2023; Vincitrice della Coppa del Mondo di Paraciclismo 2023. Vincitrice e Maglia Rosa del Giro d’Italia. Nel nuoto: 2023 9 i titoli di Campione del Mondo con Record del Mondo nel nuoto pinnato e apnea, oltre 50 i titoli italiani nel nuoto (37 FINP), nuoto pinnato/apnea (21).

Insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana dal presidente Sergio Mattarella e della Medaglia di Bronzo al Valore Atletico. Cresciuta in una famiglia dove lo sport apparteneva al “tessuto famigliare”, sono praticamente da sempre una sportiva praticante! infine a 24 anni, nel 1995, mi sposo con Giuseppe… Nel 2003 la mia vita cambia causa una malattia… Mi alleno intensamente in vista dei prossimi impegni, obiettivo Olimpiadi di Parigi 2024!

Mi chiedono spesso di raccontare la mia incredibile esperienza in interventi motivazionali presso istituti scolastici, eventi e manifestazioni aperte al pubblico. Un percorso umano e sportivo, il mio, che  è una storia di volontà e di resistenza.

A chi mi chiede “chi è Katia Aere?”, rispondo che racchiudere in una definizione chi sono significherebbe porre dei limiti e io con i limiti non vado d’accordo. mi piace pensare a me stessa come ad un’anima in continua evoluzione, a una donna che ha sovvertito tutti i pronostici, perché non si è mai arresa, non ha mai smesso di lottare per la vita, non ha mai smesso di credere che i pronostici a volte vanno sovvertiti, perché dipende da noi stessi ciò che siamo e chi vogliamo essere, ma soprattutto non ha mai smesso di credere nei sogni. Ciò significa che chi sono oggi donna e atleta, l’una inevitabilmente espressone dell’altra e viceversa è l’espressione di tutto ciò che ho fortemente voluto, inseguito e realizzato con tutta me stessa.

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Hai siti internet o pagine social da dare a chi ci sta leggendo? Mi trovate sui social (anche se non sono molto attiva in quanto non ho molto tempo!). Facebook katia aere/katia aere atleta Instagram @katiaaere.

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Paraciclista ma anche nuotatrice? Ci racconti qualcosa in più tu di questa tua doppia attività sportiva? In realtà il mio percorso di atleta agonista, in quella che definisco la mia seconda vita (dopo la malattia) inizia proprio e inaspettatamente con il nuoto. Inaspettatamente perché l’acqua non è mai stata il mio elemento, causa una atavica fobia per l’acqua che sin da quando ero bimba mi impediva persino di lavarmi i capelli sotto la doccia. Ma l’acqua diventa la mia miglior amica e complice nel momento in cui diventa indispensabile per salvarmi la vita: la malattia rende necessario un percorso terapeutico di idrochinesi non più procrastinabili. L’istinto e la paura di morire a 30 anni più forte della paura dell’acqua! Superare il limite combattendo contro la paura  che ti paralizza  e scegliere per me stessa mesi di idrochinesiterapia, unica chance rimasta per cercare di arginare gli effetti che la malattia stava avendo anche sui muscoli respiratori, dopo essersi presa quasi già tutto. Questi mesi mi renderanno più forte a tal punto da voler poi anche imparare a nuotare; avevo quasi 40 anni.

Da lì a scegliere di voler diventare un’atleta paralimpica il passo è stato breve e naturale. Anche i passi che sono seguiti nella sperimentazione degli altri sport (handbike, nuoto pinnato, apnea…) sono susseguitesi in modo assolutamente naturale, quasi magico.

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Appassionata sin da piccola di atletica leggera, corsa ad ostacoli e salto in altro… La mia vita, dagli albori ad oggi, si può dire abbia avuto un unico filo conduttore: lo sport e i suoi valori! Ho avuto la grande fortuna di crescere in una famiglia dove lo sport si respirava a pieni polmoni: Papà che giocava a calcio, bocce, pesca sportiva, mio fratello che sin da ragazzino calcava le piste di atletica e i campi da basket. Andarlo a vedere gareggiare era un appuntamento che univa tutta la famiglia sugli spalti o a bordo campo, era la fine degli anni 70 e i primi anni 80 ed era un bellissimo momento di aggregazione, confronto, condivisione dentro e fuori dal campo. In prima media è stato naturale, quasi un’esigenza, per me scegliere lo sport che avrei vissuto e mi avrebbe rappresentata per gli anni a venire, dico vissuto e non praticato. Lo sport (scelsi l’atletica leggera) ha pertanto accompagnato la mia crescita fino ai miei 18 anni finché un brutto infortunio e la scelta di un percorso scolastico impegnativo mi ha indotto a fare un scelta ed abbandonare l’agonismo. Lo sport in quegli anni mi ha aiutato a crescere trasmettendomi tutti quei valori positivi necessari ad una crescita sana ed equilibrata,  il tutto fortificandomi nel fisico ma soprattutto nella mente! Quasi a volermi preparare agli anni e alle difficoltà che sarebbero seguiti.

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Nel 2003 una malattia autoimmune improvvisa ti obbliga a prolungate cure… Nel 2003 inizia quella che io definisco la “mia seconda vita”. esattamente a giugno, mi ammalo di una malattia rara autoimmune che non mi  lascia nemmeno il tempo di rendermene conto. In meno di 24 ore, implacabile e devastante, distrugge la muscolatura e mi costringe all’immobilità in un letto d’ospedale, senza potermi muovere, alimentare e con dolori atroci. Privandomi letteralmente della mia identità se non quella della malattia che scandiva tutta la mia quotidianità, con i suoi tempi e le sue castranti limitazioni. L’aspetto più complicato è stato proprio l’incapacità di riconoscermi perché ciò che c’era prima (e che continuavo disperatamente a ricercare) non c’era più. Complicato a tal punto da indurmi ad una sorta di “stand by” in attesa che magicamente tutto ritornasse come prima di quel giugno 2003,  perché ciò che non consideri appartenerti “fa meno male” .

L’amore della famiglia, le cure tempestive, la fisioterapia tradizionale e la mia caparbietà mi salvano. Nel 2008 la compromissione della capacità respiratoria infligge un altro duro colpo destabilizzandomi letteralmente, non c’è più tempo, devo reagire! Mesi di idrochinesiterapia, unica chance rimasta per cercare di arginare gli effetti che la malattia stava avendo anche sui muscoli respiratori mi renderanno più forte… “Se puoi pensarlo, puoi farlo”. Questo significa che la parte più difficile per me sino a quel momento era stato pensarlo. Nel 2012 facendo zapping… scopro in Tv le Paralimpiadi di Londra… Mi si spalanca un mondo.

Alex Zanardi e la sua vittoria sul destino e sulla vita sarà la chiave di svolta inducendomi a chiedermi per la prima volta, dopo innumerevoli “non puoi”, perché no?” Da lì a scegliere di voler diventare un’atleta paralimpica il passo è breve. Il tempo di cercare un Team che possa aiutarmi a realizzarlo questo accade nel gennaio 2014, a maggio sempre del 2014 disputo la mia prima gara paralimpica di nuoto ad un campionato italiano che mi spalancherà le porte della mia carriera agonistica facendomi capire di aver preso la decisione giusta. E scopro la bellezza e l’intensità di sperimentare e sperimentarmi, scopro la forza che lo sperimentarmi mi restituisce ogni volta e che mi induce a sperimentare nuovamente. Sono gli anni in cui imparo ogni giorno che nella vita nulla accade per caso.  A volte le cose capitano per caso, ma mai a caso! Anche per l’handbike è stato così. Scoperta con un trucco di chi voleva provassi il ciclismo e scelta poi per passione.

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ll nuoto diventa per te parte integrante della tua vita e passi così all’agonismo conquistando diversi record e vincendo 28 titoli italiani in vasca. Lo sport ha rappresentato la chiave che mi ha spalancato la porta della consapevolezza di me stessa nella mia diversità ed unicità insieme. La consapevolezza, il mezzo necessario per poter fare la differenza tra chi la malattia voleva che fossi e chi invece ho voluto fortemente diventare, con caparbietà, tenacia e un pizzico di follia. Lo sport, il nuoto nel particolare, mi ha dato l’opportunità di scegliere per la prima volta e per me stessa al di là della malattia. L’acqua una necessità, attraverso il nuoto mi sono salvata (letteralmente) la vita: dalla necessità alla passione! I successi in termini di podi e medaglie importanti ma non quanto la vittoria della vita sulla malattia e quanto lo sperimentare i miei limiti abbia contribuito alla mia indipendenza come donna e come atleta. (1.continua)

Foto: Katya Aere

Diario Della Bicicletta ritorna giovedì 14 marzo

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