La Storia Di Ibrahim

notizia scelta da Guido Bigotti

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La storia di Ibrahim, dal Burkina Faso all’Italia con il sogno di diventare pizzaiolo.

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Una storia di integrazione – tratta da buonenotizie.it a firma Elisabetta Majocchi – e di solidarietà verso le persone meno fortunate e le pizze sospese. Solidarietà che in questi tempi è il motore positivo e la speranza di un mondo migliore.

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La storia di Ibrahim Songne è fatta di passione, speranza e integrazione. Originario del Burkina Faso, vive in Italia dall’età di 12 anni. Nel nostro Paese è riuscito a realizzare il sogno di diventare pizzaiolo e oggi a Trento gestisce due locali che offrono diversi tipi di pizza realizzati con materie prime di qualità e ingredienti locali. Nel 2020 Ibrahim ha introdotto nella sua pizzeria l’iniziativa solidale della “Pizza sospesa”: il cliente che consuma, paga una pizza in più per chi non può permettersela. Songne poi collabora con le scuole per confrontarsi con i ragazzi su sogni, speranze e anche per sensibilizzarli sulla tematica dell’integrazione per trasmettere loro l’idea che è possibile superare i pregiudizi talvolta diffusi nella società.

Ibrahim, sei arrivato dal Burkina Faso in Italia nel 2004: com’è iniziata la tua “nuova vita?”

Sono arrivato in Italia all’età di 12 anni dove ho frequentato le medie e proprio in quel periodo che ho cominciato a coltivare il sogno di creare un’associazione di volontariato. Questo desiderio è nato dopo aver visto come vivevano i bambini in Africa. Io sono fortunato perché i miei genitori mi hanno dato la possibilità di studiare per potermi costruire un futuro e un giorno creare questa realtà per aiutare chi si trova in difficoltà. Dopo aver finito la scuola, ho svolto diversi lavori per poi arrivare al mondo della panificazione.

Com’è nata l’idea di fare il pizzaiolo?

Per 3 anni ho lavorato in un panificio di Trento. Non avevo alcuna esperienza nel settore, ma l’impegno e la volontà mi hanno permesso di imparare il mestiere in fretta. Lì lavoravo come pasticcere: a forza di assaggiare dolci mi ero stufato e così ho iniziato ad appassionarmi ai lievitati. Ho imparato a panificare da autodidatta, a casa facevo esperimenti preparando cracker, grissini, pane, focacce e infine la pizza.

Hai fondato la pizzeria “Ibris” nel 2018. Quali sono stati i principali ostacoli che hai dovuto superare per arrivare dove sei ora?

Le difficoltà sono state diverse: dalla fase economica a quella burocratica. All’inizio ho avuto anche dei problemi a pubblicizzare in prima persona il locale perché c’era un po’ di diffidenza verso un ragazzo di colore che preparava un prodotto tipico italiano come la pizza. Poi per fortuna le persone hanno cominciato a provare i miei prodotti e ad apprezzarli. Ho sofferto per certe affermazioni, ma si sono dimostrate anche utili perché sono state un incentivo per farmi valere. Nella via dove ho aperto il mio locale erano già presenti 4 pizzerie e ho deciso apposta di stabilirmi lì perché per me era una sfida. Ho pensato che se riesco a farmi apprezzare in mezzo alla concorrenza, significa che valgo qualcosa, E così è stato, anche se non nascondo che all’inizio c’erano delle preoccupazioni legate al rischio di non farcela, ma la determinazione ha avuto la meglio.

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Tu sei molto attento all’aspetto del sociale tanto che nel 2020 hai introdotto l’iniziativa della “pizza sospesa”. Di che cosa si tratta?

È un progetto solidale che nasce a favore di chi non può permettersi una pizza o un trancio di pizza. I clienti possono decidere di donare una pizza a chi non può acquistarla. Chi beneficia del servizio scrive una dedica o semplicemente la propria firma come ringraziamento sullo scontrino che viene emesso alla consegna della pizza sospesa. Un’altra iniziativa che ho introdotto dal 1° giorno di apertura del mio locale è “Offerta libera”. Si svolge 4 volte all’anno e il cliente ordina ciò che vuole pagando quello che ritiene giusto in proporzione a quello che ha mangiato.

La tua storia non è solo un esempio di integrazione, ma rappresenta una speranza per molti giovani. Che cosa consiglieresti loro affinché riescano a realizzare i propri sogni?

Consiglierei loro di credere in loro stessi perché porsi degli obiettivi è fondamentale, anche se durante il percorso troveranno diverse buche, potranno aggirarle o potranno saltarci sopra con l’intento di arrivare al proprio scopo. Spesso tra i ragazzi delle scuole manca la passione per un mestiere e quando iniziano a lavorare, alle prime difficoltà, tendono a mollare. Mi piacerebbe che i giovani imparassero a credere maggiormente nelle proprie capacità così da realizzare i propri sogni.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Come ho accennato prima, il mio obiettivo è creare un’associazione di volontariato per aiutare chi è in difficoltà. All’interno di questo progetto, vorrei anche trasmettere ai giovani un messaggio di inclusione e di integrazione, quindi l’idea che si può andare oltre i pregiudizi e raggiungere i propri obiettivi. Nel mio piccolo sono già stato al Liceo da Vinci di Trento e all’Università di Firenze dove con i ragazzi abbiamo parlato di progetti e di speranze future.

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Foto: buonenotizie.it

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