Il Topo Di Biblioteca

di Umberto Scopa

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Il Topo di biblioteca e le seduzioni del Web

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Il libro cartaceo oggi è un soggetto debole, sempre più emarginato, mentre i fratelli digitali sono potenti e sempre al centro dell’attenzione. Dominano la scena, tutti li vogliono. I libri stampati per contro sono in decadenza. Nei negozi di mobili non si vendono più librerie che poi bisogna riempire, gli “svuota cantine” regalano i libri, le biblioteche sono disertate dai lettori e l’affluenza nelle sale viene incentivata potenziando sempre più l’offerta digitale. La metà degli italiani non legge un libro all’anno, dicono le statistiche. Il libro di carta stampata non scarica aggiornamenti, i tempi che cambiano lo lasciano indifferente e questo è imperdonabile nell’era consacrata all’aggiornamento costante in tempo reale.

Così scivola ai margini dell’interesse collettivo. Il libro di carta diventa un soggetto debole. Forse anche per questo il bibliotecario, mentre si apre alle nuove tecnologie digitali, deve proteggerlo con un’attenzione speciale e anche maggiore in ragione della sua attuale emarginazione sociale. Deve farlo come si farebbe verso una specie a rischio di estinzione. Tra le ragioni dell’emarginazione del libro c’è anche la fatica di usarlo. L’abbandono della fatica è uno dei regali più seduttivi offerti delle nuove tecnologie. Anche il topo di biblioteca, come fece Ulisse, oggi deve farsi legare alla sedia di fronte alle sudate carte per non cedere alle sirene del Web e alle sue seduzioni.

La seduzione dell’informazione “take away”, senza fatica e subito, è anche una delle più subdole, perché è difficilmente reversibile: dall’operosità alla pigrizia si passa facilmente, tornare indietro è più difficile. La ricerca di informazioni in passato era più difficoltosa e i risultati ottenibili erano quantitativamente molto inferiori.

Oggi uno schermo in un attimo ci rovescia addosso un’enormità di informazioni rispondendo ad una semplice richiesta. Niente schedari polverosi da consultare, attese, scale, perlustrazioni di scaffali, e letture di cose “inutili”, o da noi ritenute tali, che incontriamo sul percorso prima di trovare quelle utili che stiamo cercando. Il percorso faticoso che abbiamo amputato come un ramo morto con grande soddisfazione, dovrebbe essere visto invece sotto un’altra prospettiva e cioè come un ramo molto vivo e prolifico, che porta linfa vitale alle nostre conoscenze. Quelle scoperte di percorso, “presunte inutili” in un’ottica centrata solo sulla meta, ci restituiranno un’utilità non misurabile in futuro e senza che ce ne rendiamo conto.

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E la fatica del percorso, proprio perché accidentato, favorisce la sedimentazione delle conoscenze più di un percorso lineare diretto dalla domanda alla risposta. Oggi si dimentica l’informazione con la stessa facilità con cui la si reperisce. La sua immediata disponibilità ci persuade in modo subdolo dell’inutilità di possederla dentro di noi in modo permanente. Tanto –si pensa- tutte non ci starebbero nella nostra testa e ognuna comunque è reperibile all’istante con un clic. Così stiamo dismettendo la nostra memoria. Anche il nostro modo di pensare diventa conseguentemente più vulnerabile e manipolabile, mentre la pluralità di fonti, superiore rispetto al passato, può far sembrare il contrario.

La proliferazione smisurata di fonti informative a disposizione può anche generare disorientamento. L’indipendenza di pensiero passa necessariamente per uno sforzo critico che costa fatica, più di quanta non ne costi una soluzione preconfezionata, meglio se maggioritaria. Nessuno discute la libertà potenziale insita nel pluralismo delle fonti, sarebbe ridicolo. Tuttavia oggi il web funziona verso la stragrande maggioranza degli utenti seducendoli alla facilità di trovare una risposta alle proprie domande, disabituandoli al ricercarle da soli. Il percorso mentale con cui formavamo le nostre convinzioni in passato era certamente faticoso e più lungo di qualche ditata su una tastiera, ma generava appartenenza vera delle idee che alla fine del percorso avevamo acquisito. Il web ci offre uno scaffale di idee e informazioni già pronte con una scelta infinita. Abbiamo più scelta che in passato, ma quello che scegliamo ha un’appartenenza a noi simile a quella di un prodotto di consumo sostituibile con la medesima facilità con la quale lo abbiamo acquisito.

Va detto che la pluralità delle fonti offerte dal Web è una benedizione a garanzia della libertà. Laddove viene imposto il famigerato pensiero unico il Web viene oscurato. È una conquista di libertà dunque che però è insidiata seriamente se cediamo alle sue seduzioni di illusoria facilità, quelle che indeboliscono le nostre capacità critiche e la nostra corazza contro ogni tipo di manipolazione del nostro pensiero.

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Foto: Umberto Scopa

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Bradipo Reporter ritorna venerdì 22 dicembre

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4 Comments

  1. Gian Reply

    Caro Umberto, personalmente ho fatto delle scelte che ora ti dico.
    Ho trovato che la soluzione digitale mi è risultata molto comoda per le mie letture vacanziere, nel senso che era molto più comodo portarmi in valigia un tablet che diversi libri cartacei.
    Cosi in digitale ho ricoperto il piacere della lettura e ultimamente riesco a leggere come minimo un libro a settimana, anche se, parlando di romanzi di un solo autore, riesco a leggerne di più per vedere l’evoluzione della scrittura o del personaggio se di questi ne ha fatto una serie.
    Invece, per citare la rubrica che scrivo su questo sito, nel Mito Ostinato per quanto riguarda la parte musicale, mi avvalgo di testi che posso consultare in qualsiasi momento e che mi piace avere sempre sottomano.
    E’ un po’ come aver sotto mano un LP piuttosto che un CD: la bellezza di sfogliare una copertina, di leggere eventualmente i testi o di guardare fotografie e immagini a grandezza naturale piuttosto che a piccole miniature del supporto digitale non ha eguali.
    La consultazione nel web mi serve solo per la comodità nel citare date.
    Non scordando che Wikipedia è un’enciclopedia libera, dove, se registrati, tutti possono aggiungere qualcosa di proprio, come ho fatto anch’io riferendomi ad un disco, Schools out, di Alice Cooper descrivendone il contenuto.
    Come scritto la bellezza del supporto analogico non ha eguali, ma il web è comodo, basta saperlo usare come si deve.

  2. Giuseppe Reply

    Leggendo l’articolo di Umberto e il commento di Gian devo dire che entrambi sostengono aspetti condivisibili. Cosa aggiungere? Per quanto mi riguarda i libri, i giornali, le riviste, non riuscirei mai a leggerli in digitale, solo la carta è per me il supporto che sopporto… carta meglio se riciclata! In Italia si stampano migliaia di titoli ogni anno – ho potuto vederlo con i miei occhi lavorando per diversi anni nel mondo dell’editoria – molti di essi era meglio non pubblicarli, salvando dalla distruzione migliaia di alberi…
    Secondo me Umberto segnala un aspetto molto importante, quello della ricerca, della scoperta, che si può fare solo in biblioteca, tra l’altro con servizi gratuiti, esse andrebbero maggiormente diffuse e fatte conoscere, su questo mi sovviene un dubbio: “non far sapere al lettore che può conoscere e apprendere in modo gratuito?”. Lascio in sospeso questa domanda.
    Il web – che noi bradipi usiamo con parsimonia – è una bellissima cosa, dipende da come lo si usa, convengo su wikipedia, dannoso quando diventa l’unico strumento della nostra conoscenza.

  3. CLOTILDE RAVIZZA Reply

    Questo mondo ormai è fatto di chimere, di successi alla portata di tutti, subito, senza fatica. In ogni campo, ovunque ci giriamo ci promettono di tutto, non dico niente di nuovo.
    Ora gli audio libri vengono letti anche da chi ha occhi, orecchie e tempo. Compresa me stessa. Meno faticoso, rilassante, come le favole.
    Cosa fare? Dipende dalle idee che hai. Se abbiamo capito come gira il mondo adesso, se ormai siamo consapevoli di essere illusoriamente messi come su una giostra, ci aspetta una fatica.. ; si ragazzi, la fatica di orientarsi in questo supermercato globale, non rifiutando ma stando in equilibrio.. Faticosissimo per me che di tante cose non ne capisco niente.. Occorre stare attenti, in guardia, saper discernere, che é il grande compito dell’uomo contemporaneo.
    L’importante è non arroccarsi dietro preconcetti, pregiudizi, ideologie se c’è ne fossero ancora in giro..
    Vuoi mettere in un pomeriggio di pioggia, starsene stesi sul sofà, con un buon libro rigorosamente di carta, ed un gatto sulla pancia. Vuoi anche la cioccolata calda? Si può, si può! Buona Vita a tutti!

  4. Umberto Scopa Reply

    Scrivo qui una replica unica che attraversa i vari commenti che ho letto al mio articolo e mi accorgo che è venuto fuori un altro articolo. Magari non capirò niente ma non rinuncio al piacere di scriverlo. Io avevo evitato di toccare il tema del libro digitale appositamente. Riguardo al libro digitale il tema esiste, è stato toccato da Gian, che ne ha evidenziato taluni vantaggi, ha parlato anche di Wikipedia di cui penso tutto il peggio possibile ma evito questo tema se no è un altro articolo ancora. Mi limito al libro digitale. Mi chiedo innanzitutto se quel libro dietro lo schermo fra trent’anni ci sarà ancora. Ci sarà -forse- dietro un altro schermo, se qualcuno avrà cura di decidere al posto di ogni lettore che quello scritto merita di essere travasato e conservato. Chi sarà quel qualcuno? Non chi lo ha comprato e lo ha letto. Ma chi deciderà se merita di essere travasato in altri supporti tecnologicamente imposti dal mercato. La decisione potrebbe essere condizionata dalla moda di pensare effimera del momento e se il testo non verrà travasato per una mutevole capriccio di pensiero del momento, potrebbe diventare irrecuperabile. E in quel caso sarà irrecuperabile se non lo trovate sulla carta. Il libro di carta sopravvive ai tempi che passano, alla loro volubilità, senza dover chiedere a chi governa il digitale un atto di clemenza o di pietà per sopravvivere. Basta che io da solo abbia cura di conservarlo decentemente. Potrebbe esistere ancora fra duecento anni se altri che mi seguiranno saranno del mio avviso. Potrebbero non esserlo e allora non vivrà oltre la mia vita, ma occorrerà almeno che qualcuno faccia lo sforzo per distruggerlo o abbandonarlo. Dovrà almeno rispondere alla domanda che il libro nella sua fisicità impone: vale davvero la pena non conservarmi? ogni atto distruttivo esige almeno questo. Che ciò che si tramanda venga ponderato da ognuno di noi e non affidato a pochi tecnici, o editori digitali succubi del mercato e delle mode del momento. Di certo finché vivo nessuno deciderà per me cosa conservare dei miei libri di carta. Al di là di queste considerazioni generali, c’è un altro problema mio più personale. Io non sono uno scanner che scorre il testo a velocità uniforme e unidirezionale e non lo sarò mai. La mia lettura è fatta di salti avanti e indietro nel testo, per ritrovare collegamenti, curiosità, chiarire dubbi di coerenza o coprire falle di memoria e mille altre ragioni. Sul digitale ci sarebbe da impazzire, con la carta invece è un attimo. Il nostro cervello si è formato da secoli sui libri di carta. La memoria ricorda incredibilmente se un passo che voglio ritrovare era a destra o sinistra della pagina, il alto o in basso, a quando spessore di carta dalla copertina. Il digitale di fisso non ha neanche il numero della pagina! se cambio il formato del carattere cambia il numero della pagina. Che sia comodo l’e-reader in viaggio non c’è dubbio, lo riconosco, ma mi chiedo anche se quel suo non occupare uno spazio fisico non abbia anche una controindicazione: mi porto dietro l’intera libreria! ma mi serve davvero? O non è meglio portarmi via solo due libri, convintamente deciso che siano quelli ai quali dedicarmi, rinunciando a rimandare quella scelta a quando sarò in vacanza, dato che più di due non credo che potrò leggerne con un qualche utilità. Così ho fatto un apologia del libro di carta, e questo perché sono vecchio, sto invecchiando sempre di più ogni giorno che passa, e accetto serenamente di non appartenere a questo tempo che ha scelto di viver in un eterno presente senza memoria e mentre lo dico la mia memoria se ne sta andando, questo è il paradosso. E accetto serenamente anche la critica ricorrente di chi dice che sono limitato e non capisco l’immensa fortuna del digitale. Ma una cosa la capisco. Il beneficio grandioso che ha portato – paradossalmente – ai non vedenti! a quelli che non possono leggere! Il digitale permette loro di accedere all’ascolto di libri, scambiare lettere, ricercare musica in modo illimitato. Ha ampliato l’orizzonte del loro mondo con applicazioni straordinarie in modi che solo di recente ho scoperto frequentando persone non vedenti. Lì può guidare per strada mentre passeggiano. Di questo abbiamo bisogno. Ma non ho smesso di domandarmi di cosa abbiamo veramente bisogno e di cosa no e cosa anche non ci fa bene affatto. Così come credo abbiamo bisogno di quello che scrive Clotilde, verità così semplice e cristallina, che accolgo in pieno.

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