Il Circo Lento

di Giuseppe Rissone

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Quando una fila di carrozzoni invadono lentamente le strade ed è subito circo

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Lentamente, come stile e convincimento di questa rubrica, eccoci giunti all’ultimo appuntamento della stagione. E prima di sospendere per due mesi il nostro viaggio nel Tempo Lento, vi porto al circo. Luogo di sogni, colori, fantasia, poesia, che sin da piccolo mi ha attratto, tanto da dire a mia madre all’età di dodici anni: io parto con il circo, ma non ti preoccupare ti verrò a trovare…

Il circo lo si potrebbe rappresentare come una carovana in viaggio, perché se fosse un’entità statica, ferma nel punto in cui è stata creata, non avrebbe la possibilità di sbocciare e di evolvere. E il circo di cui vi voglio parlare è proprio una carovana perennemente in viaggio, si tratta del Cirque Bidon. Una compagnia circense francese capeggiata dal suo fondatore François Rauline e composta da un insieme di artisti (giocolieri, clown, musicisti, acrobati) di diversa nazionalità (Francia, Spagna, Italia), che viaggia su carrozzoni di legno trainati da cavalli. Lentamente, a ritmo di 25 km al giorno. Gli ultimi a spostarsi così.

Sono venuti in Italia nel 2016 – dopo quindici anni di assenza – “fermandosi” per tre mesi tra Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, partecipando ai più significativi festival di arte circense e teatro di strada, realizzando il tutto esaurito ogni sera: ovvero, un media di seicento spettatori a ogni replica e almeno un centinaio di persone che rimanevano fuori. Nel 2016 hanno portato in Italia lo spettacolo Bulle de rêve, tornando nel 2018, con il nuovo Entrez dans la danse, entrambi creazioni collettive, sotto la direzione di François. Ed eccoli tornare anche nel 2023 con una tournée completamente emiliano-romagnola, che li ha visti partire dal Festival di Pennabilli agli inizi di giugno, per concludere a Bologna (parco di Villa Angeletti).

Perché raccontare di questa affascinante compagnia? Tutto è partito da un servizio visto su San Marino RTv, rimanendo a bocca aperta, di conseguenza mi sono messo alla ricerca di notizie più precise. Senza dubbio, il fascino di questa compagnia, è il suo modo di muoversi che definirei antico, quasi secolare, a cavallo, su carrozzoni di legno, come scritto al massimo per 25 km al giorno, se non è lentezza questa.

I loro spettacoli iniziano proprio dal viaggio, il loro passaggio da un paese all’altro, percorrendo le strade statali, incanta le persone – a lamentarsi sono solo gli automobilisti – rallentando i tempi frenetici del procedere dei veicoli e della vita odierna, avvolgendo le persone con la sua poeticità trasmettendo un genuino strumento di auto-promozione.

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È giunto il momento di presentarvi chi ha creato tutto questo, François Rauline, fondatore e inventore di questa particolare compagnia. A vent’anni viveva a Parigi a faceva il cesellatore di bronzo ma, sognava una vita in movimento, diversa. Era il maggio francese del ’68 e, come molti, voleva poter trasformare il mondo, una visione così grande e irraggiungibile che tramutò in qualcosa di più tangibile: trasformò se stesso, la percezione del suo tempo e lasciò il suo lavoro per percorrere e aprire un mondo nuovo, il suo. Ho sempre viaggiato con le carrozze e i cavalli, non riesco a vedere il mio circo diversamente, afferma, ricordando i primi tempi del Cirque Bidon, nato nel 1976, quando si spostavano da un luogo all’altro senza acqua né corrente elettrica, al massimo una sola lampadina; non utilizzavano amplificazioni, era tutto acustico. François Rauline racconta: Il bisogno di lentezza è venuto piano piano insieme alla fame di tempo. I soldi scarseggiavano, allora ho venduto la moto e ho comprato un cavallo e poi costruito una carovana. Così è nato il Cirque Bidon, con alcuni amici e con una ballerina classica che sognava di essere trapezista e che cercava la poesia. Prima che le nostre strade si separassero, di cammino ne abbiamo fatto tanto, insieme, con lei che è anche la madre di mio figlio.

La troupe svolge un’accurata selezione dei luoghi, molto tempo prima dell’inizio della tournée, per organizzare il percorso della carovana, il posto poco importa che sia “carino” o che coincida con il centro cittadino, l’importante è trovare un luogo di passaggio, così, durante il giorno, la gente lo vedrà e incuriosita dall’allestimento, andrà a vedere lo spettacolo la sera.

Come nasce uno spettacolo del Cirque Bidon? François ammette di scrivere poco, di avere alcune idee, soprattutto immagini. Come quella che ha dato vita a Bulle de rêve – la bolla dei sogni – la notte quando finisce lo spettacolo, si trova con gli amici, si ferma a osservare il suo circo, tutto illuminato. Quell’immagine gli rimanda una “bolla di sogno” e si ripromette di fare uno spettacolo con questo tema, un giorno. Non era facile, l’idea era un po’ vaga, ma era poetica, evocativa e ha funzionato. L’intenzione è quella di proporre temi che nessuno si aspetta, per sorprendere il pubblico. Quando ha un’idea, la propone alla troupe, poi “si lavora tutti insieme, ognuno mette la sua parte”. Ammette di essere un autodidatta, che tutto ciò che ha imparato del circo, l’ha raggiunto facendolo e basta. Una volta comunicato il tema agli artisti, dona loro qualche semplice consiglio. Per le canzoni, si rivolge a Frédérique Zagato, da sette anni nella compagnia: lei ne compone alcune sulla base delle indicazioni che François suggerisce. Il risultato del lavoro della compagnia è una creazione collettiva, con la direzione del regista.

L’aspetto più importante della creazione è che non ci siano “buchi” tra un numero e l’altro. Lo spettacolo segue un ritmo continuo, non c’è mai una fermata, inizia già mentre il pubblico sta terminando di prendere posto attorno alla pista e lo sguardo dello spettatore è attirato in tutte le direzioni. François afferma che questa particolare struttura dello spettacolo è il risultato dell’esperienza di trent’anni di lavoro nel teatro di strada: non si possono lasciare tempi vuoti tra un numero e l’altro, così come non si possono fare numeri di giocoleria troppo lunghi, altrimenti la gente si annoia e se ne va. Questo assolutamente non deve succedere. Dunque, l’assenza di buchi serve per sopravvivere, per guadagnare il pane. “Si deve fare uno spettacolo che aggancia la gente e quando è presa, non parte più”.

Dunque, niente a che vedere con i circhi tradizionali e le presentazioni sullo stampo “Ed ecco a voi… i giocolieri!”. Il Bidon è sempre stato diverso dagli altri circhi: inizialmente, gli artisti facevano quello che sapevano fare, senza preparazione tecnica, “un po’ alla buona”, dice. Nonostante ciò, funzionava e la gente tornava a vedere i loro spettacoli. Allora come oggi. Ricorda, ad esempio, lo storico numero delle galline, sempre presente in ogni spettacolo: Avevamo solo quel numero a mano, ma accompagnato da musicisti dal vivo, prendeva una direzione e subito la gente rideva, veramente tanto, anche se il numero in sé non aveva nessuna tecnica. Non c’erano cose forti, però piaceva lo stesso.

Assistere a uno spettacolo del Bidon significa trascorrere un paio d’ore in un’atmosfera di leggerezza, avendo l’impressione che gli artisti stiano improvvisando. In realtà, ogni gesto è studiato veramente al dettaglio. Non hanno bisogno di pubblicità, è sufficiente il viaggio in carovana.

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In passato, però, non sempre questa troupe è stata accolta favorevolmente dalle amministrazioni comunali: considerati saltimbanchi o addirittura zingari, in alcune occasioni, gli artisti del Bidon non ricevevano il permesso per l’allestimento scenico. Allora, François aveva escogitato una strategia: arrivava all’alba presso un paese, montava le scene in un paio d’ore, così la mattina, quando arrivavano i poliziotti, era tutto pronto. Seguivano discussioni che si protraevano per l’intera giornata: l’obiettivo era quello di realizzare una prima rappresentazione. Alla sera, se arrivava pubblico, era tutto sistemato e il Comune permetteva loro di proseguire la tournée. In effetti, vedendo la confusione che facevano i poliziotti, le persone erano ancor più incuriosite e voilà, ecco arrivare un pubblico numeroso allo spettacolo.

In altre occasioni critiche, François ha avuto l’impressione di aver ricevuto la protezione di Fellini. I due registi non si sono mai incontrati, o forse Fellini è passato da Fregene mentre il Bidon faceva tappa lì; ma Rauline non lo ha riconosciuto, anche se desiderava tanto incontrarlo. Successivamente, quando la troupe ha avuto problemi con le autorità su suolo romagnolo, la situazione si è sempre sistemata, senza capire in quale modo fosse accaduto. Perciò si pensa all’intervento benevolo del regista riminese.

Dichiarandosi apertamente “un vecchio anarchista”, François ricorda una frase di Mao Tse Tung: Per fare la rivoluzione, il rivoluzionario deve essere come un pesce dentro l’acqua, tra il popolo. Lui aveva poi trasformato questa frase per renderla calzante alla sua realtà: Per fare il circo come noi, dobbiamo essere come un pesce dentro l’acqua, tra il popolo. Bandiere rosso/nere sventolano ai fianchi della cabina di regia e del palco dei musicisti, a ricordare il credo politico del regista…

La troupe è composta da una quindicina di persone, tra artisti di varia formazione (attori, clown, giocolieri, acrobati), musicisti e tecnici, che arrivano al Bidon soprattutto tramite un passaparola di conoscenze, alcuni candidandosi autonomamente e presentandosi alle audizioni invernali. François vuole offrire ai giovani artisti l’opportunità di imparare qualcosa, per poi prendere la propria strada. Non tutti sono idonei a questa esperienza, sicuramente chi viene scelto ha qualcosa in particolare, un carisma.

Gli artisti scelgono di venire a lavorare al Bidon perché è un sogno per loro poter fare questa esperienza con le carrozze e i cavalli, però a nessuno François nasconde quanto sia faticoso. Molti vengono perché conoscono la storia del Cirque Bidon e li fa sognare lavorare qui; altri perché non è una storia comune, ma è una storia particolare, un’avventura, che li attrae. Al Bidon, gli artisti sono in regola e ricevono l’“intermittence”, una sorta di disoccupazione: molto utile per un artista, difficile riuscire ad ottenerla altrove.

Animali e circo, al Bidon ci sono una dozzina di cavalli, un mulo, cinque galline, un’oca. Gli animali fanno parte integrante della vita del circo francese e insieme agli artisti, concorrono alla realizzazione della produzione di questa poetica avventura. Senza di loro, questo circo non sarebbe lo stesso. Sono costantemente accuditi da tutti i membri della troupe, di fronte alla preoccupazione di alcuni animalisti, François ricorda che tutta la civiltà occidentale è cresciuta con la trazione animale. I loro cavalli mangiano bene e sono in ottima forma, così pure le galline e gli altri animali al loro seguito.

Devo ammetterlo, e non me ne vogliano i protagonisti delle precedenti storie, ma mettere insieme questo articolo è stata un’esperienza divertente e un segnale tangibile che la lentezza esiste, adesso non mi rimane che tenere ben dritte le antenne perché il desiderio di assistere ad un loro spettacolo è molto forte. Lunga vita e tanta strada al Cirque Bidon e a François. Gli artisti lasciano al pubblico una speranza – che faccio mia – che dice: Se lo posso sognare, lo posso anche fare.

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Foto: ravennaedintorni.it

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Tempo Lento ritorna a settembre

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