Il Gioco Del Quindici

Un quadrato con tasselli che scorrevano in orizzontale e verticale. Si giocava coi numeri, prima che ci ammalassimo di numeri.

diUmberto ScopaPiccolo Inventario Sentimentale Degli Oggetti


Se qualcuno pensa che questa rubrica parli degli oggetti è caduto in un piccolo tranello. Non parla di loro, infatti, ma parla per loro. Gli oggetti ci guardano, pensano e dentro di loro scuotono la testa. Spesso gli oggetti parlano meglio degli umani, in modo più chiaro e diretto. Certo, parlano in modo silenzioso e solo a chi vuole ascoltare. Così provo a interrogarli, soprattutto quando mi sento saturo dei vocaboli che imperversano in questi tempi tra i miei simili. Vocaboli orridi, di uso ormai comune, emersi da una improvvisa prepotenza sanitaria. Spero che tornino presto da dove sono venuti. Spero che non dovremo più usare la parola “asintomatico” per designare una persona che sta bene e così via. Torneranno presto parole degne di rivestire come si deve il nostro linguaggio quotidiano? Me lo auguro. Mi auguro che riprenderanno la parola che gli è stata tolta. Parleranno con l’autorevolezza pacata e saggia di un vecchio capo indiano assiso col calumet in bocca nella sua tenda. E noi le ascolteremo mentre il fumo del calumet si diraderà a spirali nell’aria, proprio come il fumo che avevamo negli occhi senza saperlo. Non so come, ma vedremo giusto. Vedremo che la verità non è mai quella che abbiamo creduto nel momento, qualunque sia o sarà. Pensarlo già ora un po’ mi rasserena, come sapere che è troppo presto per sapere, non dobbiamo avere fretta. Un tempo avevamo tutti meno fretta. Anche la guarigione ha i suoi tempi, qualunque sia la malattia da cui dobbiamo guarire. Diciamo che il quindicesimo giorno sta arrivando, stando ai 14 decretati dal governo per la quarantena. Il 15 esimo giorno. Il gioco del 15 lo ricordate? se non siete troppo giovani, forse. Si giocava coi numeri. Oggi invece siamo ammalati di numeri. Non esiste solo la malattia della parola, c’è anche quella dei numeri. I numeri osceni ci travolgono non meno delle parole oscene. I numeri escono a raffica per terrificare gente già terrificata, senza tregua, così per non perdere l’abitudine. Numeri che dicono, ma non dicono, dicono, ma non dicono. L’attonito destinatario non deve andare a fondo, men che meno discutere, il dovere è mantenere alta la soglia della paura.  Già, però non erano questi i numeri che abbiamo incontrato alle soglie di questa vita quando era agli albori. Non era così che doveva andare. I numeri erano entrati nella nostra vita come una cosa degna del nostro più ammirato stupore, come le prime parole. La prima parola che pronunciamo, il primo numero che impariamo, la prima addizione, la prima tabellina. Fermarsi a quella meraviglia, all’incanto di quel gioco del 15, così si chiamava, con quella casella vuota e i tasselli che scorrevano, e i numeri magicamente si disponevano rivelando relazioni, scoperte. Le prime emozioni di una meraviglia del pensiero umano che presto diventeranno problemi, poi compiti in classe, poi voti, poi conti in banca, bilanci, angosce. E poi saltiamo ad oggi, a piè pari. I numeri dei morti, dei malati. Ogni santo giorno, è come l’altalena dei titoli in borsa, ogni tg, ogni quotidiano, tutti vomitano numeri, numeri che ci sommergono. Non vogliono generare stupore, meraviglia. Vogliono raccontarci col megafono che occorre avere paura, la paura ci curerà. Una malattia, la paura, vincerà un’altra malattia? Stoppare pensieri e dubbi. Altrimenti sei un alleato del male. Così riprendo in mano il gioco del 15, dove non c’è bene o male, ma solo i tasselli che scorrono in su, in giù, di lato, e l’attrito dei tasselli sprigiona qualche scintilla di memoria, ma disinnescata di qualunque potenziale polemico.

⇒ Foto: Umberto Scopa ≈ Prossimo Appuntamento: Venerdì 12 Marzo

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