Una Convivenza Impossibile

di Gian Michele Spartano

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Da dove sorge l’irriducibile crisi palestinese

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La scena da tele-spettacolo rimasta più impressa in questi giorni al portinaio di Tempio Aperto è il minuto di raccoglimento osservato dai parlamentari europei,  presente la Sig.ra Ursula, ripresi in primissimi piani inespressivi, con l’inno di Israele in sottofondo: qui il video. 
Puntualizziamo per i distratti: lo Stato di Israele non è membro della U.E. Realizziamo a distanza di due settimane che l’azione politica perseguita dall’Europa dei 27 si è in buona sostanza risolta ed esaurita in quella cerimonia.
Più che di cordoglio, è sembrata l’espressione di una resa incondizionata, già palese in quei volti ingessati l’incapacità della nostra comunità a svolgere un ruolo che sia uno nella vicenda palestinese; fatto salvo il richiamo all’ancestrale senso di colpa della Shoah, in quel modo manifestato per mondovisione.

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Saltiamo qui con barbaro cinismo ogni coro di sdegno, ferma condanna, orrore e terrore già moltiplicati all’ennesima potenza sulla stampa tradizionale dal  7 ottobre in qua.
Qui conta rimarcare che quella in atto è la nuova devastante tappa di uno stato di odio permanente da ambo i lati in un crescendo  radicalizzato. Il biblico territorio denominato “Palestina” lo subisce da quando ed ancor prima che il 14 maggio del 1948 David Ben Gurion, capo del Governo Provvisorio dichiarò la nascita dello Stato di Israele, tratteggiato all’interno di quella regione; con la contestuale ritirata di tipo pilatesco del presidio britannico da una contesa rimessa alla scarna azione mediatrice della neonata ONU.
Ne seguì da subito l’intermittenza di distruzione e morte.

Piaccia o non piaccia, legittimo o non, sacro o sacrilego, quel giorno celebrò  l’ “innesto” di una cultura che è nazione a sé stante, divenuta anche Stato,  nelle viscere di una terra e di un popolo indigeno con un vissuto storico di quasi duemila anni, un’identità ed un territorio di cui sono stati fatti progressivi  espropri.
Nel dibattito pubblico non si dà la corretta enfasi agli aspetti prettamente identitari, che rendono irreversibile e sempre più atroce e “rituale” lo stato di conflittualità fra Israele e le fazioni arabo-palestinesi: rimandiamo a questo approfondimento ancora attualissimo, che trova nel disconoscimento dell’altro da sé e nella riaffermazione della propria essenza (“il popolo eletto” sotto la stella di David…), le radici più profonde del conflitto.

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Ma in quello stesso giorno di 75 anni fa la Storia reclama, con la stessa determinazione di quella che Ben Gurion usò per proclamare l’affermazione di un’Israele liberale e sionista, di voltare pagina: non potendosi più spiegare gli avvenimenti successivi con lo sguardo costantemente rivolto agli orrori del passato, diaspore ed olocausto costantemente presenti nelle tragiche a volte grottesche dispute fra chi è pro o contro questo o quello.

Fino a quando la comunità internazionale non assumerà essa stessa una visione dei fatti laica, liberata (oltreché dai sottostanti interessi economici) dalle colpe del passato, scevra da preconcetti e indici puntati, non sarà possibile neanche l’idea di formare un tavolo per una composizione finale di quel conflitto.

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Foto: pixabay.com

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Tempio Aperto ritorna venerdì 3 novembre

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One Comment

  1. Vincenzo Reply

    Quanto scritto in questo articolo è da parte mia completamente condividile che non necessita di alcun commento, unica cosa chi avvisa i nostri media – salvo micro eccezioni – che la storia non è esattamente quella che raccontano? Il titolo usa il termine impossibile, comprendo il pessimismo, personalmente mi auguro che non sia così, forse servirebbe un soggetto terzo per fare in modo che l’impossibile diventi possibile. Soggetto terzo cercasi

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