Terra In Bocca

di Gianfranco Gonella

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Una mia amica mi ha chiesto se per questo mese potevo fare un viaggio in Sicilia

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Cari amici bradipolettori lo spunto per l’articolo di questo mese me lo ha fornito un’amica che, dopo aver letto quanto scritto a gennaio, mi mandava un messaggino chiedendomi se non avessi avuto voglia di fare un “viaggio” in Sicilia per il nostro appuntamento bradipo.

Così mi sono detto che non era un’idea niente male, anche perché mi avrebbe dato l’occasione di parlare, nella seconda parte, di un gruppo che è stato uno dei miei preferiti fin dagli esordi nell’era del beat: I Giganti.

Ma, come detto, ne parlerò dopo.

Del “viaggio” in Sicilia sicuramente la mia amica si riferiva all’arresto di Matteo Messina Denaro, avvenuto dopo decenni di latitanza. Volutamente tralascio i particolari della cronaca su come è avvenuto l’arresto, sul ritrovamento dei “covi” e su quanto in essi rinvenuto. Tralascio chi si vuole intestare il merito di tale arresto che non è certo questo governo, sarebbe piuttosto riduttivo nei confronti delle forze dell’ordine, dei magistrati di quei tanti caduti che loro si hanno contribuito a questo risultato. Voglio invece soffermarmi su alcuni particolari che mi hanno lasciato interdetto. Parto con ordine a elencarne qualcuno.

Avete mai acquistato un’automobile da un concessionario?

Quanti documenti vi vengono richiesti e, soprattutto, come la pagate?

Da quanto fino ad ora emerso pare che l’acquisto lo abbia fatto personalmente il boss, dando in permuta una 500 e versando 10000 euro a saldo. Il tutto a nome di un’anziana 87enne disabile. È infatti cosa normale che un concessionario accetti sulla parola un simile pagamento senza avere garanzia dell’effettivo acquirente.

Passiamo oltre, nei giorni seguenti l’arresto vengono ascoltate dagli inquirenti alcune donne che sembrano aver avuto relazioni sentimentali con il latitante. Una di queste dichiara una frequentazione di almeno due anni, ma di non essere a conoscenza se l’amante fosse proprio Messina Denaro, forse per due anni ha creduto in “buonafede” di essere l’amante di Andrea “Bonafede”, il prestanome.

Un errore che ha commesso anche il medico curante, così almeno dichiara il dottor Alfonso Tumbarello. E poi cosa pensare di quell’uomo di Castelvetrano che dichiara che hanno sbagliato ad arrestarlo visto che grazie a lui sono stati tutti bene per 30 anni?

La risposta migliore la da Pif durante la trasmissione Carta Bianca e della quale vi lascio il link per andarla a leggere e soprattutto ascoltare.

Infine vi lascio anche un altro link di Rai news che vi mostra il genio umano di quei genitori che travestono il figlio come il boss nel giorno del suo arresto.

Traetene voi le conclusioni.

Il clima di omertà è quello su cui la mafia fa ancora conto per coprire le proprie attività.

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Chiudo ricordando che quest’anno la Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie – 21 marzo – organizzata da Libera si terrà a Milano, capoluogo meneghino, e mi viene alla memoria una trasmissione del 2010, Vieni via con me, trasmessa da RAI 3 e condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano, dove il giornalista denunciava delle infiltrazioni mafiose al nord e di un presidente di Regione che si riteneva offeso da tali dichiarazioni che chiedeva di intervenire con una trasmissione riparatrice, concessa, dove cercava di smentire il tutto, per poi rendendosene conto di quanto fossero veritiere una volta che in un governo assumerà il dicastero degli Interni.

Quindi c’è da sperare che adesso qualche cosa affiori sulle commistioni mafia/politica, ma con questo governo ho molti dubbi, visti i tentativi di smantellare quanto di buono costruito dai tanti magistrati che hanno combattuto e che continuano a combattere contro questa nostra piaga.

E siamo arrivati alla parte musicale.

Come detto si tratta di un disco dei Giganti, gruppo, anzi come si diceva allora, complesso storico dell’epopea beat italiana formatosi nel 1964 e che, nella loro attività ci regalano brani come “Una ragazza in due” (1965), “Tema” (1966), “Proposta” (1967) sino alla censurata “Io e il Presidente” (1968).

Per contrasti personali nel loro interno arrivano allo scioglimento nel 1968 e tutti cercano di intraprendere una carriera solistica, ma con scarsi risultati. Finché nel 1970 arriva un’inattesa riunione con l’intenzione di proporre una nuova musica, più complessa e legata a tematiche dell’attualità.

Partecipano al Disco per l’estate con il brano “Charlot”, che non lascia il segno, si cimentano nella cover di “Space Oddity” di David Bowie (Corri uomo corri,1970), ma iniziano a lavorare ad un progetto molto ambizioso, un album concept, un disco interamente dedicato al tema della mafia, utilizzando testi ricavati da un’intervista di Piero De Rossi ad un detenuto per reati di mafia.

Molte sono le difficoltà, subiscono anche tentativi di intimidazione, ma vanno avanti e il 33 giri è pronto per l’inverno del 1971. Si può affermare che questo sia stato il primo album prog della musica italiana, ma non è tutto rosa e fiori, anzi. Il disco avrà un passaggio radiofonico in notturna e subito verrà estromesso da qualsiasi altro passaggio, il che significa che la promozione sarà uguale a zero. Un disco censurato per oltre 30 anni.

Registreranno ancora un 45 giri, ”Sono nel sogno di un vegetale” nel 1972 e si scioglieranno definitivamente. Qui trovate i link per ascoltare il disco e, molto interessante, qui un altro che racconta la storia di questo lavoro.

Concludo con un saluto alla mia amica: spero di averti accontentata con questo “viaggio” siciliano. Buon ascolto e alla prossima.

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Foto: superuovo.it

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Il Mito Ostinato ritorna lunedì 6 marzo 

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3 Comments

  1. Claudio Savergnini Reply

    Sono stato in Sicilia una sola volta, ma per un tempo sufficiente a girarla in lungo e in largo, guidato da amici siciliani che si sono premurati di portarmi in alcuni dei posti più belli e significativi: ho visto cose stupende a Palermo, il sito archeologico di Piazza Armerina, sono stato nell’orecchio di Dionisio a Siracusa e in un aranceto alle pendici dell’Etna; ho persino visto la colonna di fumo dell’eruzione del vulcano (era l’estate del 2006). Mentre mi trovavo a Enna, ho visto in TV la testata di Zidane a Materazzi e la Nazionale vincere i mondiali di calcio, cose che mi resero quella vacanza ancor più allegra! Ho assaporato i pomodorini di Pachino veramente a chilometro zero ed ho visto anche le spiagge di Pozzallo, approdo di tanti sfortunati migranti… o dovrei dire invece fortunati? (considerato che quelli che riescono ad “approdare” sono solo quelli che ce l’hanno fatta a scampare a un naufragio…) e poi Noto, Modica, le ceramiche di Caltagirone, a Ragusa Ibla le viuzze dove il commissario Montalbano svolge le sue indagini… ho potuto immergermi nelle limpide acque di Capo Passero, nel punto più a sud dell’Italia e, in vita mia, l’unica murena che non ho visto al di là di uno spesso vetro l’ho incontrata proprio lì. Per brevità ho fatto solo un parziale elenco di quanto ho vissuto di una bellissima regione; non ho menzionato le belle sensazioni che ho avuto sui luoghi o sulle persone che ci vivono, perchè credo si percepisca già da quanto ho detto.
    Poi succede che mi trovo davanti il “viaggio in Sicilia” di Gianfranco. Che doccia fredda! Certo non posso dire che non me lo aspettassi, ma la delusione si è insinuata comunque nel mio pensiero. E’ l’argomento del giorno, anzi peggio: sono giorni e giorni che notiziari e giornali ci riempiono i maroni sempre con le stesse minchiate e io trovo insopportabile che di una persona che è finalmente sotto custodia nelle patrie galere se ne parli così diffusamente, perchè si contribuisce solo ad alimentarne il mito. Come cittadino a me sarebbe bastato sapere che era finito dietro le sbarre, avere informazione sull’entità della pena comminata a conclusione del processo e stop! Per il resto quella persona avrebbe dovuto sparire dai mass media e piano piano sarebbe scomparso anche dall’immaginario collettivo degli italiani. Prima ho detto “minchiate” perchè, avendo in mente la Sicilia, il termine è venuto da sè e mi riferivo ai particolari nelle cronache: ma davvero interessa a qualcuno sapere cosa tiene nel frigorifero un latitante di lungo corso? Ci cambia la prospettiva sapere se usasse la pillola blu o quella giallina per scopare? Riguardo alle donne poi, si è mai sentito di una prostituta che chiede al cliente di esibire la fedina penale? Ho visto su La Stampa la fotografia dell’arma che è stata ritrovata nascosta in uno dei “covi”; l’articolo specificava che aveva cinque colpi in canna e numerosi altri proiettili a disposizione; in altra occasione ho già ironizzato su pistole con un esubero di proiettili, tutti stipati in un’unica canna e non sto a ripetermi, ma qual’è il senso di simili dettagli? intanto bastava dire che era un’arma carica, senza aggiungere particolari ridicoli (trattandosi oltretutto di un revolver e non di un’automatica) ma la notizia poteva forse avere qualche rilievo se fosse stata trovata addosso a un sacerdote, non certo nel cassetto di un criminale incallito. A leggere queste cose mi sorge un dubbio: i giornalisti ci propinano queste amenità perchè ci credono dei decerebrati o si prendono queste licenze perchè hanno già conferma che lo siamo?
    Ho preso visione delle parole indignate del buon Pif ma mi chiedo se ha senso che un cronista vada a spianare il microfono sulla faccia di un poveraccio che magari conosceva quel criminale, ma è stato zitto… Sono andato a cercare “omertà” sul vocabolario ed ho trovato questa definizione: “riserbo assoluto, determinato da complicità e insieme dal timore di una vendetta.” Pare che dalla latitanza, la persona oggetto delle odierne disquisizioni, abbia fatto uccidere ben quattordici familiari del pentito Buscetta, quando questi iniziò a collaborare con la Giustizia. A questi livelli l’omertà non è solo giustificabile ma addirittura doverosa! La mia critica è rivolta a questo tipo di giornalismo che non dà informazione, ma pone domande imbecilli. Mi dispiace per Pif, persona che mi piace e che stimo, ma in quell’occasione è caduto nella subdola trappola della disinformazione e ha reagito senza ragionare. Sono convinto che se si fosse fatta un po’ meno l’apologia di un malvivente, quei due genitori imbecilli, per questo carnevale avrebbero vestito il loro bambino da Zorro o da Uomo Ragno, come fanno tutti.
    Non avevo mai più sentito i Giganti da quando ero ragazzo ma di alcune loro canzoni mi ricordo ancora bene ed è stato piacevole andare a riascoltarli grazie a Youtube.
    Avevo ancora sul monitor la Sicilia a tutto schermo che ero andato a guardare su Google Maps per rievocare l’estate 2006 (e per cercare di non “cannare” qualche nome di località, vista la mia scarsa propensione alla Geografia) e zoomando all’indietro l’ho guardata rimpicciolirsi fino a che nell’inquadratura è apparsa l’Europa nella sua interezza e mi è caduto inevitabilmente l’occhio sul confine Russia – Ucraina… mentre nella mente mi risuonavano alcune parole dei Giganti. Loro cantavano: “mettete dei fiori nei vostri cannoni” e anche: “noi non abbiamo paura della bomba… atomicaa atomicaaa… atomicaaa”
    E a più di mezzo secolo da allora posso solo dire di loro, con rammarico, che sono stati degli inascoltati Maestri.

  2. Gabriele Monacis Reply

    Mi vien da ridere, se non fosse tragicomica, la presunzione di voler spiegare ad una ragazza, un viaggio mai fatto in terre mai visitate. Emilio Salgari lo faceva spesso e creò racconti per i ragazzini, consumandosi la vista in biblioteche pedemontane, riuscendo a scrivere di avventure inventate di sana pianta. Risibile infatti è il modo di descrivere la mancanza di coscienza civica dei vecchi picciotti della provincia di Trapani, nei confronti delle forze dell’ordine del continente. Andrea Camilleri ha descritto bene, perché ha vissuto in quei territori, la realtà dell’uomo comune, che vive anche non di mafia; del lavoratore, o studente, che per percorrere un tratto di pochi chilometri in treno, impiega ore ed ore; che ha percepito da secoli la distanza con lo Stato per molti di loro traditore e sfruttatore. Troppe sono le opere pubbliche mai realizzate. Un continente (come il siciliano definisce l’Italia), sordo ad ogni istanza e cieco, come quando ha evitato di affrontare la questione meridionale descritta da Antonio Gramsci e mai esaminata seriamente dai Governi che si sono succeduti a Roma con il Re, o dopo, con la Repubblica. Sia ben chiaro: la delinquenza non sarà mai giustificata da alcuna omissione della pubblica amministrazione, ma nell’isola è mancata quella ribellione popolare che avrebbe fatto la differenza. I ribelli furono chiamati banditi, anzi briganti. Una mattina a Portella della Ginestra un corteo di uomini donne e bambini con le bandiere rosse, cercava di affermare il diritto ad avere terre da coltivare, contro la dittatura dei latifondi ecclesiastici e dei proprietari di immense ed incolte radure. Furono crivellati dalle pallottole di un delinquente al servizio dei potenti proprietari terrieri chiamato Mesina, anzi Pisciotta, no, Giuliano. Dopo pochi giorni il cadavere del bandito fu ritrovato in un’ aia sistemato a dovere, e muto. Muto per sempre. Lo stesso effetto di mutismo procurò il caffè nel carcere dell’Ucciardone per Pisciotta. La terra siciliana che fu di Archimede, della Magna Grecia, degli Arabi, di Federico II di Svevia, di Pirandello, dei templi, della letteratura, della musica, non può certo essere descritta con il superficiale sguardo di un PIF, o altri ameni pennivendoli che devono riempire i tre minuti del collegamento tv. Altro che viaggio alle Baleari. La Sicilia è di più, molto di più. La canzone ( sempre la stessa ) potrebbe essere per qualcuno “ Oye como va “ di Carlos Santana che ha un solo accordo. Quella però è molto meno noiosa.

  3. Gian Reply

    Cari amici è innegabile che il clima di paura, terrore, porti all’omertà, ma è anche altrettanto innegabile che, se questo sistema non lo si spezza ben difficilmente si potrà aver ragione delle mafie, di tutte le mafie.
    E’ grazie al coraggio di molti che le porte delle carceri si sono finalmente aperte per richiudervi dentro questi “illustri” cittadini, eroi come li definiva un certo imprenditore brianzolo riferendosi al suo “stalliere”, nonostante la quasi indifferenza dello Stato.
    Uno Stato che poco ha fatto per difendere chi voleva restare nella legalità, abbandonandolo al proprio destino.
    Purtroppo la nostra politica ha fatto affari in tutti i modi con questo fenomeno, sin dalla notte dei tempi.
    Ricordo che qualcuno diceva che il giorno che “rieccolo”, il soprannome che era stato affibbiato ad Andreotti, fosse passato a miglior vita si sarebbe potuto aprire la gobba che la si considerava la sua scatola nera come quella degli aeroplani.
    “Rieccolo” perché in un modo o nell’altro era sempre stato presente in tutti i Governi italiani, sia sul finire della monarchia , sia nella repubblica.
    Non a caso quando per la prima volta non gli furono dati incarichi particolari, iniziarono i primi arresti eccellenti e si cominciò a parlare di collaboratori di giustizia.
    Non era mia intenzione fare un elogio a Pif, ma il vaffanculo me lo sento di dirlo anch’io.
    Il silenzio, in questo caso era complicità e non paura.
    Ma chiaramente in certe situazioni ci si deve trovare.
    Non voglio giudicare, ma un po’ di indignazione la provo.
    A rileggerci.

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