Sotto La Luna Di Perugia

di Andrea Sbaffi Andrea Sbaffi


The Gil Evans Orchestra & Sting, Umbria Jazz – Perugia (11 luglio 1987)


Una luna grande, enorme, si staglia nel crepuscolo sullo stadio Curi di Perugia.

Le prime immagini ci mostrano un palco gremito di musicisti, guidati da un arzillo vecchietto con una fascia indiana, quasi un sacro Wampum: Gil Evans è altero e volitivo, pur nella sua compassata tranquillità e guida la big band con rapidi sguardi e impercettibili movimenti.

Apre il set uno standard di Evans: Bud and Bird, quanto di meglio per introdurre la big band, con i soli di sax e tromba in sequenza, le sapienti armonizzazioni, un concentrato di storia del jazz.

Sono veramente tantissimi sul palco, ma non sono ancora al completo…..

Terminata l’intro, arriva la guest star della serata, mai bella e istrionica come questa sera: Sting si materializza come un Messia: la chioma bionda e fluente, un completo nero su T-shirt bianca, con chitarra Gibson nera coordinata, non con la solita Fender Stratocaster che utilizzava al posto del basso dagli esordi come solista, un paio d’anni prima.

Forse sa perfettamente (o magari non se ne rende ancora conto neanche lui…) che sta per fare il miglior concerto della sua vita, per quanto caratterizzata da una carriera di enormi successi.

Il primo brano è Up From The Skies di Jimi Hendrix, con un pazzesco arrangiamento per big band.

Lo stesso Sting appare quasi incredulo, mentre osserva il grande vecchio Gil Evans, che suona il suo piano elettrico ad occhi chiusi: aver scritto la storia del Jazz, evidentemente, non conta in quel momento; ogni concerto è un evento e va vissuto fino in fondo, con professionalità e partecipazione, coinvolgimento e passione!

Sembra quasi naturale che il brano successivo sia Strange Fruit, standard di Abel Meeropol portato al successo da Billie Holiday quasi cinquant’anni prima.

Racconta, la prima strofa, degli strani frutti che si potevano incontrare nei razzisti stati del Sud: «Gli alberi del sud danno uno strano frutto, sangue sulle foglie e sangue sulle radici, un corpo nero dondola nella brezza del sud, strano frutto appeso agli alberi di pioppo.»

E’ uno degli standards che la Big Band di Evans suonava regolarmente allo Sweet Basil, jazz club di New York dove si esibiva dal 1983 e dove erano avvenuti i primi incontri con Sting. In quegli anni, Evans aveva anche ripreso ad arrangiare per big band i brani di Jimi Hendrix, come aveva già fatto nel 1974 pubblicando l’album The Gil Evans Orchestra Plays the Music of Jimi Hendrix, omaggio al grande artista scomparso nel 1970. Si narra che l’interesse di Evans per le immense capacità compositive di Hendrix, ben oltre la tecnica chitarristica per la quale è universalmente noto, risalga agli esordi della Jimi Hendrix Experience, il trio che lo ha consacrato nel 1967, e che fosse riuscito a convincerlo a lavorare insieme a degli arrangiamenti dei suoi brani per una big band jazz, fissando delle sedute in sala di registrazione per i mesi successivi. Questo sogno, putroppo per tutti noi, si è interrotto quel maledetto 18 settembre 1970, con la morte di Hendrix a soli 27 anni, dato che lo accomuna tristemente ai tanti artisti del famigerato Club dei 27: Brian Jones, Janis Joplin, Jim Morrisn, Kurt Cobain, Amy Winehouse su tutte/i.

Sting non ha forse mai cantato così bene e, confrontandosi esplicitamente col Jazz, si permette scale e variazioni forse mai provati nei brani del suo repertorio, che inizia a proporre con Shadows in The Rain, supportato da una delle migliori sezioni ritmiche di quegli anni (Danny Gottlieb e Mark Egan, già membri del Pat Metheny Group), e dal sax soprano di Branford Marsalis, unico altro ospite della Big Band e consolidato collaboratore di Sting dal 1985, quando fu fra gli artefici di uno dei migliori esordi “solisti” di sempre, con The Dream of The Blue Turtles (primo LP di Sting dopo lo scioglimento dei Police).

Come abbiamo già ricordato, Marsalis aveva accompagnato Sting e Phil Collins al Live Aid solo due anni prima e nel brano successivo, una fantastica versione di Little Wing di Jimi Hendrix – già registrata da Sting proprio con Evans e pubblicata pochi mesi prima nel suo secondo album …Nothing Like the Sun – raccoglie col suo sax soprano il testimone, dopo uno degli assoli più emozionanti che ricordi, grazie all’ispirata tromba di Lew Soloff, che fa impallidire la maggior parte dei chitarristi che si siano cimentati con l’iconico brano di Hendrix.

Ma siamo ad Umbia Jazz, quindi ecco che arriva There Comes a Time, standard di Tony Williams, storico batterista di Miles Davis, in cui spicca il sax tenore di George Adams, che si presta anche al controcanto con Sting. Uno degli assoli di tromba è di Miles Evans (il nome non è casuale…), figlio di Gil.

In continua alternanza e contaminazione di generi, il brano successivo è una versione orchestrata di Synchronicity I dall’ultimo disco dei Police: questa versione suona talmente “naturale” che sembra quasi sia stata composta per una big band e non per un trio rock.

Seguono Consider Me Gone, preceduta dalla presentazione della sterminata big band, e Murder By Numbers (purtroppo non trasmessa in diretta TV, ma presente nel bootleg).

A questo punto, appare chiaro che il concerto proseguirà con il repertorio della guest star della serata, che puntualmente soddisfa le aspettative del pubblico con un’accorata Roxanne, seguita da Tea in The Sahara e Walking on The Moon a chiudere il main set.

Il primo bis è solo per la big band, mentre nel secondo Sting propone per la prima volta la versione solo chitarra e voce di Message in a Bottle, che da quella sera chiuderà la maggior parte dei suoi concerti dei decenni successivi.

Davvero un peccato non essere stato allo stadio di Perugia… Eh già, anche questo concerto è fra quelli che la RAI ha trasmesso nella fortunata stagione di attenzione ai grandi eventi musicali degli anni ‘80 e ‘90.

Qui il link al concerto trasmesso dalla Rai.

Qui il link al bootleg, contenente anche altri brani, pur non integrale.

Del concerto trasmesso quella sera conservo ancora il VHS, poi riversato anche in DVD dall’amico Sandro, con cui negli anni successivi abbiamo passato più di una serata (o nottata…) di chiacchiere a rivederlo e a mangiarci le mani per non essere riusciti ad andare a Perugia.

Consiglio anche un bell’articolo di Musica Jazz sul concerto e le serate successive ad Umbria Jazz, che mi ha ricordato che il service delle sette serate successive, in cui l’orchestra di Evans si è esibita nella chiesa di S.Francesco al Prato e ai Giardini del Frontone di Perugia, era stato curato da Gianni Grassilli di Bologna, padre di Filippo, mio compagno di classe al liceo: ricordo perfettamente i cassettoni pieni di bobine delle registrazioni effettuate direttamente dalle tracce del mixer durante i concerti e fa un certo effetto pensare che, nelle varie occasioni in cui sono stato nel suo studio, ho certamente sfiorato anche questo tesoro, in parte successivamente pubblicato nei Live At Umbria Jazz (vol. 1 & 2).

Appuntamento fra quattro settimanane, con il prossimo articolo: Siouxie & The Banshees + The Fall + The Wire + Psicho TV, Finsbury Park, London (25 luglio 1987)


Io C’Ero ritorna venerdì 25 marzo


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