Provvisorietà

L’argomento che voglio trattare oggi è il lavoro, o meglio, il mondo del lavoro.

di Gianfranco Gonella Il Mito Ostinato

Cari amici bradipolettori eccoci al nostro appuntamento mensile. L’argomento che voglio trattare oggi è il lavoro, o meglio, il mondo del lavoro. La commissione europea ha approvato e portato ad esempio il nostro piano per la ripresa, arrivando a finanziarlo per una cifra prossima ai 200 miliardi di Euro, cifra mai erogata per nessuno. Questa cifra aiuterà l’Italia ad uscire dalla crisi nella quale siamo caduti a seguito della purtroppo ben nota pandemia di COVID-19.

Il piano prevede investimenti e riforme tali a sostenere la transizione verde e digitale con rafforzamento del potere di crescita, creazione di posti di lavoro e resilienza economica e sociale. Questo significa aumentare la sostenibilità delle finanze pubbliche e settore sanitario. Ci si attende che il piano stimolerà gli investimenti al fine di ridurre le disparità fra le regioni, accresca l’efficacia della pubblica amministrazione e l’efficienza del sistema giudiziario, migliori il contesto imprenditoriale ed elimini gli ostacoli della concorrenza. Che bello, evviva, siamo proprio bravi.

Ma allora io mi chiedo, e lo chiedo a voi che mi state leggendo, di fronte a tanto ottimismo, di fronte a queste stimolanti sfide a cui siamo chiamati, bisogna nuovamente scendere in piazza per difendere quei posti di lavoro che gli imprenditori, quelli che dal piano hanno tutto da guadagnare, vogliono tagliare? Altro che creare nuovi posti di lavoro, piuttosto diminuire quelli che ci sono cercando di guadagnare comunque di più. In quest’anno e mezzo di pandemia la loro parola comune è stata quella di chiedere aiuto allo Stato per i loro mancati guadagni, e, ribadisco, mancati guadagni non perdite. E lo Stato, noi, ha elargito fondi a pioggia, anche a chi molto probabilmente non meritava a fronte di mancate imposte dovute per le quali, complici i soliti noti, si è arrivati alla rottamazione delle loro, e non nostre, cartelle esattoriali.

Hai truffato e io ti premio facendoti lo sconto su quanto mi devi oppure ti cancello il debito, alla faccia di chi ha sempre pagato il giusto. E sono sempre gli stessi che, pur di guadagnare sempre di più, trascurano sulla sicurezza, arrivando a operare scelte scellerate come il disinserimento dei freni di sicurezza su una seggiovia o annullando i sensori di blocco nell’orditorio di un filatoio. Già, perché nel frattempo, si continua a morire sui posti di lavoro, come per il giovane del Mali morto ufficialmente per il caldo, in secondo piano per le numerose ore lavorate sotto il sole a più di 40 gradi.

Quindi, tornando al tema iniziale, evviva per i soldi che arriveranno, l’importante è che si possa nuovamente licenziare in maniera tale che poi si possa riassumere, e poco importa se le regole d’ingaggio saranno differenti, con meno diritti e meno stipendio, l’importante è che si possa tornare allegramente a guadagnare.

Secondo Andrea Mingardi, in un suo spettacolo anni ’80, dal titolo Maledetto Motel, si tratta della filosofia dell’Emmenthal… ”a voi i buchi, a noi il resto”, mentre Bernardo Lanzetti, cantante del gruppo Acqua Fragile prima di approdare nella PFM, diceva in uno dei suoi concerti… ”i padroni hanno tre mani, due per prendere e una per non dare”. Come la dea Kalì che vedete nella foto dell’articolo.

Il brano che ho scelto come titolo è del gruppo romano Albero motore, nato nel 1973 e con un solo album all’attivo del 1974, dal titolo “Il grande gioco”. L’album è un connubio tra il rock progressivo e la canzone impegnata dei nuovi cantautori. Si scioglieranno nel 1975, individualmente continueranno nelle loro carriere musicali chi accompagnando altri cantanti, come Bertoli, o chi entrando a far parte di altri gruppi. Buon ascolto e alla prossima.

⇒ Foto: mammeamille.it ≈ Prossimo Appuntamento: martedì 27 luglio

3 Comments

  1. Claudio Savergnini Reply

    Caro Gianfranco, le cose che hai detto oggi hanno nuovamente risvegliato tutto il mio pessimismo e la sfiducia che ho in generale verso i miei simili. Le voci del piano di governo che hai elencato sono lì a certificare quanto fossimo indietro in tante cose già prima della pandemia e non credo che tutti i miliardi in arrivo saranno in grado di farci raggiungere gli obiettivi citati. Questo perchè i problemi non si risolvono solo col denaro; ci vorrebbero persone adeguate a tutti i livelli per poterne sfruttare le potenzialità ed è su questo punto che le mie previsioni non sono rosee. Vedremo, per esempio, se gli imprenditori non cederanno alla tentazione di fare proprio come hai prospettato tu. C’è poi un termine, la “resilienza”, che da qualche tempo viene infilato in ogni dove (tanto da apparire anche nel programma di governo) che mi ha dato da pensare: inizialmente non ne capivo proprio il significato; io da vecchio perito meccanico ricordavo le prove di resilienza, fatte nelle ore di laboratorio tecnologico, col il pendolo Charpy e non trovavo un nesso logico tra quella che è una prova distruttiva su una barretta di acciaio e i contesti in cui viene ora usata adesso questa parola; poi mi è venuta in soccorso la psicologia (tramite Wikipedia) a spiegarmi che: “la resilienza è un concetto che indica la capacità di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre… ” Ah ora è chiaro: visto che siamo nella merda, facciamo in modo di guardare in modo positivo la mezza botte piena di liquame in cui ci si trova e, invece di affogarci, impariamo a nuotare! Quando sostengo di essere pessimista nei confronti dei miei simili vorrei però precisare che non sto alludendo solo ai politici ma a tutti, nessuno escluso. Per esempio è vero che sul lavoro si continua purtroppo a morire ma io ho fatto per anni il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e non ho mai dovuto discutere col “padrone” per ottenere migliori condizioni nei nostri cantieri; c’erano leggi e norme da rispettare e c’è sempre stata da parte della dirigenza la disponibilità a rispettare in toto le disposizioni in materia. Va detto però che in molte occasioni ho dovuto lottare con alcuni operai che non volevano usare i dispositivi di protezione individuale (qualcuno odiava il caschetto, qualcun’altro le scarpe, altri le imbragature e così via) in un caso ho anche perso la mia battaglia quando uno dei muratori si è presentato con un certificato medico che lo esonerava dall’uso delle calzature antinfortunistiche (per chi non fosse del settore dico solo che la scarpa antinfortunistica è dotata di una lama di acciaio, posta nella suola, per impedire a un chiodo, se calpestato, di trafiggere la pianta del piede e di un rinforzo metallico sulla punta, per proteggere le dita dall’eventuale caduta di oggetti pesanti) insomma quel lavoratore pur di non usare quelle scarpe che lui riteneva scomode ha trovato un medico compiacente e poi se ne veniva al lavoro con le scarpe da ginnastica! Quindi: sul lavoro ci sono molteplici situazioni da valutare, ma è scorretto voler vedere nelle due categorie, padroni e dipendenti, i “cattivi” tutti da una sola parte; è ovvio che il lavoratore dipendente è il più esposto a rischi, ricatti e soprusi, ma sovente, negli infortuni, il lavoratore ci mette anche del suo! Mi ha molto colpito ad esempio, la morte del sindacalista travolto dal camion che cercava di forzare il blocco per uscire dallo stabilimento; adesso molti auspicano che al camionista sia contestato il reato di omicidio volontario (io credo però che se l’investitore avesse immaginato come sarebbe finita, non avrebbe fatto quella manovra assurda) ma di questo se ne occupa la magistratura; io mi domando invece se il tentativo di fermare la marcia di un automezzo con il proprio corpo non sia un gesto più velleitario che eroico e poi, ancora: è giusto bloccare in uno stabilimento un corriere che non è nemmeno dipendente di quel magazzino? Impedendogli di uscire non si è forse commesso il reato di sequestro di persona? Mi rendo conto di dire qualcosa di impopolare ma non sto cercando consensi, cerco solo di vedere la realtà da prospettive diverse. Agire per una giusta causa autorizza ad agire anche contro la legge? La proprietà contro cui veniva fatto il blocco avrà pure avuto i suoi torti, ma la situazione è sfociata poi in una guerra tra poveri e, seppur in modi diversi, ci hanno pesantemente rimesso solamente due poveri cristi. Potrei continuare a lungo con altri esempi ma preferisco cambiare argomento e passare all’aspetto musicale della rubrica, per addolcirmi un po’ la bocca dopo i bocconi amari di poco fa. Solitamente ti propongo brani più o meno famosi ma oggi ho una cosa recentissima: cercando in rete se c’era qualcosa che avesse a che fare con la resilienza ho scoperto questi ragazzi (TBO & Friends) che cantano proprio “Resilienza”. So poco di loro (li conosco da un’ora) ma a questo link ci sono delle info, se ti può interessare: https://myvalley.it/2020/03/la-canzone-nata-in-val-seriana-per-aiutare-lospedale-papa-giovanni/ Il brano che vorrei ascoltassi invece è questo: https://www.youtube.com/watch?v=sDSE6GpIskg Bravi questi ragazzi; testo non banale, musica orecchiabile; un buon lavoro nato, credo, durante il lockdown, e che mi ha fatto provare un moto di commozione pensando a cosa loro dicono, raffrontato a come la penso io. Nel ritornello viene cantato: “E ogni piccola cosa la fa la differenza / Ti pieghi e non ti spezzi, pura resilienza!” Mi piego ma non mi spezzo…. ecco, è questa frase che mi intristisce, perchè se da un lato evidenzia la parte mezza piena di un metaforico bicchiere, purtroppo certifica quello che i signori al potere (presenti e futuri) si aspettano da noi e che credo succederà: senza forse spezzarci, comunque ci piegheremo! E l’avranno vinta loro! È questo pensiero che mi provoca un po’ di amarezza… ma per questi giovani, per il mio e per i figli di tutti noi, spero tanto di essere io a sbagliarmi…
    Voglio evidenziare ancora un verso, stavolta dal brano che hai presentato tu, Gian, che alla luce di quanto abbiamo detto fin qui mi è parso malinconicamente significativo:
    … per sorridere piano
    di esperienze scordate.
    Quanto costa ormai la serenità…

  2. Guido Bertolusso Reply

    Non voglio entrare nel merito delle considerazioni e dei commenti proposti da Gian e Claudio sul lavoro e sulla sicurezza che deve assolutamente avere garantita chi si guadagna il poco pane con la sua fatica giornaliera perché le condivido appieno: non si può e non si deve morire di e sul lavoro!
    E non ci devono essere nemmeno diseguaglianze tra lavoratori e dirigenti.
    In punto di morte, don Lorenzo Milani, il priore cattolico di sinistra di Barbania scrisse nel 1965, oltre alla famosa lettera ai cappellani militari “l’obbedienza non è più una virtù”, (la quale gli costò un lungo processo per diffamazione che si concluse ignominiosamente con la prescrizione in quanto morì prima della fine del processo) che le uniche armi che accettava nobili e incruenti nella lotta di classe erano lo sciopero ed il voto.
    Durante una delle ultime “leopolde” il finanziere amico di Matteo Renzi ( Capo di un Governo mai votato dal Popolo ed esponente della sinistra democristiana!?!), Davide Serra, dichiarava che” lo sciopero è contro i nostri interessi di italiani”, e il suo mentore si prodigò per abolire l’art. 18 con il jobs act che di fatto abbandona i lavoratori sotto costante ricatto.
    Nell’altrettanto famosa “lettera ai giudici” durante lo stesso processo al quale, come detto, non poté partecipare per le precarie condizioni di salute, scrisse una frase a difesa degli orari che applicava nella sua scuola che riporto in quanto a mio parere bellissimo esempio del suo linguaggio:
    ”quelli che stanno in città usano meravigliarsi del suo orario. Dodici ore al giorno, 365 giorni l’anno. Prima che arrivassi io i ragazzi facevano lo stesso orario (e in più tanta fatica) per procurare lana e cacio a quelli che stanno in città. Nessuno aveva da ridire. Ora che quell’orario glielo faccio fare a scuola dicono che li sacrifico.”
    Ma mi ha colpito piuttosto la domanda di Claudio:”agire per una giusta causa autorizza ad agire anche contro la legge?”
    Si!
    E’ disobbedienza civile! In particolar modo nei confronti di una Legge o di un Governo ingiusti.
    Quindi per dare una mia risposta al dubbio di Claudio, senza entrare nella questione secolare del Tirannicidio, (in una società ormai complessa come la nostra di capitalismo avanzato o post capitalismo, il tiranno è spersonalizzato e la sua casta dirigente troverebbe immediatamente il sostituto, e quindi bisognerebbe giustiziare intere classi dirigenti), mi approprio di una frase attribuita a Cicerone:”facciamo la guerra a coloro contro cui nulla può la legge”, ovviamente guerra intesa come confronto civile e politico, ma, e chiudo ricordando dal saggio di Henry David Thoreau “Disobbedienza civile”, colui che ne ha coniato il termine, che un uomo non deve fare tutto, ma qualcosa almeno sì, perché la Storia ci insegna che a volte basta il coraggio di un singolo idealista per schiantare le certezze di un Potere, ma se tutti si vergognano di parlare e hanno paura di protestare lo Stato continuerà imperterrito nel promulgare anche Leggi ingiuste, sbagliate, di parte, di ambigua e faziosa interpretazione da parte della Magistratura, la quale, a partire dalla Resistenza, connivente o obbligata che fosse ha dovuto fare i conti con il Fascismo mai morto e la Libertà democratica mai nata in Italia, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
    Saluto e ringrazio Bradipodiario che mi permette di esprimere liberamente le mie idee,
    Guido

    Post Scriptum: scrivo di Libertà e Disobbedienza civile ascoltando i fatti emersi nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere sul comportamento violento delle Guardie carcerarie, i Superiori, come si fan chiamare i “secondini” sul loro luogo di lavoro, nei confronti dei detenuti, e mi viene una gran voglia di raccontare la fortunatamente brevissima, ma intensa esperienza di vita accaduta circa venticinque anni fa a un piccolo imprenditore artigiano arrestato e incarcerato in attesa di giudizio nel carcere delle Vallette di Torino con l’accusa di corruzione e peculato… Chissà? Potrebbe essere l’occasione per inaugurare la mia rubrica a settembre.

  3. Gian Reply

    In ritardo rispetto al solito ecco le mie risposte agli interventi.
    Hai ragione Claudio quando dici che nella tua esperienza di responsabile alla sicurezza, ti sei trovato di fronte a imprenditori che rispettavano le leggi e a lavoratori che cercavano di arginarle.
    Quando hanno introdotto l’uso delle scarpe antiinfortunistiche in fabbrica, dove lavoravo, queste non erano ben viste da parecchi di noi: c’era chi le tagliava per far prese d’aria, chi non le metteva o chi, come nel caso che tu riporti, chi cercava di portare giustificazioni mediche per non calzarle.
    C’è anche da dire che le prime scarpe erano veramente pesanti e decisamente scomode, a differenza di come lo sono ora, per fortuna.
    Ora i mezzi individuali di sicurezza, scarpe, occhiali e guanti li mettono praticamente tutti, parlando di lavoratori in ditte serie.
    Ma quello che volevo sottolineare era invece di come, oggi, con tutto quello che è successo e con tutte le accortezze e leggi che regolamentano il settore, per il dio denaro ce ne infischiamo della sicurezza, mai come in questi ultimi anni ci sono stati tanti morti sul lavoro e per i motivi che purtroppo ho evidenziato nel mio articolo.
    L’argomento che poi affrontavo era lo sblocco dei licenziamenti e, tanto per citare qualche esempio vi lascio il link di un articolo preso da La Repubblica dove si parla del primo licenziato, un non vedente, categoria che dovrebbe essere protetta
    https://video.repubblica.it/edizione/milano/sblocco-licenziamenti-tra-i-primi-lasciati-a-casa-c-e-un-lavoratore-cieco-avevo-gia-perso-tutto-ma-ora/390693/391411
    Per non parlare poi della vicenda della Gianetti Ruote, azienda con oltre 100 anni di storia, in mano ad un fondo di investimento straniero, che nonostante commesse in essere tali da richiedere lavoro straordinario, ha licenziato tutti i suoi dipendenti a fine turno, con una mail.
    Ecco il link per la lettura dell’articolo
    https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/07/04/news/gianetti_ruote_chiusura_licenziamenti-308874548/
    Da notare che questa ditta è associata a Confindustria, ma di fatto ignora quanto concordato con il Governo e parti sociali, annunci il licenziamento senza ricorrere agli ammortizzatori sociali.
    Sono convinto che la ditta riaprirà sotto altro nome, magari in altra località e con personale assunto con meno tutele.
    Spero di essere smentito, ma ho i miei dubbi.
    Appuntamento a fine mese, magari con qualche buona notizia.

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