Morie Di Memorie

La lettura in Italia non gode di buona salute. Tra i paesi baciati dal benessere siamo ultimi anche nella classifica dei lettori. Però siamo tutti provvisti di dispositivi digitali e anche solo per questo in una certa misura leggiamo. Abbiamo sempre gli occhi incollati sugli schermi dove volenti o nolenti leggiamo. Si leggono i post, si leggono gli annunci, i titoli dei giornali. Si può leggere anche un libro, ma attendo di conoscere qualcuno che abbia letto “I miserabili” di Victor Hugo in digitale. Si tratta di oltre un migliaio di pagine. Se qualcuno lo ha fatto gli farò i miei più sentiti complimenti. La lettura tradizionale intesa come compenetrazione prolungata e ininterrotta nel testo è ancor’oggi compatibile, a mio parere, solo con la carta, perché la carta non è nociva per i nostri occhi come lo è invece uno schermo luminoso a lungo andare. Se poi fossimo dei computer e bastasse scaricare le informazioni nel cervello con un cavetto saremo a posto. Forse il cervello delle nuove generazioni si adatterà, ma è una scommessa e ci vorrà comunque un bel po’ di tempo. Nel frattempo il nostro cervello è come quello dei nostri antenati, non apprende sempre in modo ordinato e lineare, la lettura di un testo lungo e complesso richiede incursioni avanti e indietro, per verifiche, ripassi, conferme, dubbi, collegamenti che ci stimolano delle idee, cosa che nel libro è possibile fare sfogliando agilmente le pagine, mentre nessun dispositivo digitale può eguagliare il libro di carta nella praticità di questa funzione.

Ma in definitiva poi il vero motore della memorizzazione è nella consapevolezza che un concetto che vogliamo ricordare non lo ritroveremo facilmente e quindi sono le nostre risorse cerebrali che dobbiamo chiamare in soccorso, non Wikipedia o Google. Il digitale funziona invece sull’idea che possiamo anche non ricordare, perché arriviamo in un attimo comunque a recuperare quello che ci interessa con un motore di ricerca. La nostra memoria è diventata schiava dell’elettricità, se la stiamo svuotando per affidarci ai dispositivi elettronici. Se così ci piace e ne siamo davvero consapevoli, inutile accalorarsi. Ma di una cosa sono abbastanza convinto e cioè che se le informazioni risiedono stabilmente nel nostro cervello, come un tempo quando a scuola si insegnava l’uso della memoria, le informazioni interagiscono fra di loro creando un valore aggiunto imponderabile. Se sono fuori da noi recuperabili alla spicciolata quando ci servono, non possono interagire nel teatro della nostra mente con le altre e valgono molto meno. Viene meno quel contatto che genera scintille di pensiero e hanno acceso la vertiginosa ascesa verso il progresso dall’alba dell’umanità fino ad oggi. Se fosse così, ecco il paradosso dietro l’angolo. In fondo è stata proprio quella vertiginosa ascesa del progresso che ci ha condotto a questa ultima stazione, che sembra suggerirci, bradipamente: “fermate un po’ l’energia della vostra mente, datevi una calmata”. Questa stazione potrebbe essere dunque un capolinea. Ma dubitare è sempre lecito.

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UMBERTO SCOPA

Foto: Guido Bigotti – Disegno: Umberto Scopa

L’Ago Nel Pagliaio ritorna mercoledì 29 maggio

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