La Mela

di Guido Bertolusso

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La mela è veramente il frutto proibito?

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La Bibbia non specifica mai e nemmeno fa mai menzione della mela come del “frutto proibito”: qualsiasi altro tipo di frutto avrebbe potuto benissimo essere presa in sua vece. E dunque come si è arrivati a identificare la mela come causa scatenante di tutti i mali, ivi compresi i simboli dominanti della tentazione, del peccato e quindi della caduta dell’uomo, sia in ambito religioso che in quello civile?

La mela, propriamente detta, è il falso frutto della pianta del melo “malus domestica”, difatti ciò che noi comunemente chiamiamo mela non è la polpa succosa e dolce che ricopre il vero frutto, il quale, invece è costituito solo dal torsolo con i suoi semi, e la sua coltivazione risalirebbe già al Neolitico; il termine “mela” deriverebbe dal latino tardo “mal”: essere dolce e molle e sembra avere un possibile legame con  “miele” e “malva”.

La mela non fu sempre il frutto povero e alla portata di tutte le tasche come oggi noi la conosciamo e, a volte, la disprezziamo, anzi per secoli è stata un simbolo di ricchezza, seduzione e potere e quindi è abbastanza normale che abbia assunto un ruolo importante in tante storie e nella Storia: da frutto proibito del Paradiso al “pomo della discordia” a simbolo reale fino ad alimento avvelenato nelle favole o a ricerca dell’immortalità nell’ambito della mitologia greca e nordica.

La mela è originaria dell’ Asia centro-occidentale, in particolare fu scoperta nel Kazakistan dove se ne trovarono reperti datati fino a 10.000 anni a.C., e a ciò si deve il nome dell’ex capitale del Paese: “Alma-Ata” (oggi  Almaty), che letteralmente significa “nonno della mela”.

Essa era  piccola e selvatica, piena di semi e di sapore marcatamente acido.

Attraverso le rotte commerciali raggiunse il Mar Nero e le coste della Grecia Antica per raggiungere Roma e l’Europa con le Legioni romane intorno al 100 a.C., dove, attraverso incroci e ibridazioni, aumentò il numero di qualità  e di sapori.

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I Celti la consideravano simbolo di morte e di rinascita e chiamarono “Avalon”: isola delle mele, il loro paradiso; i Teutoni avevano eletto la Dea Iduna a protettrice di mele d’oro capaci di rendere immortali ma, queste, non si trovavano mai e si continuava a morire ugualmente con la pancia gonfia di pomi selvatici: cibo a buon mercato e facile da reperire o rubare, tanto che era usato anche come dieta per i maiali. Ma, comunque, la mela coltivata fu considerata frutto di lusso ed emblema del potere fino all’età Moderna, tanto che il globo con la croce sovrastante simboleggiante la sfera terrestre, il “Reichsapfel” ovvero “la mela dell’impero” era la dimostrazione che il Kaser del Sacro Romano Impero Germanico ne era il padrone assoluto e indiscusso.

Già dal I  secolo d.C. l’uomo iniziò la sua coltivazione in tutta la valle del Reno, in Germania.

Nella cultura greca è divertente pensare che, essendo frutto raro e costoso, nonché considerato afrodisiaco, era richiesta di fidanzamento se, lanciato da un giovane spasimante, veniva raccolto dalla destinataria che, con quel gesto, dichiarava di essere disposta a concedersi: l’importante era avere una buona mira, non sbagliare,  colpendola in testa o colpendo qualcun’altra! Era comunque più a buon mercato di un anello di fidanzamento e, in caso di rifiuto, ci si poteva consolare mangiandola…

Ma guai nello sbagliare mira!

Da comune mela si rischia di farla diventare “pomo della discordia”, il quale, secondo il mito è quella lanciata da Eris, la dea della discordia appunto, sul tavolo dove si stava svolgendo il banchetto per il matrimonio tra Peleo e Teti e che causò una furiosa lite tra le dee presenti  che si concluse addirittura con la Guerra di Troia.

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Così come la mela è divenuta “pomo d’Adamo” perché al primo uomo andò di traverso quella che Eva gli offrì quando si rese conto del “casino” che avevano combinato contravvenendo all’ordine del Signore di non mangiare frutti di “quell’albero”. 

Ad Adamo doveva essere rimasto incastrato nella gola un boccone del frutto proibito, per questo si dice “pomo d’Adamo”, che in anatomia definisce lo scudo di cartilagine più sporgente intorno alla laringe. È visibile solo negli uomini, poiché in essi, durante la pubertà, la laringe si ingrossa, provocando così un tono di voce più basso rispetto a quello femminile.

Dal più semplice e comune dei frutti al “senso figurato” di contrasto e lite tra persone o come termine anatomico più usato ed abusato.

Se la mela più famosa è quella che Eva offrì ad Adamo facendoli così cacciare dal Paradiso, non meno famosa e importante è quella avvelenata che andò di traverso  a Biancaneve (o Nevolina nella prima traduzione in italiano) offertale dalla sua matrigna cattiva e gelosa della favola dei fratelli Grimm.

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Fiaba.

Hai voglia a chiamare favole delle storie intrise di bambine “…bianche come la neve, rosse come il sangue e nere come il legno della finestra!” che quando nacque fu subito orfana perché la madre morì di parto (tragedie dovevano chiamarle, non fiabe!) e così, risposatosi subito il padre, lei si ritrovò con una matrigna che più che quel sostantivo non si poteva adottare per identificarla. Gelosa e invidiosa più vedeva la bambina diventare bella più “prendeva d’aceto” e l’odiava, fino a ordinare a un cacciatore di ammazzarla in un bosco mentre si faceva accompagnare da lei a caccia. Impietosito da bontà e dalla bellezza della bimba il cacciatore non l’uccise, probabilmente, per fortuna di Biancaneve, non era nemmeno un pedofilo, (le fiabe a “luci rose” non esistevano ancora, il maschio non era ancora così evoluto e disinibito),  ma solamente la abbandonò nel bosco tra i pericoli del luogo e alla mercé delle bestie feroci che lui avrebbe dovuto ammazzare: cacciatore si, ma di buon cuore.  E così egli sgozzò un piccolo cinghiale del quale la matrigna mangiò sotto sale polmoni e fegato pensando fossero della povera Biancaneve. Intanto la piccina impaurita e sola nel fitto del bosco, correndo raggiunse una casupola dove entrò per proteggersi e riposarsi: la casina, o il casino, dei sette nani! Mangiò pane e verdura già preparati sul desco e bevve un po’ di vino da ognuno dei sette bicchieri, solo un sorso, ma erano sette… e raccomandasi a Dio, che ne aveva di tanto bisogno, si addormentò, eh ti pare! Rientrati i sette  non la svegliarono, ma passarono la notte a guardarla e a decidere cosa fare di lei: avevano bisogno di una colf:”se vuoi provvedere alla nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e fare la calza, e tenere tutto in ordine e ben pulito, puoi rimanere con noi e non ti mancherà nulla”, ma di soldi neanche a parlarne, nani dal “braccino corto”! e così la ospitarono in cambio dei lavori domestici e del cibo pronto al loro ritorno dal lavoro nei boschi.

I sette nani la misero in guardia dalla Regina, ma questa, convinta di averla mangiata non ci pensava ormai più; se non che uno specchio chiacchierone e impiccione che non rifletteva su ciò che diceva e non si faceva i fatti suoi, all’ennesima vanitosa domanda su chi fosse la più bella del reame si lasciò sfuggire che:”si si  sei bellina, ma di là dai monti hai voglia se ce ne una più bella di te!”

Le escogitò tutte la Regina, e Biancaneve doveva essere anche un po’ tonta da non accorgersi mai che era sempre la sua acerrima nemica quella travestita da povera vecchina: dalla stringa di seta variopinta usata per tentare di strangolarla stretta chissà perché alla vita anziché alla gola, a un pettine avvelenato con il quale le acconciò i capelli fino alla famosa mela velenosissima, ma così bella da non potere non addentare. E fu così che cadde avvelenata. 

Al loro ritorno i sette nani le fecero un accurata autopsia non trovando nulla di sospetto sul suo corpo: “la cara bambina era morta e non si ridestò”. La deposero in una bara di cristallo che fecero confezionare apposta per lei  con su scritto il suo nome e che era figlia di re e la esposero sul monte alle onoranze di uomini e animali mentre uno di loro montava costantemente la guardia.

Passarono giorni e giorni e il suo corpo non si decomponeva né emanava odori sgraditi ai più, neanche un poco… sembrava solo dormire.

Il caso volle che passò di lì un principe necrofilo che prontamente se ne innamorò e tentò di comprare dai nani il pacchetto intero: bara e cadavere; come si sa essi venderebbero anche la madre, loro e di altri, ma questa volta cedettero commossi dall’ardore del principe per quel  cadavere;

i suoi servi malaccorti, nello spostare la bara la fecero cadere e andare in frantumi, ma fortuna volle che il contraccolpo rimosse dalla gola il pezzo di mela che soffocava Biancaneve e lei si salvò.

La morale di questa favola non può che essere che bisogna masticare molto ogni cibo prima di inghiottirlo.

Era pure, la mela, parte anche dei riti della prima notte di matrimonio dove gli sposi dovevano condividere questo frutto per giurarsi amore eterno: “una mela al giorno toglie il medico di torno”, una mela la prima notte di nozze… al vostro buon cuore la conclusione. (Continua)

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Foto: pixabay.com

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Apostata Per Vocazione ritorna lunedì 27 novembre

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3 Comments

  1. Gabriele Monacis Reply

    Guido sei un grande! Non posso tacere! Hai uno stile molto personale ed ironico nel raccontare e commentare le favole con le quali noi, sessant’anni fa, siamo cresciuti. Negli ultimi decenni ormai, i valori granitici, semplici e chiari, contenuti nelle favole dei fratelli Grimm e di altri, ripresi dai film per l’infanzia di Walt Disney, sono stati sostituiti da scialbi, violenti e vuoti filmetti, spesso provenienti dall’estremo oriente. Pellicole di mero intrattenimento, senza contenuti educativi per i piccoli spettatori.
    Se oggi gettassi una mela ad una donna, mi prenderei tre parolacce, o due ceffoni, o un calcio. Non c’è più poesia, non c’è più religione. Forma, profumo, tatto, suono del primo morso, gusto. Me la tengo stretta allora la mia offerta di condivisione del piacere dei sensi. Consiglio di ascoltare, come consolazione del diniego, la canzone di Vasco Rossi “ Un senso “.
    La mela contiene la stella a cinque punte. Se siete bravi, prendetela per il picciolo e tagliatela a metà da sinistra a destra, o da destra a sinistra. Nel torsolo si manifesterà una stella a cinque punte. Il simbolo dell’uomo. Quella figura umana, disegnata da Vitruvio nel I secolo D.C. e che riprodusse Leonardo da Vinci, al quale era ben noto il rapporto aureo 1,618. Rapporto che ritroviamo in molte parti del corpo umano e che generano nell’osservatore l’ammirazione per la perfezione, lo stupore per l’armonia, la contemplazione della bellezza. Fidia nel quinto secolo A.C. lo applicò alle sue stupende statue.
    Torniamo al pentagramma ed alle sue implicazioni matematiche per le quali lascio il campo a Claudio, genio matematico del gruppo.

  2. Claudio Savergnini Reply

    Quandoque bonus dormitat Homerus…
    Mi dispiace Guido, ma è grande la delusione oggi nel leggere la tua rilettura di Biancaneve.
    Stento a riconoscervi l’autore di quella veglia sulla Natività che avevi anche messo in scena con le Guide e gli Scout della Vianney. Una rappresentazione in cui c’eravamo tutti noi della vecchia guardia (gli stessi che, con ruoli diversi, oggi sono qui su Bradipodiario). Tu eri autore e interprete del personaggio principale e c’era Gianfranco, autore di una bellissima canzone, composta appositamente per fare da colonna sonora all’evento; e non mancavamo nè io nè Gabriele, che non avevamo collaborato, però presenti tra il pubblico ad ammirare e commuoverci (e forse a provare un pizzico di invidia per quella tua riuscitissima performance). Stento a riconoscere la bravura di un autore che, in tempi più recenti, ha scritto anche lettere d’amore per conto terzi, come un redivivo Cyrano de Bergerac, personaggio cui ti ispiravi per quelle missive su commissione… Nella nostra cerchia di amici eri ammirato per la tua conoscenza dei classici della letteratura e, per la tua sensibilità e bravura artistica, ti abbiamo sempre riconosciuto un indubbio carisma. Mi spiego solo così l’entusiastico elogio che apre il commento di Gabriele: il fatto di averti visto come una figura straordinaria ha probabilmente fatto scattare in lui il meccanismo per cui, di un mito, si tende a perdonare anche una caduta di stile (o a non percepirla). Sono così severo perchè nella Premessa Generale che apriva la rubrica “Apostata per vocazione” dell’ottobre 2021 tu avevi dichiarato: ” (…) Inoltre la dolorosa situazione delle donne in Afghanistan e delle donne in genere mi ha convinto a mettere in ordine i miei pensieri alla ricerca di capire come la considerazione che la donna ha avuto nei secoli (ma non dimenticherò in futuro tutti gli altri deboli) sia stata codificata e ispirata dall’uomo e per l’uomo, il maschio!”
    Però io, certe attenzioni per i deboli e gli oppressi, non le ho quasi mai ravvisate in tutti i tuoi scritti sul Bradipo. Ci sono state spesso allusioni e/o riferimenti a comportamenti e situazioni che inerivano la sfera sessuale dei primi uomini, dei personaggi biblici, addirittura degli angeli, ma sempre esposti in un modo che lasciava immaginare più compiacimento che non stupore o dissenso. In questo articolo, poi, sei stato politicamente scorretto e molto poco inclusivo, tanto per usare due locuzioni che oggi vanno per la maggiore.
    Nel breve riassunto di una fiaba sei riuscito a citare pedofilia e necrofilia, avanzare il sospetto che quella giovane donna fosse un po’ tonta, che i nani venderebbero la propria madre (e poi, scusa, ma diresti mai ad un uomo un po’ avaro e affetto da nanismo, che ha il braccino corto?). E dicendo che gli abitanti di quel “casino” la sottoposero a “un’accurata autopsia”, non ti sei reso conto che, poichè le autopsie si fanno su corpi completamente nudi, quella frase poteva, dato il contesto, suscitare, più di un pensiero malizioso nel lettore? Tutte queste immagini, te lo concedo, puoi passarmele come immagini spiritose, ma è un umorismo da osteria d’angiporto e non il miglior modo di perorare la causa di soggetti fragili; io ci ho ravvisato più maschilismo e sessismo che altro! Io temo che la tua esigenza di “épater le bourgeois” ti abbia fatto deviare un po’ troppo dalle tue intenzioni iniziali. Lascia da parte le intenzioni da “maudit” e torna presto a emulare Rostand o il suo Cyrano.
    Strappare una risata a tutti i costi non ci rende più simpatici. E poi, se non abbiamo avuto la possibilità di lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato, adesso che ci stiamo dirigendo verso il viale del tramonto, cerchiamo almeno di lasciare immutata l’immagine che di noi si era fatta la gente che ci ha conosciuto.

    Approfitterei ora di questo spazio per ringraziare l’estensore del primo commento di oggi (rispondo a lui per interposta rubrica). L’amico Gabriele si sbaglia di molto nel definirmi un genio, ma, essendo riuscito a carezzare il mio ego, questo errore glie lo perdono. Non posso però sorvolare sull’imprecisione riguardo alla stella a cinque punte che lui ci comunica essere visibile nel torsolo della mela, qualora lo si sezioni come ci descrive. Ho fatto la prova e ciò che risulta può ricordare una stella solo a qualche anima poetica; a me invece, che l’ho osservata con occhio più da matematico, è apparsa una curva “rodonea” di parametro ω = 5 (omega uguale a cinque). Insomma, si vede un piccolo “rosone” e non un pentacolo. Potrei aggiungere altro sulla classe delle curve rodenee, ma sono già abbastanza logorroico a trattare argomenti di cui so poco, figurasi cosa riuscirei a tirar fuori su una cosa di cui sono più informato! Risparmio quindi al lettore che si sia avventurato fin qui, ulteriori delucidazioni di argomento matematico che, oltretutto, non godono in genere di grande popolarità. Rimuginando su figure geometriche e numeri cardinali, mi è venuto però spontaneo collegare certe forme ad alcune quantità e, così facendo, ha preso forma questo mio pensiero: le Brigate Rosse, da quando iniziarono a sparare, hanno rivendicato un totale di 86 morti ammazzati. E sappiamo che il simbolo delle BR era la stella a cinque punte.
    La stella di David invece ne ha sei… vediamo a quanto sapranno arrivare questi altri!

  3. Gabriele Monacis Reply

    Caro Claudio, le stelle sono tante milioni di milioni. Altro che Negroni, o brigate rosse( miserabili assassini), mi riferivo alla stella della Repubblica italiana. Comunque, come si dice, ti conosciamo da decenni e ti perdoniamo tutto. Quelli trascorsi insieme sono stati i migliori anni della nostra vita.

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