E’ Sabato…

di Giuseppe Rissone Giuseppe Rissone


Due sabati completamenti diversi, quando sarà solo il primo a prevalere?
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È sabato, è sabato… Domani niente lavoro forse andiamo al mare… ho preso in prestito un frammento del testo della canzone E’ Sabato di Giorgio Gaber del 1972, tratta dall’album Dialogo tra un impegnato e un so per raccontarvi due piccole storie vissute di sabato.
Sabato uno: puntualissimi mia figlia e il suo compagno sono sotto casa mia, io pronto e con tanto di zainetto zeppo di fogli, direzione Moncalieri, ho appuntamento con il direttore di una web radio, per registrare le prime quattro puntate della mia nuova trasmissione.
Nuova trasmissione? Da quando fai radio? La risposta è semplice, dal 2006, dopo aver sognato sin da ragazzino di potermi trovare davanti ad un microfono. La prima esperienza, condivisa con un redattore di questo sito, Guido Bigotti; poi un susseguirsi di altre trasmissioni, cinque, tutte diverse tra di loro, dai cantautori all’approfondimento, dal cinema alla musica indie, dove solo nel primo caso ho condotto in solitaria, e poi ho sempre avuto validi compagni di viaggio – Gianfranco Gonella, Enea Solinas, Umberto Scopa, Joshua Evangelista, Vincenzo Pace, Ludovico Malisani, Samuele Sbaffi e mio figlio Gabriele – e se siete attenti lettori avete compreso che a noi bradipi piace molto la radio. 
Dopo quasi due anni di forzato stop e su invito di un amico – Fabio Caucino, che ringrazio per avermi convinto dopo la mia iniziale riluttanza – ho ripreso a raccontare storie, perché per me la radio è questo, è un mezzo lento, fa riflettere, evoca immagini. Tutte le mie esperienze sono frutto di idee, di elaborazioni, di passioni, di confronti, trasformate in trasmissioni radiofoniche, non amo molto la semplice conduzione con l’alternarsi di canzoni, mi sembra limitante rispetto a quello che il mezzo può offrire. 
Per questa nuova esperienza ho pensato a qualcosa di molto diverso, maggiormente spensierato e scanzonato rispetto ai programmi precedenti, il titolo è Clic Clac escursioni negli anni ’70 – quelli a cavallo tra la mia infanzia e la mia adolescenza – tra ricordi, racconti e canzoni, in onda su Radio Stella Piemonte ogni mercoledì alle 10:30 ed in replica alla stessa ora il venerdì. Ho pensato al famoso gioco nato nel 1971, che impazzava sulle spiagge e non solo, che ha visto numerosi “feriti” sul campo, il gioco consisteva nel far sbattere le due palline l’una sull’altra in maniera veloce. Generando, appunto il tipico rumore clic clac. Rumore a parte, il problema stava nel fatto che era quasi impossibile che nel vortice del movimento non ci finisse il polso o il dorso della mano o, peggio, qualche dito (ma non erano escluse pallinate sulla cervice) del giocatore , con immaginabili dolori.
Le due ore di registrazione sono trascorse piacevolmente, grazie anche all’aiuto del regista nonché direttore dell’emittente, Gianni Ricci, che ha accettato di farmi da spalla, interpretando un fantomatico regista che emette solo suoni gutturali e poche parole.
E’ visto che amo la radio, grazie all’amico e redattore Guido Bigotti, sono riuscito a portare bradipodiario nell’etere, ogni sabato il sottoscritto, redattori e collaboratori di questo sito si alternano ai microfoni di Kristall Radio di Milano nella rubrica apposita, all’interno della trasmissione A Tempo Di Sport, per presentare, promuovere il nostro progetto, nei suoi vari aspetti. Credo che in questo periodo così buio sia necessario e terapeutico, per ognuno di noi, svolgere delle attività che stacchino dal vivere quotidiano, trovo nella scrittura e nella radio queste possibilità.
E’ come se fossi anche in questo momento davanti ad un microfono vi annuncio e propongo al vostro ascolto Canzoni alla radio degli Stadio che così recita… Che il sasso nel cielo è già una stella cometa forse è proprio per questo che hanno inventato la radio
Sabato due: puntualissimo, quasi…, mio figlio mi attende sotto casa, io pronto e con un foglietto in tasca, destinazione parco del Valentino, ho appuntamento per la terza dose del vaccino anti-covid. Il luogo dove vengono effettuati i vaccini veniva usato diversi anni fa come Luna Park durante le festività natalizie, mi ha fatto un certo effetto rivederlo con le tende blu, usate alcuni mesi fa come ospedale da campo, gli alpini a dirigere il traffico, tutto in un quasi totale silenzio. Un contrasto netto con i suoni emessi dalle giostre, dai baracconi con il tiro a segni, la pesca della fortuna, e dall’immancabile odore di zucchero filato e pop corn.
Le varie operazioni si svolgono in maniera ordinata e ben organizzata, nessuna sbavatura, però non posso che pormi delle domande: come sia possibile che tutto questo sia accaduto, come è stato possibile che un virus abbia sconvolto le nostre vite, domande a cui non riceverò nessuna risposta, ma non posso farne a meno di pormele, mi rimbalzano in testa tutte le volte che la parola Covid entra nelle mie orecchie. E’ una mia ossessione, comprendo, però non avere chiaro come tutto è iniziato, almeno io non l’ho ancora capito, mi inquieta quanto la paura di contrarre il virus, quando non comprendo una cosa impazzisco. 
Guardo, quasi con invidia chi sembra farsi passare questo momento come normale, senza dare l’impressione di avere paura, personalmente ho bisogno di sfoghi per non impazzire, per non entrare definitivamente in un tunnel buio e senza uscita. 
Sono uscito dal padiglione dopo i fatidici quindici minuti, fuori splendeva un bel sole, ho chiesto a mio figlio di portarmi nella mia libreria di fiducia per acquistare due calendari e un libro di meditazioni bibliche edito dall’editrice Claudiana, Un giorno Una parola, per me un buon quotidiano compagno di viaggio dal 2003. La pubblicazione raccoglie testi, meditazioni giornaliere, a partire dal 1731, dalla Chiesa evangelica dei Fratelli Moravi di Herrnhut, Germania, l’edizione italiana è curata dalla Federazione delle chiese evangeliche, essa ogni anno sceglie un versetto che accompagna l’edizione: Gesù dice: colui che viene a me, non lo caccerò fuori. (Giovanni 6,37) Senza volermi addentrare in questioni teologiche, accolgo queste parole come sinonimo di accoglienza, di cui abbiamo notevolmente bisogno, con abbracci, carezze e baci.
È sabato, è sabato, è sabato…
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Piccole Storie Quotidiane ritorna venerdì 18 febbraio
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