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Processi

di Enea Solinas

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Percorsi di partecipazione che determinano cambiamenti

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C’è stato un periodo in cui la parola cambiamenti era inflazione e depauperata del suo portato di senso e persino delle sue contraddizioni. Una delle ideologie politiche che ne ha più abusato è stata quell’area che un tempo si sarebbe potuta definire progressista e socialdemocratica. Probabilmente come proiezione edulcorata di termini più militanti come “rivoluzione” (che bisognerebbe analizzare anche nel suo profilo di ciclicità e non di rottura, ma questo è un altro discorso…) Nonché come lavacro per aver aderito ed essersi contaminata, a partire dagli anni ‘90, di una contraddizione letale e colposa: l’aver perseguito lo sviluppo sociale adottando o assecondando politiche macroeconomiche neoliberiste. Un inviluppo che ha continuato a favorire la lotta di classe dei più ricchi e potenti a svantaggio della maggioranza, la classe media o povera.

Le cronache di questi anni e i dati sull’attuale disparità sociale ne sono una triste conferma.

Ovviamente il discorso è più complesso. Ma questo preambolo è per partire da un dato di realtà: oggi le organizzazioni che operano nel sostegno sociale, il mondo del terzo settore, è co-ordinato da influenze (e possibilità) garantite non più di tanto dalle istituzioni ed enti pubblici, ma dal supporto di fondazioni bancarie, se non addirittura da politiche private di comparti della finanza che s’interessano alle questioni sociali.

Un mondo sospinto a gareggiare e competere seguendo logiche di mercato, che tutela beni e servizi (per esempio forme di ammortizzatori sociali) e offre sotto l’aspetto culturale un tessuto di cooperazione e mutua assistenza volto anche a pratiche di empowerment (riconoscimento di capacità, più che potenziamento; il termine inglese è ingannevole) e di coltivazione di beni immateriali, quali relazioni e appunto partecipazione.

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Chiarito questo, per non ingannarci sul recente passato e sul presente, le organizzazioni dell’ambito sociale sono protese a lavorare su progettualità che producano un cambiamento effettivo e abbiano un impatto sociale.

Forme di autodeterminazione condensate da questa processualità o in grado di garantirsi margini di prospettiva. La comunità del dono è un esempio di progetto, interno al più ampio contesto del progetto delle portinerie di comunità e dei presidi culturali.

Qui si tratta di interventi volti a migliorare le condizioni di una comunità presente e a ri-territorializzare (direi quasi basaglianamente) i servizi, fuori da inviluppi virtuali, illusori e da burocrazie e automatismi relazionali. Creare nuove opportunità, condividere criticità, porsi obiettivi comuni, migliorare e garantire l’accessibilità e l’autonomia per soggetti fragili sotto vari punti di vista.

Uno degli orizzonti di queste iniziative è fondata proprio su un mutuo riconoscimento, che in realtà è un recupero. Quello della tutela e cura degli spazi e beni comuni.

Politiche effettive dal basso, che attraverso processi di partecipazione sollecitino l’istituzione pubblica a farsi coinvolgere in questo stesso obiettivo. Ahi, quanti paradossi e quanti disastri del progressismo. Siamo giunti a questo. Ma insomma, tra i cardini del futuro della democrazia Norberto Bobbio individuava la corresponsabilità del partecipare in più luoghi esprimendo la propria posizione e convinzione, non limitandosi ad un agire solo nel giorno delle elezioni. Le quali dovrebbero essere esempio di rappresentanza consapevole e di mandati diretti, ma anche qui la si è menata per anni sulla democrazia diretta e nel frattempo le leggi fanno sì che la rappresentanza riceva la delega in bianco per una cooptazione.

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Non stupiamoci se il partito di maggioranza relativa è l’astensionismo. Mamma mia che incubo questi cambiamenti.

Sta di fatto, per continuare ad essere gramscianamente pessimisti nella ragione e ottimisti nella volontà, che su 3 portinerie nate come si è detto da una progettualità che fa buon viso a cattivo gioco, 2 sono già diventate oggetto di Patti di collaborazione con il Comune di Torino. È l’orizzonte che si prospetta anche per la portineria circolo. In borgo San Paolo, si stanno riunendo a poco a poco diversi enti e associazioni operative nel quartiere e in città, per conferire nuovi obiettivi e statuti a un luogo che non è riducibile a un mero spazio, ma come insegna Marc Augé è tale perché animato da relazioni e azioni che contribuiscono a cambiarlo.

Occorre avere chiara l’elasticità di tempistiche e di obiettivi che richiedono un attivismo e appunto un’assunzione di responsabilità condivisa.

Ma se un tempo questo sentire era più diffuso (magari mi sbaglio e idealizzo) oggi è il processo che deve essere continuamente essere tenuto in considerazione.

E la premessa è anche quella storica, che fa i conti con nuove marginalità, diverse fragilità e tenta non solo di fare il possibile per far di necessità virtù, ma di riconoscere queste caratteristiche (strutturali alla condizione umana prima che sociale) una risorsa. Non da sfruttare ma da considerare preziosa e non costretta a immobilismo e assenza di prospettive, dunque piegata al pietismo e al paternalismo che fa tanto comodo ai più conservatori e reazionari (oggi guarda caso al governo).

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Non facciamoci ingannare dalla costruzione di nemici esterni o interni a cui addossare e attribuire colpe per certi disastri. Non facciamo gli autoindulgenti, ma tentiamo di risignificare questo termine Cambiamenti in modo se possibile virtuoso e concreto

Piccoli cambiamenti e per usare un altro slogan fermamente divergente rispetto alla tendenza predominante, con un agire locale e un pensare globale. Considerando gli aspetti storici come determinanti non occlusivi o scoraggianti.

Una sfida che può essere superata.

Un cambiamento e riconoscimento che può radicarsi e restituire alla cittadinanza ciò che è vivo e presente e di cui si fa carico proprio in virtù di questi processi.

I presidi culturali e le portinerie di comunità non sono che un esempio. La risonanza e l’interesse che hanno suscitato in varie altre città italiane, è la dimostrazione che le caratteristiche con cui sono state immaginate rispondono a bisogni e desideri reali e attuali, diversamente da altri progetti che non sempre hanno ottenuto i cambiamenti che si auspicavano e sono rimasti talvolta un po’ impaludati.

Quando sei nel pantano, cammina come se risalissi le scale all’indietro. Torna sui tuoi passi e ascendi andando un po’ a ritroso ma guardando avanti. Le sabbie mobili non inghiottono mai una persona fino a sopraffarla. È una finzione derivata dall’immaginario hollywoodiano. Sono debitore di questa conoscenza ad Alberto Angela, che ha sfatato una superstizione. Valga anche come metafora. In ogni caso: ¡hasta la victoria! Alla prossima.

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Fotografia: pixabay.com

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Il Piccolo Diario Di Portineria ritorna lunedì 22 maggio

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3 Comments

  1. Enea Solinas Reply

    Grazie Fedora, anche per la condivisione che promuove Bradipodiario in altri contesti.
    Al di là dell’analisi, spero di aver reso l’idea della consapevolezza storica, dei limiti e delle possibilità conseguenti, che condizionano il mondo che opera nel sociale che resta però uno dei campi più fecondi per coltivare la solidarietà e la sobrietà, in modo responsabile. Oggi è quanto mai una questione di necessità e di resistenza.
    Buon 25 aprile!

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