Arte

1660: Carlo II torna a Londra dopo otto anni di esilio in Francia… una delle prime cose che fa è quella di visitare la casa di un artista: Samuel Cooper. L’arte è uno strumento perfetto del controllo delle masse, ma può essere anche un volano delle lotte popolari…

Macchina del tempo, 1660. Inghilterra. Carlo II torna a Londra dopo otto anni di esilio in Francia. Per attraversare la città a cavallo impiega sette ore: le vie sono piene di gente. I mercanti vendono ferraglie, uova e oggetti in legno; gli animali occupano le strade ma, soprattutto, il popolo è festante: il ritorno del monarca farà cessare il dispotismo di Cromwell.
Ma Carlo ha poco tempo da perdere, non può fermarsi a salutare i suoi sudditi. C’è molto da fare: deve creare un nuovo governo, incontrare il nuovo parlamento e in generale assicurarsi di non venire decapitato come suo padre Carlo I. Eppure, a sorpresa, una delle cose che fa Carlo è quella di visitare la casa di un artista, Samuel Cooper.
A prima vista questa visita è molto strana. Di solito sono gli artisti a visitare i monarchi, non il contrario. E poi c’è un altro dettaglio: il terribile despota Oliver Cromwell, l’uomo che aveva ordinato l’esecuzione di suo padre Carlo I e lo aveva costretto all’esilio, era stato il più grande mecenate di Cooper. Perché andare dal pittore del nemico, per giunta come prima visita ufficiale dopo otto anni di assenza?
Cooper era il miglior ritrattista della terra e Carlo aveva bisogno di lui. Non bastava la folla esultante, a livello visuale e simbolico il paese era ancora una repubblica. Il regime di Cromwell aveva cancellato ogni segno del potere del suo casato. Così Carlo, prima di incontrare parlamento, ministri e ufficiali, si fece fare un ritratto. Il primo di una lunga serie. Doveva ricreare i simboli da cui dipendeva la sua autorità reale. Per farlo, aveva bisogno di artisti. Dei migliori artisti. Ogni grande uomo di potere ha sempre utilizzato l’arte e la cultura in generale come strumento di esercizio del suo potere.

È sempre stato così: l’arte è un veicolo privilegiato per celebrare una vittoria militare, magnificare un sovrano, esaltare le doti contrattuali di un ricco mercante. Dagli egizi che utilizzavano le piramidi a memoria eterna alla famiglia Medici che consolidò il proprio potere con il mecenatismo, portando nella Firenze rinascimentale le migliori menti del tempo.

Del resto l’arte è uno strumento perfetto di controllo delle masse: incute timore oppure fiducia; devia la rabbia e le frustrazioni dei popoli dal sovrano al circense.

Crea cattivi: si pensi al cinema statunitense e di come ha dipinto pellerossa, giapponesi, sovietici, iraniani, arabi, a seconda di chi fosse il nemico di turno. Ma noi europei non siamo dispensati: chi di noi non ha in mente i video propagandistici che spettacolarizzavano la potenza nazista, oppure i servizi realizzati dallo Studio Luce sulle imprese italiane in Africa e Albania. Nel frattempo, oltreoceano, Paperino fu arruolato per combattere Hitler e Mussolini, in merito potete vedere questo breve video Der Fuhrer’s face, del 1943.

E oggi? Gli strumenti di manipolazione del consenso sono diventati sempre più raffinati. Roberto Gramiccia, studioso della materia, ha scritto che la mercificazione dell’arte grazie all’iper-tecnica e all’iper-comunicazione produce di fatto un evento senza precedenti: il suo congedo dalla realtà .

Eppure l’arte può essere anche volano di lotte popolari e di cambi di potere, oltre che uno strumento per mostrare le sfaccettature più basse e contraddittorie dello stesso. Qual è lo scopo e l’impatto dell’arte di protesta? Come ha scritto Adorno, “tutta l’arte è un crimine non commesso”, nel senso che l’arte sfida lo status quo per sua stessa natura. Affrontando le questioni socio-politiche e sfidando i tradizionali confini e gerarchie imposte da chi detiene il potere, l’arte può aprire lo spazio affinché gli emarginati possano essere visti e ascoltati.

Come non citare il Guernica di Picasso, che nato come denuncia della Guerra Civile Spagnola si è trasformato in un inno anti bellico? E che dire Chris Burden, che con la sua body-art, ferendosi invitava il pubblico a prendersi delle responsabilità?

Come disse Nina Simone, “come puoi essere un artista e non riflettere i tempi”?

JOSHUA EVANGELISTA

Foto: Guido Bigotti – it.wikipedia.org

Potere e… ritorna martedì 24 marzo

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