Riflessioni
Di Un Quasi Pensionato

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Oltre che osservare i cantieri ci sono altre mille cose che un pensionato può fare…
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Da circa due mesi sono autorizzato a passare le mie giornate guardando i cantieri, attività che pare sia prediletta dai pensionati, maschietti per la precisione. Tecnicamente non sono un pensionato, lo sarò tra poco più di anno, di conseguenza sono autorizzato a recarmi nei cantieri solo per una parte della giornata… Battute a parte devo dire un no grazie, con tutto il rispetto per chi predilige quest’attività, forse diventata più leggenda metropolitana che vera passione dei pensionati.
Prendendo per buona la cosa, mi rivolgo ai pensionati amanti dei cantieri.
Carissimi, essere liberi da impegni lavorativi, ed essere in buona/discreta salute, vi da la possibilità di svolgere una miriade di attività. Fatevi una semplice domanda: qual’è la mia passione o quali sono le mie passioni? Tramutate la risposta in qualcosa di concreto, non credo ci sia nulla d’impossibile, troverete sicuramente qualcosa/qualcuno in grado di rispondere al vostro desiderio.
Ho diversi amici in pensione, e nessuno di loro guarda cantieri, anzi, molti mi dicono di essere super impegnati, di recente ho incontrato un mio ex collega che seppur avendo superato i sessanta, gioca a basket, balla, va sui pattini e vuole entrar a far parte della Protezione civile.
Cosa faccio nella parte della giornata da “pensionato”? Come prima cosa non mi annoio, evito un lungo elenco, ma posso dirvi che scrivo, svolgo attività nella chiesa valdese, mi dedico al progetto di questo sito, passeggio, incontro amici. Devo chiarire da buon bradipo, che non vorrei che passasse il messaggio riempi la tua giornata di cose da fare, è necessario – e non solo per i pensionati – dedicare del tempo al dolce far niente, alla lentezza, e occuparsi di se stessi.
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Francesco Guccini nella canzone Il Pensionato riferendosi al vicino scrive Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo… ecco non sprecate il vostro tempo – e questo vale anche per chi non è pensionato – perché sinceramente mi sfugge l’ansia di chi alla soglia del pensionamento dice… oddio adesso che faccio? Cosa faccio? Guardati intorno, nel tuo quartiere, nella tua città, troverai di sicuro qualcosa che fa per te.
Siamo in un paese dove i pensionati sono un numero elevato, secondo l’Inps al 31 dicembre 2021 erano 16milioni, circa il 25% della popolazione italica, non credo che la soluzione sia quella di procrastinare l’età pensionabile – vedi la Francia – ma ripensare tutto il sistema lavoro, con l’accorciamento dei giorni lavorati, delle ore settimanali, di un adeguamento degli stipendi, di evitare che un lavoratore diventa un algoritmo e dando a chi ha già dato molto la possibilità di iniziare a respirare, e non mi dite che non ci sono i soldi per fare tutto questo, è una questione di volontà politica e industriale.
Sarà un mio tarlo ma alla frase non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere, vorrei contrapporre una mia versione: non si deve mai vivere per lavorare e nemmeno lavorare per vivere, il “lavoro” deve essere sempre un’attività che ci faccia sentire essere umani e non macchine. Facile da dirsi, difficile da farsi, però trovo insano non provarci, in soccorso mi viene il libro Ma chi me lo fa fare? di Andrea Colamedici e Maura Gancitano, dal sottotitolo Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo. Scritto non da due pericolosi agitatori – come potete ben comprendere leggendo le loro biografie – nel presentarlo gli autori sostengono che: La risposta che vorremmo offrire in questo libro è netta: bisogna partire dal ripensare radicalmente il concetto di ‘lavoro’. Capire come lavoriamo, quando lavoriamo, dove lavoriamo. E, soprattutto, perché lavoriamo. Osservare in che modo abbiamo trasformato un potenziale strumento di liberazione nella più sottile e pervicace forma di schiavitù mai apparsa sulla Terra. Sembra impossibile fare del lavoro, che oggi è una vera e propria tortura di massa, un modo per imparare a decrescere e convivere. Eppure è l’unica strada per non autodistruggerci in una manciata di anni.
Lascio a voi riflettere su quanto sostenuto dai due filosofi, che mi sento di condividere – con tutto il rispetto per chi svolge lavori pesanti, alienanti – nel mio piccolo proseguo nella strada, difficoltosa, irta e con problemi non semplici, di non lavorare per vivere, ma lavorando per più passioni, che mi fanno sentire un essere che pensa e decide, e non è solo un numero da sfruttare e poi da gettare via.
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Foto: Giuseppe Rissone
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Piccole Storie Quotidiane ritorna mercoledì 19 aprile
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2 Comments

  1. Iolanda Reply

    Sono felicemente sorpresa ogni volta che scopro quanto altri facciano propri i miei pensieri e soprattutto quando condivido l’amore per la libertà, forse poca ma anche infinita che riusciamo a creare e immaginare pur essendo impegnati per un tempo che sembra infinito nel lavoro quotidiano

  2. Giuseppe Reply

    Sono anch’io felicemente sorpresa di leggere il tuo commento. Ti ringrazio e ti auguro giornate di libertà.

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