Ghiannis Ritsos
Un Canto Epico Da Riscoprire

di Caterina Odennino

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«Lo so, ciascuno cammina solo verso l’amore,/solo verso la gloria e la morte./Lo so. L’ho provato./Non giova a niente./Lasciami venire con te.»

 

La sonata al chiaro di luna [1956], in Quarta dimensione, vv. 33-36

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Il tempo, inteso come costante e come flusso il cui continuo movimento è in grado di creare una dimensione in cui possono accadere dei misteriosi incontri.

Un poetare epico e teatrale, che rende il mito vivo come nel canto di Crisòtemi, la figlia di Agamennone, la dimenticata:
Com’è che si sono ricordati di me? Nessuno si ricorda mai di me. Nessuno
si è mai accorto di me. Non che mi lamenti. È andata bene così,
anzi, forse anche meglio.
Sapete, col passare del tempo
ogni cosa, per quanto amara o orrenda, ci sembra indispensabile,
perfino utile e bella. E questa rude montagna sopra di me,
era una compagnia – una protezione, quasi – mi vestivo della sua ombra.

 

Nato nel Peloponneso, nella Monemvasià, un’antica fortezza veneziana, Ritsos rimase fedele per tutta la vita ai suoi ideali di libertà e di giustizia sociale attraverso il mito e la storia sostenendo l’esigenza della memoria storica. Ha lasciato oltre centocinquanta raccolte di versi, drammi, prose, saggi.
A testimonianza di una fede incrollabile nella poesia.

La strada in cui si trova la sua casa, a Karlòvasi, si chiama da anni “odòs Ghianni Ritsou”, via Ghiannis Ritsos.

 

Le raccolte, di contenuto sociale, sono entrambe caratterizzate — come ha evidenziato Nicola Crocetti — da una forte «ispirazione umanitaria».

 

Disse: Credo nella poesia, nell’amore, nella morte, perciò credo nell’immortalità. Scrivo un verso, scrivo il mondo; esisto, esiste il mondo»

 

Ma chi è Ghiannis Ritsos.

Un uomo, poeta, scrittore, ballerino, comunista che si espone per difendere e scrive.

Scrive dei suoi amori, delle sue lotte, del suo dolore, della sua nostalgia e della sua disperazione.

Un poeta avvolgente, un audace scrittore di metafore, non sempre e soltanto alla ricerca di uno spazio riservato alla poesia come atto civile e di lotta sociale, ma si rivolse anche alla natura, che pervade e avvolge le donne e gli uomini del mondo quasi involontariamente e malgrado tutto. Nonostante tutto.

 

Ritsos è considerato uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo, insieme a Konstantinos Kavafis, Kostis Palamas, Giorgos Seferis, e Odysseas Elytīs. Ritsos è stato proposto 9 volte, senza successo, per il Premio Nobel per la Letteratura. Quando il poeta vinse il Premio Lenin per la pace, assegnatogli nel 1975-76, egli dichiarò che “questo premio è più importante per me rispetto al Premio Nobel”.

Visse la politica a sinistra accanto al partito comunista greco e la sua poesia è stata spesso vietata in Grecia durante le fasi di regime autoritario.

 

Vive di lotta per difendere gli ultimi e la sua ideologia lo porta in carcere. Si espone in prima persona e sbandiera i propri versi a difesa di chi è oppresso.

 

Per vari anni il suo nome è fra i candidati al Nobel: «La sua smisurata produzione, essenzialmente di natura lirica, è un’appassionata affermazione di speranza, un ardente atto di fede nel potere di riscatto e di immortalità della poesia», scrive Nicola Crocetti.

Nel buio della disperazione, nel buio dei manicomi, Ritsos infonde il vento della poesia, ”fare poesia” per Ritsos era “testimoniare” ovvero svegliare le coscienze; per il poeta il concetto di testimonianza si caratterizzava in due momenti: un momento per la ricerca sulla questione del posto dell’uomo nel mondo e di fronte alla morte e dei rapporti dell’uomo nel mondo e un secondo momento per la ricerca poetica, la questione dell’arte e della sua tecnica, “come spazio equivalente ma anche singolare di una ricerca sociale, ontologica ed espressiva”. Da qui il forte riferimento al “perseguimento della giustizia”. La giustizia fu un tema indubbiamente segnante l’opera di Ritsos. Senza giustizia sociale, senza un obiettivo peraltro umano di elevazione di qualsiasi forma di eguaglianza e libertà, nulla poteva essere perseguito; la sua giustizia, risiede in un recondito senso di umanità che si incrocia con una ideologia di tipo politico che ha origine e giustificazione nella sua sedimentata militanza nel Partito Comunista greco. Il governo in essere, non sopportò l’antagonismo di un poeta e intellettuale così convinto e determinato nelle sue azioni di oppositore al regime. La storia greca registra, dunque, uno spazio di conflitto estremo per lo stesso Ritsos. Un esempio fu l’attività poetica di Ritsos che rappresentò la rivendicazione delle istanze democratiche e sociali di intere comunità popolari nel mondo.

 

“Rimani. Resta qui. C’è calma, una calma profonda; /quasi una felicità, come se fosse finita la mutevolezza /o come se il mare si fosse assunto anche il nostro movimento; /e noi, da questa finestra, possiamo osservarlo /senza rischio, anzi quasi incantati /da tutte queste mutevoli forme d’acqua, /da queste grida anodine, dai rumori immotivati, /dai colori pericolanti, dai riverberi, dai mutamenti improvvisi, /disinteressati, persino compiaciuti della nostra conoscenza /sull’immutabilità dell’acqua sotto i gesti /assordanti e minacciosi dei venti. Rimani.”

Sono parole tratte dal poema “Il guardiano del faro” canto del mare, ai suoi colori e movimenti in armonia con i sentimenti degli esseri umani. La narrazione del poema, recita i territori dentro di noi. Un mutamento immobile nella quotidianità.

 

In questo straordinario moto il poeta introduce la dimensione del silenzio in contrapposizione ai rumori:“Tra poco, sotto la frammentazione dei rumori, distinguerai /l’umile, indivisibile silenzio. Ti sembrerà una cortesia nei tuoi confronti./Soprattutto quando fa sera/e la stanza odora di salmastro, di petrolio e fumo –/(un profumo intensissimo di alghe, vento e quiete domestica,/assieme al respiro caldo del caffè e all’infinita raucedine dell’orizzonte),/in quel momento ti pare di trovarti in una comoda, solida cavità sferica, scavata nell’inutile frastuono,/e ogni tanto, dopo uno schianto più forte, avverti una splendida esitazione,/come se nel sonno una mano amorosa ti urtasse senza svegliarti /dandoti nel contempo la sensazione di quiete del sonno/e della mano amata. Sì, rimani.

Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo
mi chiederanno la loro voce un giorno, quando te ne andrai.
Ma io non avrò più voce per ridirle, allora. Perché tu eri solita
camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto,
gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi le mani
sulle ginocchia, mettendo in mostra provocante
i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così – dicevi;
ricordarmi così, coi piedi sporchi; coi capelli
che mi coprono gli occhi – perché così ti vedo più profondamente. Dunque,
come potrò più avere voce. La Poesia non ha mai camminato così
sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso.

 

Ghiannis Ritsos da Erotica (Crocetti, 1981)

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Le poesie di Caterina

 

Ma che dire del giorno

di mare e di foglie

e colori impavidi

sulla pelle?

 

Di foglie di mare

sull’onda calda dei pensieri,

incostante nastro verde

tra le ciglia.

 

Un applauso di cielo

tra le gocce di pioggia,

cristalli blu sul cuore.

a segnare la croce.

 

Cristallo rosso sulla fronte

un laccio con l’universo.

Foto: nuoviargomenti.net

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