The Only Band That Matters

di Andrea Sbaffi Andrea Sbaffi

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The Clash, Festa Nazionale dell’Unità (Roma, 7 settembre 1984)

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The Only Band That Matters: L’unico gruppo che conta!

Questo era l’epiteto che ha accompagnato i Clash durante la loro carriera: dall’esordio nel 1977 fino almeno all’ultimo album, con la formazione al completo, nel 1982.

Ma in quell’estate dell’84 di certo ancora non lo sapevo….

In quegli anni, infatti, senza la rete globale di internet e l’e-commerce, si cercavano le novità musicali in selezionati negozi di dischi, che proponevano le nuove uscite dal Regno Unito e dagli States (nutrendo la nostra voglia di stimoli ed emozioni), che scambiavamo per riversarle su cassette, non potendoci permettere gli LP, spesso acquistati a rotazione e passati di mano in mano.

Il movimento Punk era esploso qualche anno prima, alla fine del 1976 con Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols, sancendo la volontà di contestazione rispetto alla proposta dei supergruppi rock, capaci sì di riempire gli stadi, ma spesso ormai lontani dalla sensibilità delle nuove generazioni.

Bologna, in quegli anni, era una fucina di sperimentatori come gli Skiantos, i Gaznevada, i primi CCCP, e tanti altri (forse ormai dimenticati…): per noi adolescenti, il richiamo dell’espressione musicale diventava sempre più forte, a prescindere dalle capacità tecniche o da qualunque progettualità. La musica era un’istanza, da far esplodere in ogni modo possibile, troppo spesso in sale prove di fortuna, ricoperte di cartoni delle uova, come improbabili fonoassorbenti. Molti di noi suonano da allora, e magari sono anche diventati decenti musicisti…

In questo scenario, i Clash sono stati un punto di riferimento imprescindibile, non solo per quanto hanno rappresentato nel panorama musicale, grazie alla capacità di coniugare diversi generi e tracciare una linea innovativa e trasversale, ma soprattutto per il messaggio interculturale che sono riusciti a trasmettere.

Diceva Joe Strummer: “Penso che la gente debba sapere che noi dei Clash siamo antifascisti, contro la violenza, siamo antirazzisti e per la creatività. Noi siamo contro l’ignoranza”, aggiungendo: “The future is unwritten”, il futuro non è scritto!

I Clash nascono a Londra alla fine del 1976 dall’incontro di due ragazzi, Mick Jones e Paul Simonon, che con il supporto del manager Bernie Rhodes, si affacciano sullo scenario punk e riescono a reclutare uno dei più promettenti frontman sulla scena: Joe Strummer (pseudonimo di John Graham Mellor), attivo e già piuttosto conosciuto con la formazione degli 101’ers.

A loro si unì inizialmente il batterista Terry Chimes e, prendendo possesso come sala prove di un edificio abbandonato (rinominato Rehearsal Rehearsal, “Prove prove”….), diedero vita in pochi mesi al primo album omonimo The Clash, pubblicato nel 1977.

Sostituito Chimes con il talentuoso batterista Nick “Topper” Headon, che aveva rischiato di non essere ingaggiato a causa della sua formazione jazz (i suoi batteristi di riferimento erano Buddy Rich e Bully Cobham!), intraprendono un percorso di contaminazione inedito per il movimento punk e per il panorama musicale del periodo: dopo il secondo album Give’Em Enough Rope del 1978, vede la luce il 14 dicembre 1979 l’album London Calling, considerato dalla rivista Rolling Stone come il miglior disco degli anni ‘80.

London Calling è un album doppio e si caratterizza per 18 tracce, più la “ghost-track” Train in Vain, mature ed eterogenee, spaziando dal punk-rock al reggae, fino ad influenze jazz, dub in embrione e brani quasi disco.

E’ certamente l’album della maturità, che consacra il gruppo agli occhi del grande pubblico e apre loro le porte del mercato statunitense, piuttosto riottoso ad accogliere le nuove proposte inglesi.

L’album successivo Sandinista! è addirittura un triplo, registrato in gran parte a New York, che il gruppo pretese però di mettere in vendita come un doppio, nel quale proseguono le contaminazioni e si allarga ancora il raggio della ricerca.

L’ultimo album con la formazione al completo è Combat Rock del 1982, il loro album più venduto, grazie anche a brani che divennero vere e proprie hits, come Should I Stay or Should I Go o Rock The Casbah.

Ma le tensioni interne, causate principalmente dallo scontro fra personalità così forti e diverse come quelle di Jones e Strummer, oltre che dalla dipendenza dall’eroina del batterista Topper Headon, esplosero nell’anno successivo: dopo Topper, anche Jones fu cacciato dal gruppo e la formazione cambiata per l’ultima volta, con l’inserimento di Pete Howard alla batteria e di Nick Sheppard e Vince White alle chitarre.

E’ questa la formazione che ho visto nel Out of Control Tour, che approdò a Roma il 7 settembre 1984 (l’immagine è la scansione di quel biglietto!).

Avevo purtroppo perso, per evidenti ragioni anagrafiche (avevo solo 11 anni…), lo storico concerto gratuito in Piazza Maggiore del 2 giugno 1980, e decisi di andare alla Festa dell’Unità, che ospitava l’evento, solo pochi giorni prima: non ero mai stato ad un concerto da solo e, per strappare il permesso (da quindicenne…), fu provvidenziale il fatto che i miei nonni vivevano a Roma e la disponibilità proprio di mio nonno Giovanni a venirmi a prendere dall’altra parte di Roma  alla fine del concerto…

La scaletta conteneva la maggior parte dei brani più significativi, la trovate qui e non avrei potuto immaginare un “esordio” nel mondo dei Live migliore di questo: la folla, l’attesa, le chiacchiere con sconosciuti, ma con incredibili punti di contatto e la stessa voglia di comunicare e partecipare ad una festa, sono situazioni e sensazioni scoperte quel giorno e che si sono ripetute tante volte nel corso degli anni.

L’autunno successivo, iniziai a suonare la batteria e, non potendo permettermi di andare a lezione da un maestro in carne ed ossa (ed onorario…), individuai nel buon vecchio Topper l’ideale sostituto: in pochi mesi, imparai tutto l’album London Calling, partendo dal brano omonimo e via via tutti gli altri: Brand New Cadillac, Jimmy Jazz, Hateful, etc. etc. fino a Train in Vain.

Mettevo in cuffia il disco e iniziavo dal primo brano: finché non ero in grado di suonarlo tutto, non passavo al successivo.

Questo percorso di formazione mi è stato utilissimo in tutte le esperienze musicali successive, ma ha trovato il miglior approdo quando nel dicembre 2019, in occasione del 40° anniversario della pubblicazione di London Calling, abbiamo deciso con la band in cui suono attualmente a Torino, i Brixton, di proporlo dal vivo in versione integrale, coadiuvati da una fantastica sezione fiati e da tanti ospiti, nelle ultime serate Live prima della pandemia.

Avevamo in programma tante altre date e mi dispiace che quell’esperienza si sia dovuta forzatamente concludere, ma devo confessare che suonare dal vivo tutto l’album è stato quasi catartico: la chiusura di un cerchio iniziato nel lontano 1984.

Appuntamento fra un mese, con il prossimo articolo: Live AID (Londra & Philadelphia, 7 luglio 1985).


Io C’Ero ritorna venerdì 31 dicembre


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