Tanto Fumo E Niente Arrosto

In un tempo lontano dalle mie parti si respirava molta più allegria. Poi ci hanno portato via la canapa. E questa è la sua storia.

di Umberto Scopa Piccolo Inventario Sentimentale Degli Oggetti

Perché questo incipit. C’è forse uno spiraglio per allentare la mestizia corrente? L’animo si dibatte in questa spasmodica ricerca, ed ecco che sbuca il pensiero sulla canapa. State già pensando male, ma io ci ho messo del mio, fa parte del gioco. Dunque la canapa. Ma figurati se non possiedo guarda caso proprio un francobollo, quello della foto, sull’argomento canapa! Francobollo non raro, di certo nulla valente, ma portatore di una storia tortuosa e dimenticata. Nell’immaginetta del francobollo vedete una contadina. Lei è ferrarese come me, fidatevi, dietro di lei si vede l’Abbazia di Pomposa. Non è una turista che può venire da ogni posto, è una contadina e se guardate bene sta coltivando la canapa, c’è anche scritto sul francobollo in basso. Già, ma perché mettere questo in un francobollo, vi chiederete. È presto per rispondere, andiamo con ordine e lo scoprirete.

Fino al primo dopoguerra nel ferrarese, ma forse anche altrove, c’era canapa coltivata dappertutto. Trentamila ettari dicono le fonti. Prima di essere additati come precursori di mode sessantottine sappiate che non si trattava della famigerata canapa indiana nota come cannabis, ma una sua parente. Però questa parentela qualcosa significava se è vero che i fumi della nostra canapa erano comunque inebrianti, anche se non proprio come quelli dalla cannabis. Solo che fumarsela non era conveniente. Già perché serviva per tante cose che venivano prima. Si producevano con la canapa reti da pesca, vele per imbarcazioni, tappeti, e tanti altri utensili essenziali. C’era la fame, tanta, e non ti conveniva fumartela quella canapa, perché se te la fumavi poi non mangiavi. Però dopo aver mangiato, perché con i proventi della canapa mangiava un intero popolo di lavoratori, rimanevano nei campi cumuli di residui della sua lavorazione. Ora, non so da voi, ma dalle mie parti i contadini sono dei piromani, hanno la mania di bruciare tutto. Dunque perché non bruciare quei residui ammucchiati? Così poi ci pensa il vento a disperdere tutto e si prende lui tutta la fatica. E allora brucia di qua, brucia di là (trentamila ettari!), tutti nello stesso periodo dell’anno ovviamente, e il vento porta sulla città queste nuvole di fumo inebriante.

Insomma sulle prime qualcuno voleva protestare, ma poi finivano tutti a ridere, magari del niente. Mascherine allora manco per idea, perché poi sprecare quel ben di Dio che aleggia nell’aria?

Insomma c’era in città un clima euforico tipo mondiali dell’82 dopo il gol di Tardelli. Non so se dopo il gol di Tardelli siano aumentati i concepimenti in Italia, ma vi assicuro che a Ferrara i concepimenti aumentavano davvero in concomitanza con la stagionale combustione dei residui di canapa. Non me lo invento io, è nelle statistiche dei bollettini dell’epoca. Bastava guardare le date dei boom di nascita, andare indietro nel calendario di nove mesi ed ecco lì, la stagione della canapa.

Cambia molto se vi dico che quel valore aggiunto di concepimenti era soprattutto nelle relazioni extraconiugali? Così era, per essere precisi, del resto non si conoscono ancora fumi inebrianti in grado di rafforzare la fedeltà coniugale.

Di più. Chi ama bazzicare tra le cronache del tempo troverà altre curiosità. Ci sono due grandi pittori legati a Ferrara, De Chirico e Carrà, i quali nel 1917 risultano ricoverati nell’ospedale neurologico cittadino per avere inalato eccessive quantità di queste esalazioni. La coppia nell’occasione non concepisce figli, troppo banale per due artisti, ma concepisce qualcosa di memorabile, cioè quella corrente artistica conosciuta come “metafisica”. Arte molto visionaria naturalmente, del resto si spiega.

Ok, però ho messo la foto del mio francobollo e lì devo arrivare magari in tempi non biblici.

Nel 1950 lo Stato Italiano decide di emettere una serie di francobolli denominata “l’Italia al lavoro”. Lo scopo è di glorificare il lavoro italiano, simbolo della ripresa economica del dopoguerra.

Per giunta la nostra Costituzione, ancora giovane e illibata, mette il lavoro nel primo articolo, anche se è sottinteso, dopo la salute, per carità, lavoro sì, ma prima c’è la salute, commenterebbero i posteri.

Per ogni regione doveva uscire un francobollo raffigurante un lavoro che la rappresentasse. Il francobollo, nel tempo in cui la posta non era elettronica, era uno strumento che passava per le mani di tutti e quindi un veicolo di comunicazione di massa efficacissimo.

La versione del francobollo per l’Emilia-Romagna prevedeva una cosa diversa da quella che vedete nel mio francobollo. Doveva comparire un seminatore sullo sfondo della chiesa ravennate di Sant’Apollinare in Classe. Una raffigurazione per così dire “romagnola”. Non è un mistero però che la nostra regione abbia due anime ben distinte, l’Emilia e la Romagna che sono un po’ come due coniugi litigiosi separati in casa.

Quindi l’anima emiliana non gradisce questa scelta che la cancella dalla rappresentazione. A maggior ragione poi la cosa brucia quando si viene a sapere che il seminatore romagnolo ha vinto la concorrenza degli altri francobolli di ogni regione per essere elevato a simbolo dell’intera serie di francobolli di tutta la penisola.

Questo è troppo! Dalle nostre parti qualcuno di molto influente, manovratore nell’ombra, fa sentire la sua voce nei palazzi romani, dove il problema non era forse vissuto in modo così drammatico, e gli spiega che in Romagna se la cavano bene a ballare il liscio, ma poco altro, e che i lavoratori –per favore- siamo noi emiliani. Qualcuno recepisce il messaggio. Sentire l’altra campana è inutile di fronte ad una così conclamata e auto-evidente verità. La cosa singolare è che il bozzetto ministeriale approvato del francobollo è ancora quello romagnolo, ma qualcuno lo sostituisce all’ultimo momento e dalla stampa esce la nostra contadinella ferrarese. E quindi sarà lei che tutti gli italiani, romagnoli compresi, dovranno devotamente leccare nel retro per incollarla in una busta o in una cartolina.

Dopodiché, come tutti oggi sanno, poco dopo l’emissione del francobollo in un battibaleno la canapa sparisce totalmente dal territorio ferrarese; è arrivata la plastica signori!

Poi con l’avvento del digitale molto tempo dopo spariscono anche i francobolli che nessuno dovrà più leccare.

⇒ Foto: Umberto Scopa Prossimo Appuntamento: venerdì 9 aprile

2 Comments

  1. Bruno Reply

    Leggo sempre volentieri questa rubrica, questa volta ha superato ogni aspettativa, divertente, originale, ironica, curiosa. Grazie per avermi fatto iniziare la giornata con un sorriso… Mi è sembrato, leggendo, di sentire i fumi di canapa. E se qualche romagnolo dovesse imbattersi in questo articolo, non si arrabbi troppo al limite si faccia una canna, così gli passa tutto. Buona giornata.

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