La Rotta Degli Schiavi

Cari amici bradipolettori l’articolo che voglio proporvi questo mese riguarda un anno: il 1992, anno che a parere di tanti “ha cambiato l’Italia”.

È questo l’anno in cui la mafia usò l’esplosivo per uccidere Falcone e Borsellino e le loro scorte, è l’anno dello sciopero generale del 27 giugno, indetto dai sindacati con un corteo a cui partecipano più di centomila persone a Palermo, una città in grado di far sfilare oltre centomila persone in cui al tema del lavoro si legava quello della liberazione del contesto politico-istituzionale dagli inquinamenti mafiosi”.

Il 1992 è stato l’anno di Tangentopoli e di una classe politica che è stata spazzata via solo in apparenza, a giudicare dalla continuità dei faccendieri abituati a muoversi lontani dai riflettori (come Luigi Bisignani), o dalla parabola politico-giudiziaria delineata dalla Lega Nord, che in quegli anni si proponeva come forza avversa al centralismo di “Roma ladrona”, per poi scoprire che questo sistema mafioso era profondamente radicato anche nei territori che loro credevano, o volevano farci credere, fossero immuni.

L’anno nel quale veniamo a conoscenza dello scandalo del sangue infetto grazie ad alcune associazioni di vittime che quantificano in 60-80mila persone che hanno contratto malattie, alle quali bisogna aggiungere circa 2600 morti e oltre 4000 ammalati fin dal 1980.

Queste notizie le potete approfondire qui

Ma il 1992 è stato anche l’anno che ha cambiato profondamente il nostro modo di fare la spesa. Si proprio quella strana abitudine che abbiamo di dover mangiare, vestire ecc. ecc. La spesa che prima facevamo nel negozio sotto casa o al banco del mercato rionale, poi nel supermercato dove, per comodità e risparmio, trovavamo tutto e anche di più.

È l’anno in cui si affaccia nel nostro territorio la prima grossa catena di “hard discount”, una sigla fino ad allora sconosciuta, una sigla tedesca.

La parola Discount è un abbreviazione dell’inglese Discount store e rappresenta un tipo di operatore della grande distribuzione organizzata, un nuovo punto di vendita al dettaglio su una superficie non molto grande, spesso inferiore ai 1000mq, con ambientazione spartana, assortimento ristretto e prodotti con nomi di marche sconosciute. Il nome stesso “Discount” richiama la parola sconto, nel senso di prezzo ribassato.

Come detto questa catena è di provenienza tedesca, i prodotti che troviamo sui suoi scaffali sono tutti di importazione, non sappiamo chi siano i fornitori, ma badiamo al prezzo che è sicuramente più basso rispetto alla normale concorrenza.

Così imprenditori nostrani fiutano l’affare e provano a inserirsi in questo nuovo modo di fare mercato; nascono nuove sigle fino ad un numero pari quasi a 100 nel 1996.

Oltre alle marche sconosciute, nel tempo appaiono anche articoli prodotti dagli stessi fornitori delle grandi marche, spesso partite di seconda scelta nel senso che possono essere commercializzati in confezioni più badanti al risparmio che alla forma, sacchetti per biscotti piuttosto che scatole, crackers leggermente più avanti nella cottura rispetto agli originali, ma comunque sempre prodotti che garantiscono una discreta qualità. La grande distribuzione non resta a guardare, così ecco che vediamo apparire anche nei più noti ipermercati linee di prodotti denominate proprio “articolo discount” contrassegnati con un identificativo facilmente riconoscibile: ricordo la linea con il numero “1” di una catena francese o la linea con simbolo l’euro per la COOP.

Era nata la concorrenza al basso costo del “Discount”, a beneficio, almeno in apparenza, di noi consumatori. Ma questa concorrenza, questi prezzi decisamente bassi, hanno anche avuto, e hanno, un’altra faccia della medaglia. Per poter essere concorrenziali, e restare sul mercato, la distribuzione ha fatto ricorso alle cosiddette “aste al doppio ribasso”.

Una bella inchiesta de “L’Internazionale” ha contribuito a far luce su questo fenomeno.

In che cosa consistono queste aste: le grandi aziende di distribuzione chiedono agli agricoltori un’offerta di vendita per i prodotti agricoli dopo di chè, raccolte le proposte, viene indetta una seconda gara che usa come base di partenza l’offerta più bassa. Tra le aziende agricole si scatena così una gara per abbassare i costi di produzione, direzione che incide sulla qualità dei prodotti aumentando lo sfruttamento dei lavoratori.

Di questo modo di procedere ne veniamo a conoscenza dopo le stragi dei lavoratori morti in due incidenti stradali avvenuti nel foggiano nello scorso anno.

Veniamo quindi a capire che dietro ad un prezzo basso, sempre basso e non frutto di una offerta speciale, ci sia proprio lo sfruttamento perché se il prodotto mi costa 100 e lo vendo a 80 per rientrare delle spese lo posso solamente fare se non pago il lavoratore.

Così è per i pomodori al sud, tanto per la raccolta delle mele qui a casa nostra.

Il prezzo oggettivamente troppo basso spesso è frutto del cosiddetto “caporalato” che, non dimentichiamolo, è un sistema reale di reclutamento di mano d’opera vecchio di secoli, ma mai come oggi legato alla realtà mafiosa.

La grande distribuzione si rifiuta di partecipare a questo tipo di aste, ma una sigla ormai presente con oltre 1000 punti vendita in Italia ai quali se ne possono aggiungere oltre 60 in Slovenia, invece giustifica questo suo partecipare come, parole del loro amministratore delegato ““uno strumento moderno, molto efficace per dare al consumatore quei prezzi competitivi che chiede, insieme alla qualità“; ammette che “le aste online possono anche mettere in difficoltà alcuni operatori, produttori o agricoltori” ma alla fine “noi dobbiamo fare l’interesse del consumatore“.

Il 21 marzo c’è stata la giornata della memoria delle vittime innocenti di mafia organizzata da “Libera”; in Piemonte la manifestazione si è svolta a Novara. Vi erano diversi laboratori ai quali ci si poteva partecipare. Personalmente ho partecipato a quello dal titolo: “Caporalato. Contrasto, dignità del lavoro e filiera etica” con interventi da parte del sindacato, di rappresentanti di associazioni operanti sul territorio saluzzese dove vi è una grande rappresentanza di manodopera stagionale legata alla raccolta della frutta, da un rappresentante della grande distribuzione e di Davide Mattiello, parlamentare già membro della commissione antimafia e firmatario di una legge a contrasto del fenomeno.

E noi come consumatori come possiamo contrastare questo fenomeno?

Grazie alla legge denominata “ La Torre-Rognoni” per colpire efficacemente un mafioso bisogna confiscargli i beni, questo vale di più che non la galera, ma a chi si arricchisce con sistemi riconducibili alla mafia il modo migliore per contrastarlo è colpirli nel portafoglio.

Se ricordate anni fa una grande campagna mediatica spontanea, ci portò a evitare di fare acquisti di articoli sportivi, palloni e scarpe per citarne due, prodotti da multinazionali che sfruttavano il lavoro minorile in paesi sottosviluppati.

I mancati introiti obbligarono queste multinazionali a rivedere le loro politiche produttive. Questa protesta non violenta ha un nome: “boicottaggio”. Evitando di fare la spesa presso questa catena li si tocca sul portafoglio e non c’è posto migliore dove toccare. Di fronte ad un calo di introiti sono convinto che un passo indietro anche questa catena si uniformerà a quanto già fanno tutti gli altri.

Per non sembrare fazioso vi fornisco anche altri link riconducibili a testate giornalistiche di altre ispirazioni politiche: Panorama Il fatto alimentare

Infine il brano musicale, della Banda Bassotti, che dà il titolo all’articolo:

GIANFRANCO GONELLA

Foto: Il fatto alimentare – Sky Tg24

Il Mito Ostinato torna venerdì 9 maggio

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