Il Quartiere

Ricordate la puzza da me percepita e descritta nello scorso articolo? E’ quasi del tutto scomparsa, ho indirizzato il mio pensiero il più possibile verso quello che amo, e forse questo è stato d’aiuto. Riprendo le piccole storie quotidiane con alcune suggestioni inerenti il mio quartiere…

Scusate il ritardo, questo articolo doveva “uscire” lunedì scorso, poi alcune perplessità su quanto scritto, hanno posticipato la sua pubblicazione… Ricordate la puzza da me percepita e descritta nello scorso articolo? Per i più distratti riporto la parte finale del testo… L’odore da me percepito in queste settimane salirà o diminuirà in base a quanto riuscirò a stare lontano da scelte perverse, nel riuscire a fare scelte non contrarie alla mia coscienza, a trovare modalità di vita che siano legate all’incontro reale e non virtuale, se qualcosa cambierà ci rileggiamo su queste pagine tra quattro settimane, in caso contrario quando l’odore scomparirà del tutto e proveremo nuovamente il piacere di sentire non il nostro ma quello dell’altro!

La puzza è quasi del tutto scomparsa, ho indirizzato il mio pensiero il più possibile verso quello che amo, e forse questo è stato d’aiuto. L’incontro reale è ancora molto limitato, un po’ dovuto alla mia atavica pigrizia – da leggere come lentezza – così ho rinviato la ripresa di quelle attività che sono il riferimento delle mie piccole storie quotidiane. Avevo promesso che avrei ripreso a scrivere solo a fronte di stimoli, questi ad oggi sono circoscritti a uscite nel mio quartiere, sicuramente diverse da quelle delle prime settimane del “confino casalingo”, sufficienti da raccontarvi qualcosa? Direi di sì!

Da mesi siamo bombardati da due slogan Andrà tutto bene e Ne usciremo migliori, dichiaro la mia totale perplessità davanti a queste parole, non possiamo dire che è andato tutto bene, troppi i morti, troppi gli errori, sostituirei questa frase con Poteva andare peggio, e allo stesso tempo non credo che ne usciremo migliori, auspico, ma dubito, accontentandomi, anche qui di un Ne siamo usciti senza peggiorare troppo. Dopo, che potrei definire introduzione, vorrei raccontarvi alcune suggestioni che le uscite nel mio quartiere mi hanno suggerito, dico subito che non definisco il mio quartiere quello in cui attualmente abito, perché il mio cuore è rimasto in quello dove ho vissuto per quasi trent’anni, meno trafficato, con diverse possibilità ricreative a pochi passi. Quello attuale è semicentrale, con palazzi di costruzione fine anni ’70, poche le case vecchie, nessun insediamento industriale, spiccano lo stadio del Torino Calcio, un palazzetto dello sport utilizzato per concerti, numerose caserme – l’insediamento militare occupa buona parte di uno dei parchi della zona, utilizzandone solo una minima parte, perché non restituirlo alla città, ma è questa è un’altra storia – in totale sono solo due i polmoni verdi presenti sul territorio, numerosi sono i supermercati – ne ho contati a pochi minuti dalla mia abitazione, circa 20 – ed esercizi commerciali di diversa natura. Punto aggregativo centrale è una piazza che porta lo stesso nome del quartiere che a sua volta prende il nome dalla parrocchia cattolica, molto conosciuta nell’intera città, per i presunti miracoli della santa, cui l’edificio è dedicato, scusate la spiegazione stile Alla Fiera dell’Est di branduardiana memoria. Altro punto di riferimento è un parco dove al suo interno hanno sede realtà associative per la terza età, una biblioteca comunale, spazio giochi, è forse la cosa più bella del quartiere, dove però non tutti riescono a riconoscersi e viverla, poiché quasi tutto è indirizzato a una ben precisa categoria di abitanti. 

Potrei definirlo un quartiere non molto dissimile dal centro di una città di medie dimensioni, con la differenza di non avere un’identità precisa e riconoscibile, e nei fine settimana si svuota. Se torno con la memoria a alcune settimane fa, dove si era all’inizio della nuova fase, anche la domenica le vie del quartiere erano affollatissime, cosa durata il tempo di capire che si poteva fare altro, e tutto è tornato – tristemente – come prima. A livello di trasporto pubblico, sono diverse le linee – comprese quelle di due tram – che attraversano il quartiere, che portano sia in zone periferiche, sia in quelle più centrali della città, nessuna traccia dell’unica linea di metropolitana, raggiungibile solo prendendo un altro mezzo. La foto principale riproduce uno dei famosi toretuno dei simboli della mia città, nel quartiere dove abito ne sono presenti circa una decina, quantomeno questa bella e utile presenza urbana, non è stata sostituita o eliminato, come in altre parti della città.

Il periodo d’isolamento, ha lasciato diversi segni, alcuni esercizi commerciali – compresi bar – a oggi, non hanno più rialzato le saracinesche, le code davanti ai supermercati sono quasi del tutto scomparse, anche la misurazione della febbre non è più una regola, anche se è ancora quasi del tutto vietato l’ingresso a due componenti dello stesso nucleo familiare. Le partite interne del Torino Calcio – la foto dell’articolo risale a 3 anni fa – che portavano movimento, sono riprese, ma come ben sapete senza pubblico, e quindi il tutto è vissuto con un senso di tristezza e incertezza. Sono aumentati i dehors, unica novità aggregativa, in un quartiere troppo e solo commerciale; per quanto riguarda il mercato rionale, il distanziamento, e l’accesso limitato, sono stati abbandonati da diverse settimane.

Dopo l’uscita dalla fase uno, una sera da un piccolo giardinetto sono partiti i fuochi d’artificio, la mia reazione è stata di totale disgusto, comprendo la soddisfazione per essere usciti dal periodo più difficile, credo che sarebbe più sensato e rispettoso per chi ha sofferto, un atteggiamento silenzioso! Colpisce nel vedere diverse mascherine abbandonate ai bordi dei marciapiedi, questo sicuramente e tristemente è un malcostume che vale per innumerevoli località della nostra penisola.

Quello che ho cercato di descrivervi, è un quartiere privo di un’anima, che il Covid19 ha sicuramente peggiorato, anche le iniziative di solidarietà, i canti dai balconi, non sono mai nate, oppure si sono spente in poche settimane. Solo a una fermata dell’autobus ho visto una scatola per la spesa sospesa, quasi del tutto vuota; alcuni ragazzi migranti puliscono i marciapiedi da cartacce, mozziconi, erbacce, unico segno di comunità. Servirebbero miracoli, per dare un senso a queste vie, e non quelli per cui è conosciuta la locale parrocchia, a quelli non credo, o quantomeno non interpreto con quella modalità, ma miracoli traducibili in voglia di stare insieme, di sentirsi comunità, meno fuochi di artificio, più scatole di spesa condivisa. Dimenticavo, lunedì, dopo quattro mesi d’ufficio da casa – evito qualsiasi inglesismo – ritornerò a lavorare in sede, e i viaggi casa – lavoro – casa saranno nuovamente fonti ispiratrici. 

GIUSEPPE RISSONE

Foto: Giuseppe Rissone

Piccole Storie Quotidiane ritorna lunedì 20 luglio

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