Il Paradosso Di Le Pen: Siamo Tutti Francesi?

Il tema della cittadinanza – a chi deve spettare e a chi no – riemerge con una certa frequenza in questi tempi che saranno ricordati in futuro per le migrazioni di massa.

Pensiamo a queste masse speso come un’entità indistinta e spersonalizzata, ma si tratta sempre di individui, esseri umani schiacciati tra due crimini. Il primo crimine, al quale di solito non si pensa, è quello inflitto loro dal paese natale, il quale li costringe ad una fuga drammatica e spesso mortale; dentro di noi sappiamo tutti che nessuno abbandonerebbe gli affetti e il proprio vissuto anche ambientale se non vi fosse drammaticamente costretto. I nostri antenati di poche generazioni fa, troppo presto dimenticati, proverebbero imbarazzo a doverci già rinfrescare la memoria, se potessero.

Poi c’è l’altro crimine, il solo che usiamo ricordare. Quello istituito in tempi recenti dagli Stati più abbienti contro i migranti. Un singolare crimine che punisce chi accede ad un paese più ricco di quello dal quale proviene. Viceversa chi proviene dal mondo benestante verso quello più povero è nella migliore delle ipotesi un turista, nella peggiore un colonizzatore, mai un migrante. A ognuno la sua bella etichetta nei tempi che corrono verso futuri insidiosi.

Tra due crimini si muovono questi migranti, acrobati sospesi come equilibristi sulle linee di confine a rischio della vita. Criminali per essere sfuggiti ad un crimine. Ovviamente in queste masse non ci sono solo anime belle, certo che no. Del resto ce ne sono sempre meno anche dove esiste cultura e ricchezza. Comunque, anime belle o no, i governi non amano le distinzioni. Preferiscono diffondere un’idea generalizzata di pericolo. Il migrante è un’insidia ed è facile identificarla, il suo aspetto è riconoscibile. Così ecco intervenire sul problema le leggi generali e astratte di cui si fanno vanto i paesi democratici, senza considerare che la generalità e astrattezza della legge furono concepite in altro senso da quegli illuministi ora invano ribaltati nelle loro tombe. Le leggi attuali risucchiano tutti in un unico aggettivo: delinquenti, e non per i loro passato, ma anche solo per essere arrivati qui. Sempre le leggi, che alleggeriscono la nostra coscienza invece di interrogarla, sciolgono il nodo gordiano della cittadinanza con un colpo di spada. Inutile stare a disquisire sul senso di giustizia che forse ancora dimora in qualche anfratto del nostro cuore, inutile perché c’è la legge che spiega per tutti quando si ha la cittadinanza e quando no. E proprio un discendente di quegli illuministi ribaltati nelle tombe, recentemente, ci ha spiegato secondo il suo pensiero “illuminato” come deve essere regolata la cittadinanza. Parlo del leader francese Le Pen, il quale ha affermato che deve essere considerato cittadino francese chi ha madre e padre francese. Chiaro è chiaro, e non stupisce neppure che Le Pen non abbia prestato attenzione ad alcune paradossali conseguenze di pensiero delle sue stesse parole. Del resto neppure lui sospettava di aver scomodato un pensiero, forse. Queste parole (come ricorda Piergiorgio Odifreddi nel suo volume “La democrazia non esiste”) danno vita al paradosso meglio noto come paradosso di Le Pen. La cosa ridicola nell’affermazione di Le Pen è che se ogni francese per essere tale deve avere madre e padre francese, ecco che risalire gli alberi genealogici fino all’alba dei tempi, ci porterebbe alla conclusione che Adamo ed Eva erano francesi! e se così fosse, – udite, udite – allora anche tutti gli odierni cittadini del mondo sarebbero francesi! Quindi delle due l’una: o al mondo siamo tutti francesi o Le Pen, stando alla sua stessa legge, non è francese. Sulla seconda gli illuministi non avrebbero nulla da ridire, restituiti ad un più sereno riposo.

UMBERTO SCOPA

Foto: Focus.it –  Disegno: Umberto Scopa

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