Il Calcio Secondo Sorrentino

di Joshua Evangelista corriere.it


Film, Napoli, divino e scaramanzia

Ho da poco visto su Netflix E’ stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. Un film denso, da elaborare pian piano nelle settimane successive alla visione. Un po’ come tutto il cinema di Sorrentino. Il protagonista silenzioso del film è il destino, che nelle oltre due ore di straordinaria fotografia partenopea prende le sembianze invisibili di Diego Armando Maradona. La storia, autobiografica, è nota: il giovane Sorrentino riesce a salvarsi dal destino riservato ai genitori, uccisi da una fuga di gas nella nuova seconda casa di Roccaraso, solo perché nel weekend della tragedia va a vedere il Napoli del Pibe de oro in trasferta contro l’Empoli. Del resto al diez argentino (insieme a Martin Scorsese, Federico Fellini e i Talking Heads) Sorrentino aveva dedicato l’Oscar vinto per La Grande Bellezza.

Sempre Maradona, ingrassato e con vistosi problemi di dipendenze, appariva in un altro film di Sorrentino, Youth – Giovinezza. Anche qui Maradona è una metafora, questa volta in carne ossa: rappresenta il passaggio dalla gloria del passato al futuro incerto. Eppure il goffo Maradona di Youth, ad un certo punto, riesce a palleggiare con una pallina da tennis. Perché il futuro sarà pure insicurezza, decadenza, svilimento, però il genio e l’ironia ci accompagnano sempre.

Uno dei personaggi più ironici di Sorrentino, e quindi uno dei più tifosi, è sicuramente il cardinal Voiello interpretato magistralmente da Silvio Orlando in The Young Pope e in The New Pope. Il potente prete che tesse le votazioni per il nuovo papa ha l’immagine di Hamsik, Insigne e Higuain come cover del cellulare e l’inno Un giorno all’improvviso per suoneria. Qualche tempo fa lo stesso Sorrentino ha rivelato che per scaramanzia ha tagliato una scena della serie in cui Voiello si buttava in una delle fontane del Vaticano per festeggiare lo scudetto del Napoli. Del resto la serie usciva negli anni in cui a Castel Volturno c’era Sarri e lo scudetto sembrava qualcosa di tangibile.

Ma il film sorrentiniano in cui la poetica del calcio emerge maggiormente è sicuramente L’uomo in più. Qui compaiono tutte le grandi tematiche del regista napoletano e il calcio è presente già dal titolo: il riferimento è a una tattica innovativa pensata dal protagonista Antonio Pisapia, un malinconico ex calciatore che vuole sfondare come allenatore, senza successo. L’uomo in più pensato da Pisapia è una sorta di formula magica. Se la tattica si ispira al 3-3-4 di Ezio Glerean (un profeta del calcio offensivo di provincia, che a sua volte aveva riletto il calcio totale dell’Ajax), il Pisapia del film nella realtà è l’ex capitano della Roma Agostino Di Bartolomei, morto suicida nel 1994 dopo che i potenti del calcio gli avevano voltato le spalle.

L’uomo in più, la mano di Dio, San Pipita osannato da Voiello: in Sorrentino il calcio è una ricerca del sacro, che proprio come il cinema ci estranea dalla mediocrità della vita, ci fa sognare, ci porta alla preghiera, e infine la vita ce la toglie perfino. Una sorta di rilettura pop del pensiero di Pasolini, che vedeva nel pallone “l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”.

Ci piace concludere questa chiacchierata sul cinema con una bella citazione di Sorrentino, che racconta lui, il suo rapporto con Maradona e anche il suo modo di scrivere i film: “Diego diceva che il calcio è un gioco che si basa sulle finte: fingi di andare a sinistra e poi vai a destra. Vale anche per il cinema”.


 Marcatura A Uomo ritorna martedì 22 febbraio 

 

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