Domande

di Giuseppe Rissone Gabriele Rissone


Sull’ennesima guerra ho tante domande e poche risposte


Ho ritenuto giusto che per una volta le mie piccole storie potessero attendere, lasciando posto ad una “grande” storia, ossia una riflessione su quello che sta accadendo tra Russia e Ucraina, ed in generale sulla guerra, che detta le proprie folli regole in molte parti del mondo, Afgahnistan, Iraq, Siria, Palestina, Libia, Yemen, Somalia… 
Non intendo analizzare chi in questo triste accadimento è più cattivo, sono convinto che in guerra i buoni non esistano, e non voglio nemmeno esaltare le manifestazioni pacifiste che in queste settimane hanno riempito diverse piazze italiche e europee, non mi piacciono molto i pacifisti a “ore”, e meno ancora parlare delle tante iniziative di solidarietà nei confronti del popolo ucraino, ben vengano, però non comprendo la solidarietà secondo simpatie.
Questo dovrebbe essere sufficiente per far si che questo articolo faccia discutere, se vi aspettate uno scritto dove l’estensore si allinea con tutto quello che ci viene raccontato in questi giorni, vi conviene cambiare sito…
La prima domanda è rivolta a chi in questi giorni ascolta, posta, declama canzoni di Lennon, di De Andrè e altri, quanti sono pronti a mettere in pratica le parole dei brani, quanti sono veramente decisi a rifiutare in toto la logica della guerra, ho la sensazione che questo sia un pacifismo da salotto, che non incide in alcun modo sulle scelte dei singoli governi in materia di armamenti. A proposito di armi, sapete quanto è stato già pagato all’industria bellica, con fondi anticipati dalla “transizione ecologica”? 100 milioni prelevati dalla cooperazione, una riconversione dal civile al militare, ma non eravamo il paese che in Costituzione ha scritto che ripudia la guerra, che ingenuo che sono, vendere armi non significa promuovere una guerra, è una mera questione di affari, come vendere nel mondo i nostri pomodori…
Se volete continuare nella lettura, provo a portavi in tre ambiti, che non mi sembrano in testa ai discorsi e alle notizie di questi giorni, senza pretesa di indicare strade, ma ponendo domande a cui non so rispondere:
Parlare
Quanti plaudono e sostengono i potenti che sanno solo parlare con il linguaggio delle armi? Da quel poco che è dato sapere, forse non la totalità. Di conseguenza anziché  continuare a rivolgergli appelli, inviti e suppliche, ci rivolgessimo alle popolazioni? Certamente non è facile, ma spendersi per incoraggiare a scendere in piazza per dire no alla guerra – a chi la subisce sulla propria pelle e non a chi la segue sui social o in tv – non è totalmente inutile. Perché nessuno prende sul serio questa strada?  
Disertare
E se disertassimo tutti? A disertare ci vuole coraggio, più che per combattere, e non è vigliaccheria. Per comprendere la nobiltà del disertore basta rispondere a queste domande: Perché devo ammazzare? Perché devo farmi ammazzare? Perché tu, che sei al potere, costruisci e compri armi? Disertare non è il semplice “che tacciano le armi” e molto di più, è un rifiuto netto dell’idea militare di governare le divergenze. Perché chi ha la facoltà di farsi ascoltare da milioni di persone – lascio a voi comprendere a chi mi riferisco – non si spende per indicare la strada del rifiuto dell’uso delle armi?
Non-violenza
Una scelta di cui ci si riempie la bocca, pochi la praticano seriamente. I detrattori dicono che la non-violenza rinuncia a difendere. Nulla di più falso, basti pensare a Gandhi che difendeva l’indipendenza dell’India; a Martin Luther King che difendeva i diritti dei afroamericani; a Nelson Mandela che difendeva la libertà del Sudafrica; e potrei continuare. Oggi non esiste al mondo un sistema non-armato che sappia risolvere o quantomeno ridurre i conflitti prima che diventino guerre. Nonostante le proposte, nonostante i buoni propositi, di leader, governi.
Su questo argomento v’invito a leggere l’intervista a Yurii Sheliazhenko, referente del movimento nonviolento ucraino.
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Il ripudio della guerra è nelle Costituzioni di molti paesi, ripudio disatteso quando si commercia in armi, quando per le spese militari si spende molto di più che per l’istruzione, la sanità. L’atteggiamento filo pacifista, di chi pacifista non è – se vende e produce armi vuol dire che auspica la guerra per continuare i propri affari – assomiglia al green washing – ecologismo di facciata – delle aziende che dichiarano di essere eco-friendly quando in realtà non lo sono, basta guardare alcuni spot televisivi di fornitori di energia e produttori di autoveicoli per scoprire il Pinocchio di turno.

Gli stessi oggi che indicano il reggente del Cremlino come un criminale, sino ad ieri, e forse anche oggi, fanno affari vendendo armamenti. In poche parole siamo alle solite, si grida al lupo al lupo dopo averlo ingrassato. Nel mondo ci sono 15.000 bombe atomiche, primeggiano Russia e Stati Uniti, seguono Francia e Cina. Poi ci sono India, Pakistan, Gran Bretagna, Israele e Corea del Nord. In Italia, “grazie” alle basi NATO, ne abbiamo una settantina. E’ notizia fresca fresca, il via libera a larghissima maggioranza all’ordine del giorno della Lega che chiede di portare al 2% del pil i costi della difesa. Contrari solo Sinistra Italiana, Verdi ed ex grillini: 13 i miliardi per spese militari, scuole, ospedali possono aspettare… una solo parola “vergognatevi”!

Senza sminuire le gravi responsabilità del capo Russo, chiedo quale paese al mondo può alzare la mano affermando di non aver mai messo in campo un intervento bellico, ricordo molti anni di fa di aver visto una mostra organizzata da Amnesty International, all’ingresso era affissa una grossa cartina del nostro pianeta, con la scritta “i paesi colorati in nero praticano la tortura”, la cartina era completamente nera, cambia il contesto ma il risultato resta lo stesso.
In sintesi la mia posizione è contro ogni guerra, contro qualsiasi tipo di armamento, se volete potete definirla antimilitarista. Qualcuno potrebbe obiettare che quella degli ucraini è una guerra di resistenza, che con qualche forzatura è stata paragonata a quella italiana, credo che per diversi motivi non sia così, e sinceramente non credo che ci sia da compiacersi di vedere migliaia di giovani ancora una volta morire. L’ANPI ha espresso posizioni critiche su quello che sta accadendo, e trovo interessante riportarvi alcune dichiarazioni del presidente Pagliarulo:  Siamo tutti uniti nel condannare aspramente l’invasione russa, ma c’è chi si mette l’elmetto e chi non se lo mette. L’ANPI e il movimento per la pace non se lo mettono, perché la guerra sarebbe una catastrofe per l’umanità. L’Italia deve stare lealmente e se necessario criticamente nella NATO. Ma le posizioni ‘fieramente atlantiste’ non aiutano. È difficile spegnere un fuoco versandoci sopra benzina. A ben vedere la posizione dell’ANPI e del movimento per la pace è molto semplice: no all’aggressione, immediato ritiro delle truppe russe, immediato cessate il fuoco, negoziato internazionale. Qualcuno forse dimentica che l’Italia ripudia la guerra. Aggiungo che diversi partigiani, dopo il secondo conflitto mondiale, optarono per la non-violenza, per dire “guerre mai più”.
 
Ad oggi non ho partecipato alle manifestazioni “pacifiste” e sino a quando esse – con le dovute e lodevoli eccezioni – non saranno esclusivamente contro l’uso delle armi e la loro fabbricazione, contro ogni guerra e non solo quelle che ci fanno paura perché sono a pochi chilometri dai nostri confini, per l’accoglienza di tutti coloro che fuggono da guerre, carestie, dittature, rimarrò a casa, pronto a disertare. 
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Piccole Storie Quotidiane ritorna venerdì 15 aprile
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