Charity Rock

di Andrea Sbaffi Andrea Sbaffi


Live AID (Londra & Philadelphia, 7 luglio 1985)

In questi giorni, 37 anni fa, in testa alle classifiche di vendita di tutto il mondo c’era Do They Know It’s Christmas?, singolo pubblicato con dal collettivo Band Aid, super-formazione estemporanea creata ad hoc per un progetto di beneficenza a favore delle popolazioni dell’Etiopia, colpite in quegli anni da una terribile carestia.

Promotori del progetto, Bob Geldof e Midge Ure, leader rispettivamente dei Boomtown Rats e degli Ultravox: sensibilizzati al tema e concordi nell’intento di promuovere un’efficace iniziativa per la raccolta di fondi, decisero di comporre un brano apposito e coinvolgere il maggior numero di cantanti/gruppi di spicco nel panorama musicale britannico.

Sulla base della versione demo, registrata al volo con le sole voci di Sting e Simon Le Bon dei Duran Duran, riuscirono a far convergere al Sam West Studios del produttore Trevor Horn a Londra, una quarantina fra le più acclamate pop/rock star del momento: Duran Duran, Spandau Ballet, U2, Boy George, Heaven 17, Status Quo, Phil Collins, Paul Weller, George Michael, Bananarama, Paul Young

Il 25 novembre 1984, in sole 24 ore registrarono e mixarono il brano, che fu pubblicato il successivo 3 dicembre, raggiungendo immediatamente il primo posto in classifica in tutto il mondo.

L’incredibile successo di questa iniziativa, ispirò anche gli artisti afro-americani, su impulso di Harry Belafonte, ad impegnarsi in un progetto analogo: nella notte del 28 gennaio 1985, circa 45 artisti registrarono le parti vocali (sulla base preparata una settimana prima da Quincy Jones e Michael Jackson), alle quali si alternano da Ray Charles a Diana Ross, da Bob Dylan a Bruce Springsteen, fino a Billy Joel, Tina Turner, Stevie Wonder, e tante/i altre/i.

Nasce così We Are The World, pubblicato il 7 marzo 1985 dal collettivo USA for Africa.

Entrambi i progetti riescono a raccogliere, in pochissimo tempo, parecchi milioni di dollari e i mesi successivi vedono soprattutto Geldof particolarmente attivo per garantire che questi fondi arrivino effettivamente a chi ne ha urgente bisogno, fino a maturare la convinzione che solo un grande evento dal vivo sia la migliore occasione per sensibilizzare ulteriormente la società civile e raccogliere cifre ancora maggiori.

Dalla sinergia dei due collettivi (Band Aid e USA for Africa) nasce così il LIVE AID, pensato da Geldof e Ure come un evento di portata planetaria, grazie alla diretta televisiva, da tenersi su due palchi, uno in Gran Bretagna e l’altro negli Stati Uniti.

Nonostante i tempi strettissimi, riescono a portare il 13 luglio 1985 sui palchi del Wembley Stadium di Londra e del John F.Kennedy Stadium di Philadelphia oltre 70 artisti e band (vedi elenco completo al link wikipedia), ciascuno con un set di massimo 20 minuti: oltre ai 70mila presenti a Londra e i 90mila a Philadelphia, si stima che circa 2 miliardi di persone abbiano assistito in diretta, grazie al 95% delle reti televisive di tutto il mondo collegate, alle 16 ore di concerto trasmesse.

E’ stato, probabilmente, l’evento musicale più seguito di tutti i tempi, almeno fino ad allora, raccogliendo fondi per una cifra vicina ai 150 milioni di sterline.

Anch’io ero fra coloro che, in quel caldo pomeriggio di luglio senza scuola, si sintonizzarono sulla diretta RAI, con un misto di grande curiosità e lieve scetticismo per il timore di assistere ad un’inutile parata di star, presenti forse più per opportunismo che per reale disinteressata filantropia.

Ciascuno ha la propria opinione in merito e i tanti aneddoti, già noti prima del concerto o emersi nel corso degli anni, non sono certo risolutivi…: in rete si trovano tanti racconti e, anche nel recente pluripremiato agli Oscar Bohemian Rapsody, biotopic sui Queen e Freddy Mercury, è proposta una chiave di lettura, più o meno condivisibile.

Personalmente, credo sia stata comunque un’operazione molto coraggiosa, capace di sensibilizzare una massa critica impressionante e con prevista e implicita assunzione responsabilità personale da parte di Geldof e Ure, che infatti negli anni successivi hanno dedicato più tempo alla gestione degli aiuti umanitari che alle proprie carriere musicali…

Restano, inoltre, il ricordo della crescente consapevolezza di stare assistendo quel giorno a un evento unico e irripetibile e i tanti flash, frammenti delle esibizioni che si sono succedute sui due palchi. Fra tutte, mi piace ricordare:

    • Sting, reduce dall’esperienza ormai conclusa dei Police e fresco solista con la pubblicazione di The Dream of The Blue Turtles, duettare con Phil Collins supportato dal sax soprano di Branford Marsalis, per poi affiancare i Dire Straits con le doppie voci di Money For Nothing;
    • lo stesso Phil Collins, che dopo aver suonato a Londra si è imbarcato su un Concorde per raggiungere i Led Zeppelin, orfani da cinque anni di John Bonham e per la prima volta insieme su un palco, per dare purtroppo vita ad una esibizione tutto sommato inutile (anche i grandi devono studiare prima dei concerti…);
    • la consacrazione degli U2, ancora in qualche modo acerbi, almeno rispetto ai tour del decennio successivo, ma sanguigni e genuini, proiettati inesorabilmente verso un successo planetario;
    • la rinnovata sintonia dei Queen, in crisi nel periodo immediatamente precedente, che riuscirono a superare anche grazie all’esibizione al Live Aid, producendosi in uno dei set più iconici e memorabili, che ha consacrato definitivamente Freddie Mercury come l’istrionico frontman che tutti conosciamo;
    • e ancora, l’amato, elegante e versatile Paul Weller, il duca bianco David Bowie, Eric Clapton, Santana, Simple Minds, Paul McCartney, Tina Turner, Elton John e tutti gli altri, impossibili da citare uno ad uno….

La rete ci permette ormai di trovare praticamente tutto e l’invito è sempre quello di andare a rivedere brani del concerto, secondo il proprio gusto e le proprie simpatie, magari per scoprire e ri-scoprire artisti che in passato non si erano forse compresi o amati.

Dunque, è bello aver potuto ricordare quella giornata proprio oggi, a chiusura di un anno ancora così difficile per la musica dal vivo (e non solo…): che sia un augurio a tutte/i noi per un 2022 finalmente sereno e di rinnovata vitalità.

Appuntamento fra quattro settimane, con il prossimo articolo: The Cure, Live in Bologna (7 dicembre1985)


Io C’Ero ritorna venerdì 28 gennaio

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2 Comments

  1. Gian Reply

    Ricordo quel 13 di luglio perchè fu una delle ultime volte che andai a trovare mia nonna a Savona, prima che si trasferisse qui vicino a noi.
    Non ebbi modo di vedere il concerto europeo, ma solo alcune esibizioni di quello americano grazie ad un televisore sintonizzato sull’evento all’interno di una birreria dove mi ero recato per passare la serata.
    Inutile dire del grande successo che la manifestazione ebbe, molto più di quello che era stato il primo grande concerto che era stato organizzato per beneficenza, vale a dire il Concert for Bangladesh del 1 Agosto 1971.
    A differenza di questo vi furono molti problemi legati ai permessi per esibirsi degli artisti dati dalle loro case discografiche così come anche per la pubblicazione del triplo album che ne venne fuori.
    In più molti dei fondi raccolti non andarono a buon fine, cioè per lo scopo che George Harrison si era prefissato.
    Tornando invece al Live Aid voglio solo segnalare che nel 1987, due anni dopo, uscì un bellissimo libro dal titolo “Tutto qui?”, scritto da Bob Geldof con l’aiuto del giornalista collaboratore del Times Paul Vallely, nominato nel 1986 giornalista dell’anno per i suoi servizi sulla carestia in Africa.
    Il libro, edito da Sperling & Kupfer è l’autobiografia dell’autore che narra di come la sua vita, fino a quel momento possiamo dire dissoluta, cambi radicalmente, quasi un novello San Paolo folgorato sulla via di Damasco.
    E’ un libro che vale la pena veramente di leggere.
    Concludo con le parole riportate sul retro di copertina: “L’autore e l’editore desiderano chiarire che i genitori, a alcuni altri lettori, potrebbero trovare offensive alcune parti di questo libro”.
    E questo potrebbe essere un motivo per andare a ricercarlo e quindi a leggerlo.

  2. Andrea Reply

    Grazie Gian per il bel contributo!
    E per il consiglio del libro di Geldof, che certamente andrò a recuperare.
    La nostra generazione (mi permetto di accomunarci…) è stata la prima a poter partecipare a livello globale ad eventi di questo tipo, per quanto lontani: ciascuna/o di noi ha un ricordo indelebile ed è bello poterli condividere.
    E’ proprio questo che mi appassiona della collaborazione con Bradipodiario….
    Alla prossima e grazie ancora.

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